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December 20, 2022
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I repubblicani si spaccano sull’incriminazione di Trump

L'ala moderata che fa capo a McConnell esulta (in silenzio), i fedelissimi gridano al complotto

Massimo JausbyMassimo Jaus
La Trump Organization è stata giudicata colpevole di frode fiscale

Donald Trump - ANSA/EPA/YURI GRIPAS / POOL

Time: 3 mins read

La nave Trump affonda sotto le cannonate della commissione d’inchiesta della Camera che dopo 17 mesi di indagini ha raccomandato al Dipartimento di Giustizia di perseguire l’ex presidente per crimini legati al tentativo insurrezionale del 6 gennaio. Accuse pesanti, circostanziate, corroborate da testimonianze e da una valanga di prove che lasciano poco spazio ai dubbi sull’obiettivo che si voleva raggiungere.

I senatori repubblicani, in particolare quelli alleati con il leader della minoranza Mitch McConnell affermano che la Commissione d’Inchiesta ha intervistato testimoni “credibili” e ha esaminato “una documentazione storica e sostanziale”, anche se molti repubblicani hanno remore sul modo in cui i democratici potrebbero cercare di strumentalizzare l’inchiesta per ottenere vantaggi politici. Non si sbilanciano più di tanto e dicono che spetta al procuratore generale Merrick Garland o al Consigliere Speciale del Dipartimento di giustizia Jack Smith indagare e decidere se incriminare Trump.

Un barcamenarsi politico quasi comico per il modo in cui si cerca di prendere le distanze da Trump i nello stesso tempo si cerca di mantenere un legame con l’enorme serbatoio di voti legato all’ex presidente.

“L’intera nazione sa chi è responsabile di quel giorno”, ha detto McConnell. È stata la sua dichiarazione più forte da quando a gennaio dello scorso anno aveva denunciato Trump nell’aula del Senato anche se poco prima aveva votato per assolvere l’ex presidente nel suo secondo processo di impeachment.

Per il senatore John Thune quella di Trump è una vicenda che deve essere giudicata dalla magistratura. ” Alla domanda se pensava che la Commissione d’Inchiesta abbia condotto un’indagine credibile su Trump, Thune ha risposto: “Hanno intervistato alcuni testimoni credibili”. Thune ha affermato che la composizione del panel era di parte perché comprendeva sette democratici e solo due repubblicani anti-Trump, ma ha riconosciuto: “Hanno intervistato molte persone che avevano molta conoscenza di ciò che è accaduto ed erano persone che penso siano molto credibili”. Non ha detto che gli altri repubblicani chiamati a far parte della Commissione dopo che il democratico Bennie Thompson e il repubblicano John Katko avevano trovato l’accordo sono stati bloccati dal leader della minoranza Kevin McCarthy e solo due repubblicani, Liz Cheney e Adam Kinzinger si sono fatti avanti subendo la vendetta del partito.

Il senatore repubblicano Rob Portman che a giorni lascerà il Senato, ha affermato che il rapporto finale del comitato del 6 gennaio, che sarà reso pubblico domani, è “importante anche se è il risultato di un processo di parte. Ma le testimonianze sono testimonianze”, ha spiegato Portman. “Questo è molto importante.”

Il senatore repubblicano Mitt Romney che ha votato per condannare Trump in entrambi i suoi processi di impeachment, ha dichiarato: “Non c’è dubbio che l’ex presidente sia colpevole per aver incitato la rivolta il 6 gennaio e per non aver agito per proteggere il vice presidente e il Campidoglio. Se ci sono accuse penali queste dovranno essere determinate da pubblici ministeri, ed è quello che deciderà il Dipartimento di Giustizia”.

La senatrice repubblicana Lisa Murkowski, che ha votato per condannare Trump nel suo secondo processo di impeachment, ha dichiarato di non essere sorpresa dal deferimento penale da parte della Commissione. “Ora dipende dal Dipartimento di Giustizia. Penso che sarà importante leggere il rapporto che uscirà mercoledì”, ha detto. Alla domanda sulla dichiarazione di McConnell secondo cui l’intera nazione sa che Trump è responsabile dell’attacco del 6 gennaio, Murkowski ha risposto: “Sono d’accordo. Ho votato per metterlo sotto accusa”.

Marjorie Taylor Greene – wikimedia

L’ex presidente Trump sul suo sito Truth Social si è fatto scherno della Commissione d’Inchiesta della Camera. “Queste persone non capiscono che quando mi prendono di mira rafforzano la mia base elettorale. Ciò che non mi uccide mi rende più forte”, ha detto l’ex presidente. “La gente capisce che il Democratic Bureau of Investigation, il DBI, vuole impedirmi di candidarmi alla presidenza perché sanno che vincerò e che tutta questa faccenda di perseguirmi è proprio come è stato per i due impeachment: un tentativo partigiano per mettere da parte me e il Partito Repubblicano”.

La congresswoman Marjorie Taylor Greene, repubblicana della Georgia, ha accusato il comitato di aver deferito l’ex presidente sulla base di motivazioni politiche. “Il comitato comunista J6 vuole fermare il presidente Trump perché anche dopo aver rubato le elezioni non possono metterlo da parte, quindi ora vogliono trascinarlo in tribunale”, ha twittato Greene.

Rudy Giuliani, l’ex sindaco di New York City che ha fatto parte del team legale di Trump, ha fatto un’accusa simile, twittando: “È chiaro che lo scopo del comitato è distruggere un uomo disposto a opporsi alla classe politica corrotta”.

Il giornalista conservatore Kyle Becker ha twittato: “Le persone che amano l’America non fanno ciò che il comitato J6 ha fatto a un ex presidente che è “colpevole” solo di affermare il suo diritto costituzionale di sfidare le elezioni e di incoraggiare le persone a protestare pacificamente. I Democratici sono il partito più antiamericano nella storia di questa nazione”.

La deputata Elise Stefanik, repubblicana di New York, ha scritto in un post che i repubblicani alla Camera, che hanno riconquistato una sottile maggioranza alle ultime elezioni, “riterranno i democratici responsabili del loro illegittimo abuso di potere”.

Già perché Kevin McCarthy per ora leader di minoranza che dal 3 gennaio spera di essere il nuovo speaker della Camera, ha già detto che scioglierà la Commissione d’Inchiesta alla riapertura dei lavori della nuova legislatura. Semprechè riesca a diventare il leader della nuova maggioranza.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Sposato, 4 figli. Studia antropologia della musica alla Adelphi University. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga. Married, 4 children. Studies Anthropology of Music at Adelphi University.

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