I Repubblicani hanno ottenuto la maggioranza alla Camera e Kevin McCarthy sarà il nuovo speaker che prenderà il posto di Nancy Pelosi. Ma al Senato resteranno all’opposizione. Anche se il seggio della Georgia è ancora legato al ballottaggio del 6 dicembre tra il democratico Raphael Warnock e il repubblicano Herschel Walker, poichè i democratici dopo aver strappato ai repubblicani il seggio in Pennsylvania hanno già la maggioranza. Strettissima, ma sempre maggioranza. “Gli americani sono pronti per una nuova direzione e i repubblicani della Camera sono pronti a prendere questo impegno”, ha scritto McCarthy su Twitter.
Una vittoria alla Camera, anche se di misura, che dà ai repubblicani il potere di bloccare l’agenda della Casa Bianca, nonché di lanciare indagini sull’amministrazione Biden e sulla sua famiglia.
L’onda rossa che il Gop si aspettava non c’è stata, ma anche se molto al di sotto delle aspettative i Repubblicani hanno ottenuto la maggioranza. Non hanno conquistato però l’unità del partito e sarà tutto da vedere se Kevin McCarthy riuscirà ad ottenere quei consensi minimi necessari per svolgere i compiti fondamentali come il finanziamento del governo, o se l’ala di estrema destra del partito dei Freedom Caucus gli renderà la vita impossibile creando alla Camera un pasticcio ingestibile.
Per il neo speaker della Camera la vittoria del suo partito è arrivata nel peggior modo possibile. La maggioranza molto più esigua del previsto significa che sarà dipendente dai membri dell’estrema destra meno propensi a fare politica e più animati dai rancori verso Biden.
Al Senato McConnell platealmente incolpa Trump e i suoi alleati per la sconfitta al Senato. (“Siamo andati male con gli indipendenti e i moderati perché la loro impressione è che la leadership del nostro partito invece di fare politica sia più interessata a lanciare attacchi all’opposizione). E Trump continua a sostenere, come ha fatto nel suo annuncio martedì sera, di aver ricevuto più voti di qualsiasi altro presidente in corsa per la rielezione (omettendo però che il suo avversario ha ottenuto 7 milioni di voti in più rispetto a lui). Una bocciatura quella del 2020 per la quale l’ex presidente cerca il suo riscatto impantanando però tutto il Gop in un passato di infondate recriminazioni ampiamente smentite. Mitch McConnell dopo la sconfitta a queste ultime elezioni accusa Trump e dimentica che quando ha avuto l’opportunità di fermare l’ex presidente, non lo ha fatto.
Se lui – insieme a una manciata di altri senatori del GOP – avesse votato per condannare Trump nel suo processo di impeachment per l’attacco al Campidoglio del 6 gennaio, molto probabilmente all’ex presidente sarebbe stato impedito di candidarsi di nuovo. Invece, McConnell scelse di assolvere l’ex presidente per paura di perdere i consensi (e i voti) dei MAGA, e di lasciare che a portare il conto all’ex presidente fosse il sistema giudiziario con il risultato che due anni dopo il partito repubblicano è più diviso che mai mentre la magistratura continua a muoversi lentamente. In questa incertezza Donald Trump ha appena annunciato un’altra corsa presidenziale.

Al Senato, comunque, nessuno ha commentato la decisione dell’ex presidente. Ma si capisce che sono tanti i politici che gli hanno girato le spalle. I suoi guai giudiziari per la gestione delle sue società, il tentativo insurrezionale del 6 gennaio, le carte Top Secret portate a Mar A Lago, hanno allontanato una larga fetta di quanti per convenienza al Congresso si erano sottomessi a lui. Ieri 12 senatori repubblicani moderati hanno votato insieme alla maggioranza democratica un disegno di legge per convalidare i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Alcuni erano senatori che dal 1 gennaio non saranno più al Senato, ma altri come Mitt Romney, Susan Collins, Rob Portman, Lisa Murkowski, Tod Young hanno scelto la via centrista.
Quando Trump ha dato l’annuncio della sua corsa per le primarie presidenziali per il 2024 solo un pugno di irriducibili politici si è pubblicamente felicitato con lui: la congresswoman Marjorie Taylor Greene, Mary Miller e Troy Nehls del Texas, Andy Biggs , Matt Gaetz e Jim Jordan. Il congressman Ronny Jackson del Texas ha twittato il suo sostegno cinque volte in 80 minuti martedì e ha aggiunto mercoledì: “VOTERÒ PER IL PRESIDENTE TRUMP NEL 2024!!!!!!” La stragrande maggioranza dei repubblicani non ha commentato.
Poco entusiasmo da parte del partito e poco entusiasmo da parte dei donatori indirizzati verso il più giovane e promettente governatore della Florida Ron DeSantis. L’ultimo è Stephen Schwarzman, di Blackstone, che ha annunciato pubblicamente di aver abbandonato Donald Trump. “L’America fa meglio quando i suoi leader sono radicati nell’oggi e nel domani, e non al passato. E’ tempo per il partito repubblicano di rivolgersi ad una nuova generazione di leader e intendo sostenere uno di loro nelle primarie presidenziali”, ha spiegato, alludendo a DeSantis.
Sulla stessa lunghezza d’onda il finanziere e filantropo Ken Griffin, tra i maggiori donatori Gop, che lo ha scaricato già alla vigilia di Midterm, dove ha sborsato 60 milioni di dollari, dicendosi pronto ad appoggiare DeSantis.
L’ex chief of staff di Trump alla Casa Bianca, Mick Mulvaney, ha detto che Trump è “l’unico repubblicano che potrebbe perdere contro Biden”. Mulvaney prevede che ci saranno almeno altri cinque o sei contendenti per le primarie per le presidenziali. Tesi condivisa anche da Terri Burl, esponente di punta del gruppo ‘Women for Trump’, che ora auspica “sangue nuovo”. E all’orizzonte fanno capolino anche l’ex vicepresidente Mike Pence, l’ex Segretario di Stato Mike Pompeo, Nikki Halley, ex ambasciatore all’Onu, il senatore Tim Scott, l’ex governatore del New Jersey Chris Christie. Il campo si affolla, ed è solo l’inizio.