I repubblicani sono sul punto di prendere il controllo della Camera dopo che ieri si sono aggiudicati una decina di seggi. Ad una settimana dalle elezioni di Midterm il GOP è a quota 215, tre seggi in meno dei 218 necessari per ottenere la maggioranza. Ancora si conteggiano i voti in 16 circoscrizioni. Tra queste anche quella di Lauren Boebert in Colorado, la “pistolera” della Camera.
Appassionata sostenitrice di Trump che si era rifiutata di consegnare la sua pistola agli agenti di sicurezza all’ingresso del Campidoglio e che si fa fotografare con un fucile AR15 tra le sue mani. La Boebert ha un vantaggio sullo sfidante democratico, Adam Frisch, di soli 1.122 voti. La gara potrebbe avviarsi verso un riconteggio automatico se nessuno dei due candidati riuscirà ad ottenere un margine di voti superiore allo 0,5%.
Sicuramente i repubblicani conquisteranno la maggioranza alla Camera, ma con un margine molto risicato, il che renderà più complicato il lavoro del prossimo speaker quando dovrà conciliare le differenti anime all’interno del partito come avvenne nelle elezioni del 2000 quando i repubblicani avevano una maggioranza di nove seggi. Ma allora il partito non era così diviso come lo è adesso.
L’ala di estrema destra fomentata dall’ex presidente Donald Trump, nonostante le numerose sconfitte in queste elezioni, vuole imporre una linea dura, senza compromessi. E Kevin McCarthy che vuole essere nominato leader della maggioranza avrà i suoi affanni a mantenere l’unità all’interno del partito.
Alla vigilia di queste elezioni le previsioni erano quelle di una vittoria schiacciante dei repubblicani alla Camera a causa dell’elevata inflazione e dell’insoddisfazione nei confronti dell’amministrazione Biden. Ma c’è stato un sostegno inaspettatamente forte per i Democratici: molti elettori indecisi hanno respinto le aggressive imposizioni dei candidati sponsorizzati da Trump.
Come è stato in Pennsylvania che al Senato aveva il repubblicano Pat Tooney, il quale aveva deciso di non ricandidarsi. Per questo seggio l’ex presidente ha imposto una celebrità televisiva, il dottor Mehemet Oz, e l’elettorato ha scelto il democratico John Fetterman. Ora i democratici potrebbero prendere anche un seggio nel ballottaggio della Georgia che si terrà il 6 di dicembre tra l’attuale senatore in carica Raphael Warnock sfidato dal repubblicano Herschel Walker anche lui sponsorizzato da Donald Trump.
Amara sorte anche in Arizona dove Kari Lake, un’ex conduttrice televisiva che ha propagato le bugie elettorali di Trump è stata sconfitta dalla candidata democratica alla carica di governatore, Katie Hobbs.Da vedere ora se Kari Lake accetterà il responso dell’elettorato o anche lei si lancerà in una campagna negazionista sulla regolarità del voto.
I democratici hanno evitato la prevista “ondata rossa” e devono ringraziare anche la Gen Z. I successi dei candidati del loro partito possono essere in gran parte attribuiti ai giovani elettori, che si sono presentati in massa, contraddicendo tutte le previsioni elettorali, e hanno votato in modo schiacciante per loro. I sondaggi fatti all’uscita dei seggi hanno rilevato che un elettore su otto aveva meno di 30 anni e il 61% di quelli di età compresa tra 18 e 34 anni ha votato per i democratici. Dopo questi risultati Jesse Watters e Laura Ingram di Fox News hanno suggerito ai repubblicani di alzare l’età legale per votare portandola a 21 anni.
In parte responsabile dell’elevata affluenza giovanile è stata una nuova generazione di consulenti politici che per mesi si sono nascosti dietro le quinte, quasi irrisi dagli analisti politici che con molta supponenza definivano la Gen Z troppo pigra o disillusa per preoccuparsi di andare ai seggi. Alcuni di questi nuovi strateghi sono essenzialmente hipper e più esperti di tecnologia digitale.
Come i consulenti tradizionali, le società di ricerca della Gen Z sono state assunte dai candidati per prendere di mira gli elettori con il compito specifico di raggiungere i giovani usando Istagram o TikTok. “E’ un nuovo pubblico per i candidati tradizionali da affrontare e capire”, ha affermato Ashley Aylward, che guida la ricerca presso Hit Strategies, il cui sito Web si presenta affermando “competenza con comunità di colore, donne, LGBTQ + e pubblico più giovane”. I democratici Mandela Barnes e Chris Jones hanno sfruttato Hit Strategies per nelle loro campagne elettorali. Il gruppo con sede a Washington ha anche lavorato con movimenti come Black Lives Matter e vari capitoli ACLU.
Ashley Aylward ha affermato che la Generazione Z si preoccupava più dei problemi che di allinearsi con un particolare candidato. “I giovani sono un po’ scettici con i politici generale”, ha detto. Se un candidato vuole attirare l’elettorato giovane Ashley Aylward consiglia di parlare dei temi a cui sono sensibili: sparatorie nelle scuole, crisi climatica, debiti scolastici e la decisione della Corte Suprema sulla sentenza Roe v Wade. “Una cosa che ha davvero aiutato i candidati democratici è stata questa decisione dei giudici della Suprema Corte. Abbiamo consigliato ai politici nostri clienti di assicurarsi che questo tema fosse inserito e ribadito nel loro dibattito”.
Ma gli esperti raccomandano anche ai candidati di cambiare il modo in cui parlano ai giovani elettori. Un candidato che lo ha fatto particolarmente bene, secondo Aylward, è stato John Fetterman, eletto in Pennsylvania che ha speso 12 milioni di dollari in consulenti di comunicazione, ha pubblicato contenuti online durante la sua campagna. Ha saltato sulle tendenze della canzone “Teenage Dirtbag” postata su TikTok e ha invitato Snooki di Jersey Shore (l’attrice Nicole Polizzi) a prendere in giro il candidato repubblicano Mehmet Oz.
“C’erano meme e umorismo, e questo è davvero penetrato sui social media per i giovani che si sentono sopraffatti dalla quantità di problemi politici che stanno affrontando”, ha detto Aylward. “Fetterman è stato in grado di usare il linguaggio dei giovani elettori pur avendo un piano elettorale molto serio”.
Gli strateghi della Gen Z non lavorano solo direttamente con i candidati, ma anche a fianco di gruppi di azione politica e organizzazioni non profit. Antonio Arellano è il vicepresidente delle comunicazioni di Next Gen America, un gruppo di advocacy fondato nel 2013. Prima delle elezioni di Midterm, il 32enne texano ha reclutato 164 influencer per parlare ai propri follower di questioni che li avrebbero portati alle urne: clima, controllo delle armi, diritti riproduttivi raggiungendo un pubblico di 65 milioni. E i risultati si sono visti.