Un pugno di ferro che non l’ha premiata. Giorgia Meloni, presidente del Consiglio del governo di Centro-destra che dal 22 ottobre si è insediato in Italia, lo ha voluto usare contro 980 migranti, raccolti nel Mediterraneo da quattro navi delle Organizzazioni non governative. Le imbarcazioni delle Ong hanno atteso invano per 14 giorni, al largo della costa orientale della Sicilia, che le autorità italiane indicassero loro il primo “porto sicuro”, come previsto dalla Convenzione di Amburgo del 1979 per tutti coloro che vengono salvati in mare.
Poi il 5 novembre il governo ha concesso solo un parziale permesso di sbarco, limitato alle persone fragili, lasciando invece a bordo quello che il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha definito, con termine che ai più è apparso sprezzante, “il carico residuale”. Era stato anche chiesto, ai comandanti delle navi, che fossero loro a raccogliere le domande di asilo, procedura non prevista da nessuna norma internazionale, che ha incontrato il rifiuto degli interessati. Alla fine, la sera dell’8 novembre, quando tutti i naufraghi erano ormai stremati, è stato consentito loro di scendere a terra.
Ma intanto era scoppiato un caso diplomatico, tuttora irrisolto. Una notizia dell’agenzia di stampa Ansa aveva annunciato che una delle navi, la Ocean Viking, con 234 persone a bordo, respinta dall’Italia, era in procinto di essere accolta in un porto francese, secondo fonti interne all’amministrazione transalpina. “La musica è cambiata”, l’incauto commento a caldo di Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio, felice di intestare al governo italiano la vittoria. Irritazione del presidente francese Emmanuel Macron, che deve fare i conti con la destra di Marine Le Pen.

La nave alla fine è stata accolta a Tolone, ma sarebbe stato sospeso il Patto sottoscritto il 10 giugno scorso dal ministro dell’Interno dell’allora governo Draghi Luciana Lamorgese con i partner europei, in base al quale la Francia si impegnava a ricollocare dall’Italia 3.500 richiedenti asilo. Parigi avrebbe chiesto agli altri Paesi di fare lo stesso: il ricollocamento complessivo concordato era infatti di 10 mila migranti.
La ministra degli Esteri francese, Catherine Colonna, in un’intervista a “Le Parisien” ha messo in guardia il nostro governo “Se l’Italia persiste, ci saranno conseguenze” ha dichiarato, aggiungendo che non sono stati rispettati “né il diritto internazionale, né quello marittimo. La regola è quella del porto sicuro più vicino: la Ocean Viking era in prossimità delle coste italiane”. L’Italia è stata accusata di “disumanità”.
La settimana che sta per iniziare si preannuncia molto calda, vuoi perché occorre ricucire questo strappo internazionale, vuoi perché il governo Meloni continua ad attaccare a testa bassa, e lascia filtrare l’indiscrezione di un prossimo decreto legge con forti multe ai danni delle navi Ong che fanno soccorso in mare, passibili addirittura di sequestro. Una strategia già attuata da Matteo Salvini quando nel 2018 era ministro dell’Interno del governo Conte, e risultata perdente, ma che verrebbe appoggiata da Grecia, Malta e Cipro, paesi delusi come l’Italia dal ritardo nell’attuare il ricollocamento dei richiedenti asilo. Viene sollecitato un vertice urgente sul tema. “Sui migranti servono scelte condivise dell’Unione europea” ha intanto ammonito il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Parole che si spera vengano ascoltate.