Il nuovo esecutivo di Giorgia Meloni sarà “un governo politico che non rinuncerà a riformare l’Italia di fronte ad opposizioni pregiudiziali”.
Il presidente del Consiglio, così vuole farsi chiamare, ha ottenuto la fiducia alla Camera con 235 voti a favore, 154 contrari e 5 astenuti. Subito dopo ha avuto una conversazione telefonica con Joe Biden, ringraziandolo per le congratulazioni e ribadendo la profonda amicizia che lega Italia e Usa. Meloni ha sottolineato l’importanza della partnership transatlantica, soprattutto alla luce delle storiche sfide che le democrazie occidentali stanno affrontando, come la guerra in Ucraina e la crisi energetica e alimentare.
Nel discorso a Montecitorio ha esordito con il suo cavallo di battaglia, il presidenzialismo, ma ha parlato anche degli interventi necessari per rivedere, e non più cancellare, il reddito di cittadinanza. Poi l’elenco delle donne che sono venute prima di lei e che “le hanno permesso di rompere il tetto di cristallo“.
Come metafora per parlare dell’Italia ha scelto quella di una “nave” che “ha subito diversi danni”. Tra i capitoli più urgenti l’energia, per cui andranno sfruttati i giacimenti di gas in mare. E proprio la situazione economica metterà già a dura prova la realizzazione del programma: “Dovremo rafforzare le misure a sostegno di famiglie e imprese”, su bollette e carburanti, un “sostegno imponente” per creare un “argine al caro energia” che “ci costringerà a rinviare alcuni provvedimenti“.

Meloni si è autodefinita una sfavorita, che per affermarsi ha dovuto stravolgere tutti i pronostici. “Intendo farlo ancora, stravolgere i pronostici, con l’aiuto di una valida squadra di ministri, con la fiducia e il lavoro di chi voterà favorevolmente, e con gli spunti che arriveranno dalle critiche di coloro che voteranno contro”.
Poi, rispondendo agli interventi fatti alla Camera, il Presidente del Consiglio ha ricordato come “ho parlato di lavoro e welfare, ma ho parlato anche di famiglia e natalità perché considero una sconfitta che una donna debba rinunciare alla natalità per avere un lavoro o debba rinunciare ad avere un bambino per lavorare. Mi sembra un modo per garantire piene libertà, è una sfida su cui spero siamo d’accordo. Chiedo libertà concreta e reale, sapendo che sono una madre privilegiata”.
Ha poi parlato dei migranti, tema decisivo per il centrodestra. “Da anni parlo con diverse associazioni di patrioti africani e mi hanno detto una cosa che nessuno ha mai citato: anche loro non se ne vogliono andare da casa loro. Quel diritto di lottare contro la fuga dei cervelli italiani vale per gli italiani, ma credo debba valere anche per gli africani e per tutti coloro che non vogliono lasciare la propria terra e chiedono aiuto per sviluppare e crescere nella loro comunità. Il patriottismo non può non essere anche solidale, il principio si solidarietà con quello di sussidiarietà sono nel fondamento della costituzione. Come ho detto stamattina è una vergogna lo sfruttamento in nero dei migranti in agricoltura. Ci sentiamo impegnati a dare risposte su questo, il tema dell’immigrazione è questo”.
Non sono mancati i botta e risposta. Meloni, durante la risposta, ha ribattuto alla capogruppo del Partito Democratico Debora Serracchiani che, nel corso del dibattito, aveva parlato di donne che stanno un passo indietro agli uomini. Quando il Presidente le ha risposto che il suo ruolo dimostra che lei non è così, dai banchi del centrosinistra si è alzata qualche voce di protesta. Poco dopo, Giorgia Meloni è stata corretta perché aveva sbagliato la pronuncia del nome dal deputato di Verdi-Si, Aboubakar Soumahoro. “Scusate, si sbaglia, e quando si sbaglia va ammesso”.
Infine un commento sulla sua presenza al vertice del governo. “Non sono i partiti a dare legittimazione uno all’altro, sono i cittadini a dare legittimazione in politica. Dovremmo interrogarci anche su questo. Ho apprezzato il dibattito di oggi, franco, come franca sono abituata a essere io franca, ma anche rispettoso, e spero che continuerà così. Questo tentativo di delegittimare l’avversario alla fine ha finito per indebolire tutta politica. E quando la politica è debole, altri diventano forti, e quegli altri spesso non hanno legittimazione popolare”.