L’FBI ha ottenuto il decreto di perquisizione nella residenza di Donald Trump a Mar-a-Lago dopo aver avuto le prove “che documenti governativi erano stati probabilmente nascosti e che erano stati fatti dei tentativi per ostruire l’indagine del governo”.
È quanto si legge nelle pagine della memoria presentata ieri sera dal Dipartimento di Giustizia nel tribunale federale della Southern Florida al magistrato Aileen Cannon, con cui gli inquirenti federali si oppongono alla richiesta degli avvocati di Trump di nominare uno “Special Master’ per esaminare il materiale sequestrato dagli agenti dagli agenti dell’FBI. La decisione è attesa per domani.
“Che l’FBI, nel giro di ore, abbia recuperato il doppio di documenti contrassegnati come classificati mentre gli avvocati dell’ex presidente hanno avuto settimane per fare la loro ‘ricerca diligente’ mette in seria discussione la rappresentazione dei fatti nella certificazione giurata del 3 giugno e getta gravi ombre sull’estensione della cooperazione in questa vicenda”, si legge nell’atto depositato firmato da Jay Bratt, capo della sezione controspionaggio del dipartimento di Giustizia.

Le 54 pagine, tra testi e foto, rappresentano finora il resoconto più dettagliato sui tentativi da parte dell’ex presidente di ostruire la restituzione del materiale top secret che si era portato via dalla Casa Bianca, ed evidenzia i successivi tentativi per nasconderlo, trasferendolo da una stanza all’altra, mimetizzando il materiale segreto con vecchie copie incorniciate di giornali con la foto dell’ex presidente. Un misto di memorabilia e vecchi ricordi della presidenza che fu.
Sotterfugi che hanno messo in rilievo come Trump e i suoi legali abbiano cercato di fuorviare gli investigatori sulla sincerità e accuratezza dei loro sforzi per identificare e restituire agli Archivi Nazionali documenti altamente sensibili. In totale, circa 700 pagine. Quando si seppe che tra quelle carte ce n’erano alcune che raccoglievano segreti di stato, gli Archivi Nazionali ne informarono il Dipartimento di Giustizia.
Alla fine l’FBI è riuscita, dopo molte insistenze e una citazione in tribunale, a riprendere i documenti contenuti in 15 scatole. C’erano 184 documenti classificati: 67 erano confidenziali, 92 segreti e 25 top secret. E per questo gli avvocati di Donald Trump il 3 giugno si erano incontrati a Mar A Lago con gli avvocati del Dipartimento della Giustizia che con loro avevano una ingiunzione emessa da un magistrato federale in cui si ordinava, più di 2 mesi prima della perquisizione a Mar-a-Lago, di dare tutti i documenti che l’ex presidente aveva portato nella sua residenza in Florida.

E a consegnare l’ingiunzione nella residenza dell’ex presidente c’era proprio Jay Bratt, il più alto funzionario del Justice Department’s Counterintelligence and Export Control Section, proprio per sottolineare la delicatezza e l’importanza della missione. Con lui tre agenti dell’FBI. A riceverli Christina Bobb ed Evan Corcoran, due degli avvocati di Trump che da mesi erano in corrispondenza con i National Archives e il Dipartimento della Giustizia. Tra strette di mano e ricevute in cui Christina Bobb, sotto giuramento, affermava che tutto il materiale riservato portato via dalla Casa Bianca era stato restituito, gli agenti se ne andarono con le 15 casse di documenti.
Ma dopo esaminato il materiale sequestrato gli inquirenti si resero conto che mancavano alcuni dossier top secret. “Il governo ha ottenuto prove che i documenti ufficiali sono stati nascosti e spostati dal luogo in cui erano stati inizialmente custoditi in un tentativo per ostacolare le indagini del governo”, c’è scritto nell’atto depositato ieri.
Donald Trump ha negato le irregolarità ma non ha fornito una spiegazione credibile del motivo per cui aveva i documenti a Mar-a-Lago che sono stati fotografati dagli agenti dell’Fbi. La foto – che è stata allegata alla memoria depositata dal Dipartimento di Giustizia – mina ulteriormente la sincerità delle azioni dell’ex presidente. Alcuni dei suoi sostenitori hanno suggerito senza fornire alcuna prova che l’FBI abbia in qualche modo piazzato prove nella residenza di Trump. Dichiarazioni insensate e divisive che avvelenano ulteriormente il dibattito politico.

In un sondaggio condotto da You Gov la maggior parte degli intervistati ritiene che le indagini su Trump debbano continuare sia per il tentativo insurrezionale del 6 gennaio che per i documenti Top Secret nascosti in Florida. Più del 40% degli americani credono che una guerra civile sia in qualche modo probabile nei prossimi 10 anni, una cifra che aumenta fino al 50 per cento fra coloro che si autodefiniscono fortemente repubblicani.
Dall’assalto al Campidoglio di quasi due anni fa, i timori di violenza politica sono cresciuti, anche se la maggior parte degli esperti ritiene che un conflitto armato su vasta scala, come la guerra civile americana del 1861-65, rimanga improbabile. Tuttavia, molti temono un aumento delle divisioni politiche e della violenza esplicitamente politica, in particolare perché i repubblicani che sostengono Trump sui brogli elettorali si sono candidasti al Congresso e per il ruolo di governatore nelle prossime elezioni di midterm.