È cominciato questa mattina nella corte federale di Washington davanti al magistrato Carl Nichols, con la scelta dei giurati, il processo a Stephen Bannon, il 68enne ex stratega della Casa Bianca e CEO della campagna elettorale dell’ex presidente Donald Trump.
È accusato di oltraggio al Congresso per essersi rifiutato di testimoniare alla Commissione d’Inchiesta della Camera che indaga sul tentativo insurrezionale di 6 gennaio 2021. Per lui sono due i capi di imputazione: uno perché non si è presentato davanti alla Commissione d’inchiesta, un altro perché non ha consegnato i documenti, le e-mail e i testi dei messaggi telefonici che gli erano stati richiesti.
Bannon è il primo dei fedelissimi dell’ex presidente che si è rifiutato di testimoniare davanti alla Commissione d’Inchiesta a comparire davanti al magistrato. Peter Navarro, l’ex consigliere commerciale di Trump sarà processato a novembre in un caso simile. La Commissione d’Inchiesta della Camera aveva convocato Bannon l’anno scorso ma si era rifiutato di obbedire. Allora la Camera ha votato per deferirlo alla magistratura ordinaria che lo ha incriminato.
Gli avvocati di Bannon nei giorni scorsi hanno avevano presentato una richiesta per ritardare l’udienza di oggi affermando che il documentario mandato in onda ieri sera dalla CNN, Divided We Fall, avrebbe potuto influenzare i potenziali giurati.

Bannon e Trump hanno avuto una relazione complicata da quando lo stratega politico si è unito alla campagna di Trump del 2016, diventando il suo guru politico. L’ex presidente lo scaricò in malo modo l’anno successivo quando lo accusò di essere stato la “gola profonda” del libro scritto da Michael Wolff “Fire and Fury: Inside The Trump White House”, in cui i figli dell’ex presidente vengono descritti come degli inetti arroganti. Tuttavia, Trump gli ha concesso la grazia presidenziale nel suo ultimo giorno in carica dopo che Bannon era stato incriminato per una truffa a una organizzazione non profit che stava raccogliendo fondi per finanziare privatamente la costruzione di un muro lungo il confine con il Messico.
Le audizioni della Commissione d’Inchiesta hanno rinnovato l’interesse per le informazioni che Bannon potrebbe possedere sull’organizzazione del tentativo insurrezionale del 6 gennaio poiché poche ore prima dell’assalto al Congresso, Donald Trump fece diverse chiamate ai suoi fedelissimi: Rudy Giuliani, John Eastman, Bernard Kerik, Boris Epshtey, e Steve Bannon, riuniti al Willard Hotel di Washington, per discutere i modi per bloccare la certificazione della vittoria elettorale di Joe Biden.
Secondo Newsweek, il rifiuto di Steve Bannon di testimoniare davanti alla Commissione d’Inchiesta e il successivo rinvio a giudizio devono essere inquadrati come un tentativo di divenire “il martire dei MAGA” per cercare di riprendere quella leadership ideologica della destra mondiale che gli è sfuggita dopo l’incriminazione per la truffa per il muro con il Messico. Un ideologo che non solo ha ulteriormente polarizzato la politica americana, ma ha anche diviso il partito repubblicano continuando a diffondere assurde falsità sulle elezioni truccate.
Steve Bannon, secondo The Daily Beast, dopo il successo ottenuto con l’elezione di Trump era pronto a scatenare una rivoluzione di destra anche in Europa. Voleva lanciare una fondazione per rafforzare le destre europee. “The Movement che avrebbe dovuto essere la guida di una rivolta populista in tutto il pianeta” afferma la BBC.

“The Movement”, secondo Bannon, doveva essere per i partiti populisti e di estrema destra una “fonte centrale di sondaggi e per indirizzare la comunicazione, individuare soggetti che siano in grado di elaborare la strategia politica raccogliendo i malumori di destra che si stanno diffondendo in tutta Europa”
Nel corso degli anni Bannon ha tenuto colloqui con gruppi di destra in tutto l’Occidente da Nigel Farage e membri del Front National di Marine Le Pen all’Ungherese Viktor Orban e ai populisti polacchi fino a Matteo Salvini, leader della Lega. Secondo quanto Bannon aveva riferito al Daily Beast, quello che immaginava è un “supergruppo” di destra all’interno del Parlamento europeo.
Un successo che secondo Bannon, avrebbe giovato in primo luogo a Trump, che dopo il vertice con Putin di Helsinki nel 2018 aveva definito l’Europa un nemico degli Stati Uniti. Per Trump indebolire le istituzioni europee avrebbe facilitato la Casa Bianca ad ergersi come interlocutore principale dell’occidente nelle relazioni internazionali. Un “divide et impera” di Giulio Cesare duemila anni dopo.