Un Donald Trump furioso, incontrollabile, che carico d’ira aveva aggredito e messo le mani intorno al collo dell’agente dei servizi segreti che, dopo che lui aveva già tentato di prendere lo sterzo dell’auto presidenziale che lo riaccompagnava alla Casa Bianca, si era rifiutato di andare tra i suoi sostenitori in marcia verso il Campidoglio. “Il presidente voleva andare in mezzo ai dimostranti che stavano marciando sul Congresso” ha detto Cassidy Hutchinson, ex assistente speciale del presidente per gli affari legislativi, e “gli agenti non lo hanno permesso”.
Testimoniando davanti alla Commissione d’Inchiesta che ha deciso solo ieri di tenere una udienza extra prima della sospensione per il lungo ponte del 4 luglio, l’ex assistente di Trump ha squarciato il velo che copriva la velenosa follia regnante all’interno della Casa Bianca dopo la sconfitta elettorale.
Piatti con il cibo gettati sui muri, stoviglie frantumate, capricci, insulti e parolacce. La sfuriata del presidente dopo che William Barr aveva detto all’Associated Press che i brogli elettorali non c’erano stati le cui “urla si sentivano nei corridoi”, ha detto la testimone. Aggiungendo che “nella stanza del presidente, sul muro, c’era il ketchup che colava a terra”. E poi gli impetuosi meetings con i suoi consiglieri per cercare di architettare un modo plausibile per ribaltare il risultato elettorale. Una testimonianza che mette a nudo come l’ex presidente non accettasse la sconfitta elettorale e che pur di ribaltarla era disposto a tutto.
Con parole pacate, Cassidy Hutchinson ha raccontato ai commissari che dopo essere tornata alla Casa Bianca in seguito al collerico comizio di Trump nel pomeriggio del 6 gennaio, incontrò Tony Ornato, l’ex capo delle operazioni della Casa Bianca, che la fece entrare nel suo ufficio dove c’era Robert Engel, l’agente speciale di scorta a Trump. Quest’ultimo le avrebbe raccontato che dopo essersi rifiutato di portare l’ex presidente tra i suoi sostenitori che stavano marciando sul Campidoglio, Trump afferrò il volante della “Beast”, l’auto presidenziale, tentando di strapparlo dalle sue mani.

“Sono il fot..o presidente, portatemi al Campidoglio!”, gli urlò Trump. Ma non solo. L’ex presidente era già infuriato con i servizi segreti che avevano posizionato i metal detector agli ingressi dello spiazzale dove poco avrebbe dovuto parlare al comizio organizzato da “Stop the Steal” perché i suoi simpatizzanti armati erano stati allontanati dagli agenti. “Tanto non sono qui per sparare su di me”, aveva detto l’ex presidente a Mark Meadows nella tenda allestita accanto al palco, mentre il suo ex capo di gabinetto stava parlando con lei prima del comizio.
E di questo l’ex presidente se ne lamentava con Meadows, affermando che i suoi sostenitori “non mi faranno del male”. Secondo la Hutchinson, Meadows era rimasto indifferente quando i funzionari della sicurezza il giorno prima del comizio gli avevano detto che i manifestanti avevano armi, anche automatiche, e indossavano armature. E mentre i rivoltosi urlavano e inneggiavano all’impiccagione del vicepresidente Mike Pence, rifiutatosi di prendere parte al complotto per tentare di ribaltare il risultato elettorale, Meadows le disse che Trump gli aveva confidato “che Mike (Pence) se lo meritava”.
L’ex assistente del presidente ha anche testimoniato come Mark Meadows e Rudy Giuliani, l’avvocato di Trump, avevano chiesto al presidente di concedere la grazia per i loro ruoli nell’assalto del 6 gennaio al Campidoglio, aggiungendo che Trump era intenzionato a concedere il perdono ai rivoltosi del Campidoglio. Hutchinson ha detto che durante l’assalto al Campidoglio l’avvocato della Casa Bianca, Pat Cipollone, avrebbe riferito a Meadows: “Mark, qualcosa deve essere fatto o le persone moriranno e il sangue sarà sulle tue f*ttute mani”.
Hutchinson ha ricordato che Meadows già nei giorni prima del 6 gennaio le aveva rivelato che “le cose potrebbero farsi davvero brutte” al Campidoglio dopo il comizio organizzato da Stop the Steal.

In una deposizione videoregistrata resa alcuni giorni fa e mostrata durante l’udienza di oggi, la Hutchinson ha affermato che Meadows avrebbe bruciato diversi documenti dopo un incontro con il congressman Scott Perry, aggiungendo che un certo numero di membri dello staff della Casa Bianca – tra cui anche Mark Meadows, Pat Cipollone, Ivanka Trump e Jared Kushner – hanno esortato Trump a fare un discorso molto più energico dopo la rivolta del 6 gennaio poiché temevano che venisse invocato il 25° emendamento per rimuoverlo dall’incarico.
Subito dopo la fine della testimonianza Trump in un post messo sulla sua piattaforma di social media Truth Social ha immediatamente risposto alle accuse. “Non so chi sia questa persona, Cassidy Hutchinson, a parte il fatto che ho sentito cose molto negative su di lei”, ha detto Trump. Affermando che chi lavorava con lei alla Casa Bianca affermava che era “una persona falsa e una pettegola”.