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June 23, 2022
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June 23, 2022
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Commissione 6 gennaio, “Trump fece pressioni per far annullare le elezioni”

L'ex presidente minacciò il Dipartimento di Giustizia e alcuni Stati a cambiare il risultato elettorale a suo vantaggio

Massimo JausbyMassimo Jaus
La prima udienza è uno show: quello di Trump il 6/1 fu un tentato golpe

Pro-Trump protesters storm the grounds of the US Capitol, in Washington, DC, USA, 06 January 2021 -ANSA/EPA/WILL OLIVER

Time: 3 mins read

È stata caratterizzata da toni molto drammatici la quinta audizione della commissione sull’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021. Gli inquirenti hanno evidenziato l’arroganza e l’incapacità dell’ex presidente Donald Trump nel comprendere i ruoli costituzionali del potere giudiziario e di quello esecutivo, nonché la visione errata del potere da parte di un uomo che prima di entrare alla Casa Bianca non aveva mai ricoperto un ruolo pubblico elettivo.

Testimonianze che hanno dipinto Donald Trump come ossessionato dalla bocciatura elettorale, che pur di rimanere alla Casa Bianca ha avallato e spinto folli teorie sussurrategli da consiglieri-cortigiani. Un dramma quasi shakespeariano mandato in diretta da tutti i canali televisivi.

L’ex Attorney General ad interim Jeffrey Rosen, subentrato dopo le dimissioni di William Barr, e il suo vice, Richard Donoghue, hanno testimoniato raccontando le enormi difficoltà incontrate per evitare di coinvolgere il Dipartimento della Giustizia nel tentativo sovversivo, come invece desiderava Trump. E l’ex presidente, frustrato dalla loro mancata complicità, minacciava di insediare un nuovo procuratore generale, Jeffrey Clark, per aiutarlo a diffondere le sue false affermazioni sui brogli elettorali. Solo la minaccia di dimissioni di massa al Dipartimento della Giustizia ha fermato l’ex presidente.

Donoghue ha ricordato di aver detto a Trump che il Dipartimento di Giustizia “non può e non vuole cambiare l’esito delle elezioni a piacere del presidente”. Al che Trump gli avrebbe risposto: “Devi solo dire che le elezioni sono state corrotte e lasciare il resto a me e ai membri repubblicani del Congresso.” “Le riunioni nell’Ufficio Ovale – ha affermato Richard Donoghue – cominciavano sempre con il presupposto che i brogli elettorali c’erano stati e noi del Dipartimento della Giustizia non eravamo stati capaci di trovarli”.

L’audizione di oggi si è incentrata sugli sforzi di Trump di usare il Dipartimento di Giustizia per rafforzare le affermazioni delle frodi elettorali per le quali, peraltro, sono state compiute approfondite indagini, come hanno chiarito oggi i testimoni, ma che sono state scartate perché gli agenti dell’Fbi hanno determinato la loro infondatezza. “I camion in Pennsylvania con 200 mila voti per Biden non ci sono mai stati. Abbiamo indagato – ha detto Donoguhe –, abbiamo interrogato il camionista, abbiamo controllato la sede elettorale. Nulla che sostenesse le accuse di brogli”

Dopo che il procuratore generale William Barr lo aveva chiarito pubblicamente e aveva lasciato il Dipartimento di Giustizia, Trump cominciò a fare pressioni Jeffrey Rosen e su Richard Donoghue, i quali hanno descritto incontri e telefonate con Trump in cui il presidente, con il passare dei giorni, era sempre più agitato.

A monitor shows former US President Donald J. Trump during a hearing of the House Select Committee to Investigate the January 6th Attack on the US Capitol – ANSA/EPA/MICHAEL REYNOLDS

Mentre il presidente e i suoi alleati facevano pressioni sul Dipartimento della Giustizia, l’avvocato di Trump John Eastman aveva proposto un’altra strada. Egli spingeva per un piano che avrebbe fatto approvare dai legislatori statali liste alternative e non ufficiali di elettori che erano state messe insieme il 14 dicembre. Il piano era stato formato in modo approssimativo, ma l’idea di fondo era che i Grandi Elettori negli Stati conquistati da Biden sarebbero dovuti essere sostituiti da quelli che sostenevano Trump. Il piano è venuto meno solo dopo il tentativo insurrezionale del Campidoglio, quando Pence ha certificato la vittoria di Biden.

Nell’audizione di oggi, tra le tante tesi folli spinte dalla Casa Bianca affinché il Dipartimento della Giustzia aprisse una indagine sui brogli, anche una che ha un connotato italiano. Due agenti americani il 19 gennaio 2021 hanno visitato in carcere un hacker italiano sospettato di avere condizionato le elezioni presidenziali del 2020. Due 007 dell’ambasciata Usa a Roma entrarono in incognito nel carcere “Antonio Caputo” di Salerno, grazie all’ex deputata del Movimento 5 Stelle Sara Cunial, autorizzata, in quanto parlamentare, a visitare il 39enne Arturo D’Elia, hacker di Eboli (Salerno) condannato a 3 anni e 4 mesi per essere entrato nel sito Divisioni Aerostrutture della Leonardo Spa, l’azienda della Difesa e Sicurezza italiana, copiando 10 giga di dati top secret.

Secondo le tesi alimentate dai QAnon, la misteriosa consulente politica per i repubblicani, Michele Roosevelt Edwards, ha contattato Mark Meadows affermando che l’hacker sarebbe riuscito a compromettere le macchinette elettorali sostituendo i voti espressi per Trump in quelli per Biden.

La audizioni riprenderanno dopo l’11 di luglio. Ce ne saranno altre due. Dalla fine di questa settimana il Congresso è in vacanza per il lungo ponte del 4 luglio. Sono state necessarie dopo che i commissari hanno ricevuto “valanghe” di nuovi documenti e testimonianze e un documentario, del quale fino ai giorni scorsi non si sapeva nulla, girato da Alex Holder, che riprende il presidente e la sua famiglia nelle settimane prima delle elezioni fino alle drammatiche ore dopo il tentativo insurrezionale del 6 gennaio.

When Trump's efforts failed to overturn the election, he sought to replace Jeffrey Rosen, the Acting Attorney General, with a lawyer who he believed would inappropriately put the full weight of the Justice Department behind the effort to overturn the election.

— January 6th Committee (@January6thCmte) June 23, 2022

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. E’ stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Sposato, 4 figli. Studia antropologia della musica alla Adelphi University. Massimo Jaus. Now retired. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga. Married, 4 children. Studies Anthropology of Music at Adelphi University.

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