Nelle sale dell’hotel Bernini di Roma riempite di giornalisti e politici, Luigi Di Maio ha messo fine alle polemiche avute negli ultimi mesi con Giuseppe Conte e ha lasciato il Movimento 5 Stelle.
Lo ha fatto con un discorso pronunciato senza mai perdere il sorriso e iniziato con il ringraziamento ai 5S “per quello che mi hanno dato, ma credo anche di avere ricambiato”.
Da oggi farà parte di un nuovo gruppo, “Insieme per il futuro”, con 39 deputati e 11 senatori: in tutto 50 parlamentari, che sperano a breve di diventare 60.
È l’ultimo passaggio dell’evoluzione di un uomo, Di Maio, che della metamorfosi ha fatto un tratto distintivo. Partito come leader del Movimento anticasta dell’arco parlamentare, è diventato in poco tempo il più governativo dei governativi.
“Il vincolo di mandato è sacrosanto per chi vuole fare politica onestamente – scriveva nel 2016 – I partiti sono terrorizzati. Con questo metodo i traditori non potranno più vendersi al miglior offerente. C’è una certa élite in questo Paese che si scandalizza quando il Movimento 5 Stelle vuole far rispettare il mandato degli elettori. Capisco il terrore: è quella stessa élite che tollera Renzi quando si accorda con Verdini o con Alfano. Evidentemente è gente abituata a svendere i propri valori per una poltrona o una penna… continuino pure a votare PD”.
Parole forti, che fecero arrivare i pentastellati al 32% quando gli italiani, due anni dopo, furono chiamati alle urne. Da quel 4 marzo 2018, però, Di Maio è cambiato per sempre. Prima come Ministro del lavoro e dello sviluppo economico, poi come Vicepremier e infine alla Farnesia come Ministro degli Esteri. Di Maio dall’élite tanto disprezzata è stato corteggiato a conquistato.
Un partito “che non sarà personale, dove non ci sarà spazio per odio, sovranismi e populismi”.
Di Maio sostiene di voler aggregare “i migliori talenti e le migliori capacità del Paese, perchè – e qui gli occhi gli si illuminano – uno non vale l’altro”. Parole che sotterrano il celebre motto dei 5 Stelle pensato da Beppe Grillo “uno vale uno”.
Lo stesso Grillo dopo l’annuncio della scissione, sul suo blog ha pubblicato un messaggio criptico. Senza nominare nessuno dei suoi, ha scritto “Qualcuno non crede più nelle regole del gioco? Che lo dica con coraggio e senza espedienti. Deponga le armi di distrazione di massa e parli con onestà”, paragonando poi il Movimento alla Apple di Steve Jobs.

Con Di Maio, a staccarsi dai 5 Stelle è un folto gruppo di esponenti dell’esecutivo: la viceministra dell’economia Laura Castelli, il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, quella al Sud Dalila Nesci e alla Salute Pierpaolo Sileri.
“Mi sono interrogato a lungo sul percorso che il M5S ha deciso di intraprendere – ha continuato il Ministro degli Esteri – un percorso di chiusura, che guarda al passato, che ripete gli errori del passato. Non siamo riusciti a cambiare, a invertire quella rotta che avrebbe dovuto consentirci di raggiungere la maturità. Siamo ancorati a vecchi modelli. Era necessario aprirsi al confronto, ascoltare delle critiche, ma non è stato possibile”.
Il riferimento è soprattutto all’atteggiamento tenuto dal Movimento, e dal suo capo politico Giuseppe Conte, sulla questione dell’invio delle armi in Ucraina.

Di Maio, anche su questo, è sempre stato un filo-Draghi impeccabile: ”Di fronte alle atrocità che sta commettendo Putin non potevamo mostrare incertezze, dovevamo necessariamente scegliere da che parte stare nella storia”.
E rincara: “È irresponsabile picconare il governo, le posizioni di alcuni dirigenti del M5s hanno rischiato di indebolire il nostro Paese”.
“Quando ho iniziato questa esperienza di governo – conclude – non conoscevo personalmente il presidente Mario Draghi. In un anno e mezzo abbiamo lavorato bene insieme e per questo sono stato definito draghiano. Faccio parte del Governo Draghi e credo che la sua azione sia motivo d’orgoglio per l’Italia in tutto il mondo e continueremo a sostenerlo con lealtà, idee e il massimo impegno che possiamo metterci”.
Tre anni e mezzo fa, parlando di Draghi, disse “È singolare vedere da ministri tedeschi molto più rispetto per quello che stiamo facendo che dal capo della Bce”.
Oggi, dell’ex banchiere divenuto Presidente del Consiglio, è diventato il più grande alleato. E proverà a dargli ancora più sostegno con “Insieme per il futuro”.