In America, come da tradizione, si vota di martedì. E questo martedì vedrà elezioni primarie in un bel po’ di Stati. I repubblicani sono ad un bivio: devono infatti stabilire se il partito di Lincoln si sia trasformato in un movimento politico intriso di populismo xenofobo che scatena guerre culturali e accetta la “Grande Bugia” (negare la sconfitta di Trump nelle presidenziali del 2020), oppure se sia giunto il momento di girare pagina e guardare al futuro.
Il senatore repubblicano della Florida Rick Scott, che guida il tentativo del GOP di riconquistare la maggioranza al Senato alle elezioni di midterm dell’8 novembre, ha descritto le primarie di maggio come uno stress test per valutare la “salute” del partito. E il primo esame riguarda gli elettori in Ohio, che dovranno scegliere a chi assegnare un seggio al Senato tra J.D. Vance, candidato repubblicano sostenuto da Trump, e molti altri contendenti che, invece, hanno ottenuto il sostegno dell’establishment politico tradizionale del GOP.
Si vota anche in Indiana, Stato dominato dai fratelli Pence (l’ex vicepresidente Mike e il congressista Alfred), e in Tennessee, dove non ci sono primarie per cariche “importanti” bensì una miriade di scelte locali come magistrati, sceriffi, District Attorneys, responsabili di contea, sindaci e consiglieri scolastici. Il Volunteer State è una roccaforte repubblicana: i due senatori Marsha Blackburn e Bill Hagerty appartengono infatti al Grand Old Party, così come il governatore Bill Lee e l’Attorney General Herbert Slatery III.
La novità di queste primarie in Tennessee è però rappresentata dagli investimenti compiuti alla fine di gennaio dalla Ford Motor Company, che sfruttando i giganteschi aiuti concessi all’industria automobilistica nel pacchetto “American Jobs Plan” presentato da Joe Biden, ha deciso di aprire uno stabilimento di produzione di auto elettriche a Stanton, un villaggio a circa 60 miglia da Memphis. Un investimento da circa 6 miliardi di dollari che darà lavoro a 11 mila persone. Il piano è stato aspramente criticato dagli alleati di Trump. E i candidati democratici locali da mesi martellano con avvisi pubblicitari che sottolineano i posti di lavoro creati dall’amministrazione Biden. Da capire come si svilupperà politicamente questa circostanza.

Nelle prossime settimane si voterà inoltre per le primarie in Nebraska, Pennsylvania e Carolina del Nord. Tutti test elettorali per comprendere se l’elettorato, dopo quattro anni di presidenza Trump, abbia intenzione di continuare a difendere l’ex presidente o porre le basi per un futuro più conciliante e superare i difficili dilemmi che lacerano il Paese. Tutti i candidati sostenuti dall’ex presidente hanno sposato le sue false affermazioni sui brogli elettorali come scusa per il tentativo insurrezionale del 6 gennaio.
“Il mese di maggio sarà una finestra critica per capire dove siamo”, ha affermato il governatore repubblicano del Maryland, Larry Hogan, noto critico di Trump che ha difeso i governatori in carica del GOP in Georgia, Ohio e Idaho contro gli sfidanti sostenuti dall’ex presidente. “Sono solo preoccupato che ci siano persone che cercano di prendere in mano il mio partito e, non riuscendoci, tentano di distruggerlo”.
La prima “vendetta” meditata da Trump prende di mira la Georgia, che andrà al voto il prossimo 24 maggio. Proprio ieri in questo Stato si è formato il grand jury popolare nella contea di Fulton (la città di Atlanta), per esaminare se ci siano gli estremi per incriminare l’ex magnate newyorkese per i suoi tentativi di convincere il segretario di Stato a sovvertire il risultato elettorale. La conversazione è stata registrata ed è in mano agli inquirenti.
In Georgia, Trump ha svolto un ruolo particolarmente attivo nel tentativo di spodestare l’attuale governatore repubblicano Brian Kemp, reclutando un ex senatore degli Stati Uniti, David Perdue, per affrontare il governatore repubblicano in carica, “reo” di non aver condiviso le menzogne elettorali trumpiane. Per ragioni simili, Trump mira anche a spodestare il segretario di Stato repubblicano, sul quale ha fatto pressioni per ribaltare la vittoria di Biden.

La posta in gioco è altissima: se gli elettori repubblicani nei primi Stati dove si svolgeranno le primarie dovessero votare i candidati scelti dall’ex presidente sarebbe la dimostrazione che Trump ha saldamente in mano il partito. Un segnale importantissimo in vista di una sua prossima candidatura-bis alla presidenza. Una eventuale sconfitta dei candidati da lui scelti indicherebbe, al contrario, che la presa sul partito sia tutt’altro che salda.
Le elezioni per il governatore della Georgia sono forse le più anomale tra tutte le primarie. Trump ha trascorso mesi ad attaccare l’establishment repubblicano al potere, che si ripresenta oggi all’elettorato. Le aspre invettive dell’ex presidente, soprattutto nei confronti del governatore Brian Kemp e del segretario di Stato Brad Raffensperger, riguardano il mancato aiuto di costoro per ribaltare la sua sconfitta nelle elezioni presidenziali del 2020. I risultati in Georgia sono stati però certificati dopo tre riconteggi, di cui uno parzialmente eseguito a mano. Tutti hanno affermato la vittoria di Biden. Funzionari elettorali federali e statali, nonché lo stesso Attorney General di Trump, hanno affermato che non sono emerse prove che le elezioni siano state manipolate. Le accuse di frode dell’ex presidente sono state ampiamente respinte anche dai tribunali, perfino da giudici nominati da Trump stesso.
Il vice governatore repubblicano della Georgia, Geoff Duncan, altro critico di Trump che ha deciso di non candidarsi, ha descritto la decisione di Trump di sostenere l’ex senatore David Perdue contro Kemp una “imbarazzante” perdita di tempo che potrebbe minare gli obiettivi più ampi del GOP alle elezioni di midterm. “Se un governatore in carica sarà in grado di sconfiggere gli ingiusti affondi di Donald Trump – ha detto Duncan – penso che il messaggio che uscirà dalle urne è quello che ci vorrà più di un appoggio di Donald Trump per essere definito un repubblicano”.
Il senatore Ted Cruz, che sostiene candidati repubblicani al Senato non approvati da Trump in Ohio e Pennsylvania, ha minimizzato qualsiasi disaccordo con l’ex presidente e si è scusato. Cruz ha notato di aver “battezzato” i suoi candidati molto prima di Trump. “Per i quattro anni in cui è stato presidente, Donald Trump non ha avuto al Senato un alleato più forte di me”, ha precisato Cruz.

Sei mesi prima delle elezioni di midterm, i candidati GOP alle primarie hanno intanto già speso 66 milioni di dollari per la campagna elettorale, attaccandosi spesso a vicenda. Mike Gibbons, un imprenditore immobiliare e banchiere di Cleveland, ha speso 15 milioni di dollari solo in pubblicità televisiva la scorsa settimana. Il super PAC pro-Vance noto come Protect Ohio Values, ha speso 10 milioni di dollari in pubblicità per attaccare Josh Mandel, il candidato sostenuto dal senatore Cruz.
Altrettanto sbalorditive sono state le disparità di spesa nelle primarie per il Senato in Pennsylvania e nella Carolina del Nord. In Pennsylvania, dove il dottor Mehmet Oz – sostenuto da Trump – e l’ex dirigente di hedge fund David McCormick sono impegnati in una feroce lotta per la nomination del GOP, i candidati e i gruppi esterni alleati hanno finora speso oltre 48 milioni di dollari in pubblicità televisiva. Nella Carolina del Nord, le forze repubblicane hanno speso più di 15 milioni di dollari per le primarie che contrappongono il congressman sostenuto da Trump, Ted Budd, all’ex governatore Pat McCrory.
Il senatore democratico del Michigan, Gary Peters – nominato dal partito come leader strategico per mantenere la maggioranza al Senato alle elezioni di midterm – ha descritto l’intensità delle lotte intestine repubblicane in diversi Stati come “tossica”. “Stanno cercando di competere per vedere chi è il più trumpista dei trumpisti”, ha commentato, aggiungendo: “Non parlano dei gravi problemi che affronta il nostro Paese, ma solo della loro lealtà all’ex presidente”.