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Trump: “Volevo marciare con i sostenitori ma il Servizio Segreto me lo ha impedito”

Intervistato dal Washington Post, l'ex presidente accusa Nancy Pelosi, il sindaco e il capo della Polizia per l’assalto al Congresso del 6 gennaio

Massimo JausbyMassimo Jaus
Su Capitol Hill, Biden attacca Trump: “I veri patrioti sono quelli che hanno votato”

Donald Trump e l'Assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 nell'illustrazione di Antonella Martino

Time: 4 mins read

“L’assalto al Congresso è tutta colpa di Nancy Pelosi e io volevo marciare con i miei sostenitori, ma gli agenti del Servizio Segreto non lo hanno permesso” afferma l’ex presidente Donald Trump a Josh Dowsey del  Washington Post.

Una intervista fiume fatta dall’ex presidente nella sua residenza di Mar A Lago in cui accusa la speaker della Camera, il sindaco di Washington, il capo della polizia, di non essere intervenuti per fermare i suoi sostenitori. Ricostruzioni storiche inesatte, accuse senza fondamento, per continuare a far presa sulla massa di suoi sostenitori.

Nell’intervista Trump si compiace di essere riuscito a mettere insieme una quantità così numerosa di suoi simpatizzanti davanti al Congresso e accusa la stampa di non aver voluto pubblicare le foto della folla oceanica per minimizzare la sua forza attrattiva sulle masse.

L’ex presidente difende pure Ginni Thomas, la moglie del giudice della Corte Suprema Clarence Thomas che durante il tentativo insurrezionale mandava i messaggini telefonici di solidarietà alla Casa Bianca. Nega di aver truccato i registri telefonici della Casa Bianca E naturalmente se la prende con la Commissione d’Inchiesta della Camera e che il suo discorso alla Ellipse, a pochi passi dal Campidoglio prima che la massa di sostenitori invadesse il Parlamento, era “eroico e patriottico”. Ma Nancy Pelosi e la Commissione d’Inchiesta della Camera sono sempre nei suoi pensieri. Più di sei volte alle domande dell’intervistatore risponde che la colpa dell’assalto al Congresso era della Speaker della Camera facendo capire che il non intervento sarebbe stato parte della strategia per creare la Commissione d’Inchiesta.

Donald Trump e la Speaker del Congresso Nancy Pelosi nell’illustrazione di Antonella Martino.

Ieri sera gli ex consiglieri di Trump Peter Navarro e Dan Scavino sono stati deferiti dal Congresso alla magistratura federale per essersi rifiutati di comparire davanti la Commissione d’Inchiesta che indaga sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio. Entrambi rischiano l’incriminazione di oltraggio al Congresso come già è avvenuto per Steve Bannon, l’ex guru politico di Trump che ieri in tribunale ha visto respinta dal magistrato la sua mozione difensiva.

Navarro e Scavino sono gli ultimi stretti collaboratori di Donald Trump, quelli che avevano illimitato accesso all’Ufficio Ovale, deferiti alla magistratura. Il dibattito alla Camera che ha preceduto il voto è stato infuocato. I repubblicani, salvo poche eccezioni, hanno difeso le azioni di Trump e hanno accusato i democratici di politicizzare l’attacco al Campidoglio. La congresswoman Liz Cheney e il congressman Adam Kinzinger, entrambi commissari nell’inchiesta della Camera,  sono stati gli unici repubblicani che hanno votato a favore deferimento.

Anche se perseguire le accuse di oltraggio al Congresso potrebbe non fornire nuove informazioni per la commissione d’inchiesta – eventuali procedimenti potrebbero trascinarsi per mesi o anni – il voto è stato l’ultimo tentativo di dimostrare che i testimoni subiranno conseguenze se non collaborano o almeno compaiono per l’interrogatorio.

Pro-Trump protesters storm the grounds of the US Capitol, in Washington, DC, USA, 06 January 2021. – ANSA/EPA/WILL OLIVER

La Commissione d’Inchiesta ha intervistato più di 800 testimoni finora. Solo nell’ultima settimana, il comitato ha intervistato la figlia di Trump, Ivanka Trump e suo marito, Jared Kushner. Alcuni parlamentari della Commissione hanno detto che la testimonianza di Kushner è stata utile. Ivanka Trump, che era con suo padre alla Casa Bianca il 6 gennaio, è stata interrogata per otto ore martedì mentre gli inquirenti cercavano di ricostruire il tentativo fallito di suo padre di ritardare la certificazione dei risultati delle elezioni del 2020. L’obiettivo principale della Commissione d’Inchiesta era quella di sapere da Ivanka Trump, che sarebbe stata presente, i particolari della telefonata intercorsa tra il padre e il vicepresidente Mike Pence in cui Trump faceva pressioni affinché Pence rifiutasse di certificare la vittoria elettorale di Biden. Il congressman Bennie Thompson, presidente della Commissione, ha evidenziato la cooperazione volontaria di Ivanka Trump con il comitato in contrasto con la battagliera attitudine di Scavino e Navarro che hanno contribuito a promuovere le false affermazioni di Trump sulle elezione vinte con i brogli.

Navarro, 72 anni, ex consigliere commerciale della Casa Bianca, è stato citato in giudizio all’inizio di febbraio per aver promosso false affermazioni di frode elettorale nelle elezioni del 2020 che il comitato ritiene abbiano contribuito all’attacco. Navarro per non testimoniare ha affermato di essere protetto dal privilegio esecutivo dicendo che spettava alla Commissione d’Inchiesta “negoziare con il presidente Trump per l su testimonianza. Se dovesse rinunciare al privilegio, sarò felice di obbedire”. Ma l’amministrazione Biden ha tolto il privilegio esecutivo per Navarro, Scavino e l’ex consigliere per la sicurezza nazionale Michael Flynn, dicendo che non c’era nessuna giustificazione e non era nell’interesse nazionale nascondere la loro testimonianza. Il privilegio esecutivo è stato sviluppato per proteggere la capacità di un presidente di ottenere consigli dai suoi consiglieri senza timore di un’immediata divulgazione pubblica, ma ha dei limiti. La Corte Suprema all’inizio di quest’anno ha respinto la richiesta di Trump di bloccare l’invio dei documenti presidenziali al comitato dopo che la magistratura federale aveva già respinto in primo grado e poi in appello lo scudo difensivo del privilegio esecutivo affermando che questo decade dopo aver lasciato la carica presidenziale.

E’ questa la terza volta che la Commissione d’inchiesta invia alla Camera la richiesta di incriminare per oltraggio persone chiamate a testimoniare ma che si sono rifiutate di comparire. I primi due rinvii, inviati alla fine dell’anno scorso, riguardavano l’ex capo di gabinetto della Casa Bianca Mark Meadows e l’ex alleato di Trump Steve Bannon il cui processo inizierà a luglio. Il Dipartimento di Giustizia ancora non ha deciso se perseguire Meadows, con grande frustrazione del comitato. La condanna per oltraggio al Congresso comporta una multa fino a $ 100.000 e un anno di carcere.

Ieri il giudice federale Carl Nichols ha sostenuto che l’ex consigliere di Trump Steve Bannon dovrà comparire in tribunale a luglio per l’inizio del processo e che il privilegio esecutivo non è applicabile anche perché Bannon non era più parte dell’Amministrazione.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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