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January 11, 2022
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Joe Biden in Georgia all’attacco del filibuster per spingere la legge che protegge il voto

Con la vice Kamala Harris, tenta di scuotere i dem sulla legge elettorale: “E’ il momento di difendere la democrazia. E’ la battaglia per l’anima dell’America"

Massimo JausbyMassimo Jaus
Time: 5 mins read

Il presidente Joe Biden e la vicepresidente Kamala Harris sono andati ad Atlanta, in Georgia, per intensificare la pressione per la riforma elettorale a circa dieci mesi dalle elezioni di Mid Term, quando gli americani saranno chiamati il prossimo 8 novembre a rinnovare l’intera Camera dei deputati e un terzo dei seggi del Senato.

Facendo eco al suo appassionato discorso nell’anniversario dell’insurrezione del 6 gennaio, quando ha incolpato l’ex presidente Donald Trump e i suoi sostenitori per aver tenuto un “pugnale alla gola della democrazia”, ​​le osservazioni di Biden sono state un forte invito all’azione per tutelare il diritto di voto. “E’ il momento di difendere la nostra democrazia. E’ la battaglia per l’anima dell’America” ha tuonato Biden che, insieme al vicepresidente Kamala Harris, ha parlato alla Clark Atlanta University e Morehouse College, ateneo storicamente frequentato dagli afroamericani dove sorge il Memorial per Martin Luther King Jr.

“I prossimi giorni, quando i progetti di legge, il Freedom to Vote Act e il John Lewis Voting Rights Advancement Act, saranno votati, segneranno una svolta in questa Nazione. Sceglieremo la democrazia anziché l’autocrazia, la giustizia sull’ingiustizia”. “So dove mi trovo. Non cederò. Non sussulterò. Difenderò il diritto di voto e la nostra democrazia contro tutti i nemici stranieri e interni”. E poi l’affondo. “Il filibuster è diventato un’arma contro la democrazia. Una minoranza di senatori estremisti non può bloccare una maggioranza che crede nella democrazia perché prigioniera di una minoranza radicale. Bisogna ristabilire le regole della democrazia, la luce contro il buio”. Biden non ha chiesto, comunque, l’abolizione perenne del filibuster, ma solo per questa legge elettorale.

Joe Biden con Kamala Harris alla Clark University di Atlanta (yuotube)

In questo primo anno di Casa Bianca il presidente ha scelto di concentrarsi principalmente su altre parti della sua agenda legislativa, ottenendo l’approvazione di un disegno di legge di aiuti per combattere il COVID-19 e di un disegno di legge sulle infrastrutture ma non riuscendo – finora – ad approvare il disegno di legge più grande di tutti, quello sulla spesa sociale e sull’ambiente. Il tempo e il capitale politico spesi in questo sforzo hanno lasciato i dem progressisti a disagio dopo che la battaglia per il diritto di voto era stata abbandonata mentre i repubblicani varavano tutte le leggi statali restrittive. Per questo alcuni dei principali sostenitori del diritto di voto in Georgia non hanno preso parte all’incontro di oggi con il presidente, sostenendo che è necessaria un’azione vera piuttosto che inefficaci promesse retoriche.

Stacey Abrams (Wikimedia/Kerri Battles for LBJ School)

Anche Stacey Abrams, che è nota per i suoi anni di impegno politico e che con la sua organizzazione ha fatto eleggere i due senatori democratici dello Stato e che si è candidata per la seconda volta a diventare il governatore, non ha incontrato il presidente, citando un conflitto di programmazione. E la Georgia non è sola. Altri Stati che hanno votato per Biden e che hanno visto ora i repubblicani passare leggi statali per limitare il voto, sono disincantati dall’inazione dei senatori democratici.

Dopo un anno di bugie elettorali raccontate dall’ex presidente in seguito alla sua sconfitta molti Stati ad amministrazione repubblicana hanno varato misure restrittive per ridurre gli elettori o per disincentivarli dal recarsi ai seggi elettorali prendendo di mira soprattutto l’elettorato delle zone rurali, gran parte afroamericano, e quello di età avanzata che ha maggiori difficoltà ad andare ai seggi, due categorie elettorali che tradizionalmente votano per il partito democratico. La Georgia è uno dei 19 stati che hanno approvato le nuove leggi restrittive sul voto. Finora ci sono state 34 nuove leggi in totale in tutto il paese, secondo il Brennan Center for Justice, un think tank apartitico, molte delle nuove regole riducono il voto per corrispondenza, implementano requisiti più severi per l’identificazione degli elettori, consentono un minor numero di giorni di votazione anticipata e limitano il numero dei seggi elettorali e delle cassette elettorali in cui si può votare senza andare al seggio. Ma non solo. In Georgia poi addirittura è stato proibito di dare una sedia, o una bottiglietta di acqua, agli elettori che attendono in fila il turno per accedere ai seggi.

La senatrice democratica dell’Arizona Kyrsten Sinema (Wikimedia Commons/Gage Skidmore)

Al Senato per approvare la riforma elettorale è straordinariamente difficile sia per l’opposizione repubblicana, sia per la divisione 50-50 dei seggi dove la maggioranza la si ottiene solo con il voto della vicepresidente Kamala Harris che può votare solo in caso di parità. Il passaggio della legislazione in modo regolare è fuori discussione, dal momento che ciò richiederebbe una maggioranza di 60 voti per sconfiggere l’ostruzionismo dei repubblicani che una volta proposta la riforma immediatamente porrebbero la richiesta del voto a maggioranza qualificata. Per questo l’unica alternativa sarebbe la riforma delle regole dell’ostruzionismo. I progressisti hanno chiesto a gran voce questa mossa dall’inizio della presidenza Biden. Ma il cambio delle regole al Senato è per ora impossibile per l’opposizione da parte dei senatori democratici Joe Manchin e Kyrsten Sinema. Ed è questa situazione di stallo, tra promesse elettorali fatte dal presidente e l’eterna l’inerzia del Congresso bloccato dall’ostruzionismo che lascia la base democratica disincantata proprio quando Biden e i democratici hanno bisogno di tutto l’appoggio dei loro sostenitori per avere qualche possibilità di respingere gli sforzi del GOP per riprendersi la maggioranza al Congresso. Ma non solo. Questa inazione acuisce la frattura all’interno del partito democratico che vede i propri compagni di partito centristi conniventi con l’opposizione.

Per passare la proposta di legge per la riforma elettorale i democratici al Senato dovranno modificare le regole per il filibuster. Una mossa pericolosa che in passato, quando i democratici la cambiarono per nominare i magistrati federali di primo grado e d’appello, le cui nomine da mesi erano bloccate dall’opposizione repubblicana, ha poi dato la possibilità ai senatori del Gop di nominare tre magistrati conservatori alla Corte Suprema.

Ci sono, indubbiamente, anche alcuni vantaggi politici per i Democratici nel forzare il voto anche se la legislazione alla fine non dovesse passare. Al di là del semplice fatto di mostrare una certa voglia di lottare, la spinta metterà in evidenza i repubblicani come contrari allo sforzo di sostenere i diritti di voto.

Senate Minority leader Charles Schumer – ANSA/EPA/JIM LO SCALZO

Il leader della maggioranza al Senato Chuck Schumer ha promesso un dibattito nella camera alta sulla modifica delle regole sull’ostruzionismo “entro o prima” il 17 gennaio. La data, a meno di una settimana di distanza, segna il giorno festivo in onore di Martin Luther King Jr.  Ieri Schumer ha descritto  l’opposizione repubblicana alla riforma elettorale come una forma per “offrire la propria approvazione alle false affermazioni dell’ex presidente Trump secondo cui le elezioni del 2020 gli erano state rubate”. In risposta, il leader della minoranza al Senato Mitch McConnell  ha replicato affermando che “i leader democratici dicono di voler cambiare le regole del flibuster al Senato a causa di un sinistro complotto anti-voto che sta travolgendo l’America. Ovviamente questo è totalmente falso. Non esiste.”

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Sposato, 4 figli. Studia antropologia della musica alla Adelphi University. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga. Married, 4 children. Studies Anthropology of Music at Adelphi University.

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