Le indagini della Commissione d’Inchiesta della Camera per far luce sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio dello scorso anno proseguono nonostante gli sforzi dei repubblicani di bloccare o rallentarne i lavori. Ma come spesso succede nella vita politica americana sono i tribunali il deus ex machina dei drammi politici che risolvono le situazioni.
Questa mattina il Congressman Jim Jordan, uno dei parlamentari più fedeli all’ex presidente, dimenticandosi di aver giurato fedeltà al rispetto della Costituzione, ha fatto sapere tramite il suo avvocato che non si presenterà davanti ai colleghi per chiarire il contesto delle sue conversazioni telefoniche con Trump durante i drammatici momenti dell’assalto. Jordan in precedenza ha affermato di non ricordare quante volte ha parlato con Trump e con i suoi più stretti collaboratori quel 6 gennaio. Inutile dire che il Congressman è uno dei più fidi megafoni di Trump nella diffusione delle panzane presidenziali e per questo i parlamentari della commissione d’Inchiesta stanno cercando i dettagli di tutte le comunicazioni che ha avuto quel giorno, o il giorno precedente, con Trump e i suoi consiglieri legali, con il personale della Casa Bianca, con i membri del team della “war room” riuniti all’Hotel Willard prima dell’attacco e con altre persone “coinvolte nell’organizzazione o nella pianificazione delle azioni e delle strategie per il 6 gennaio”.
Visto che le decisioni politiche prendono tempo sono state avviate due azioni legali: una a Washington dal Congressman democratico Eric Swalwell, l’altra in Georgia, dove il District Attorney della Contea di Fulton sta esaminando se le telefonate fatte da Trump al Segretario dello Stato per “trovare” più di sette mila voti per lui costiuiscano un reato.
Nella capitale federale un giudice valuterà, per la prima volta, se l’ex presidente Donald Trump abbia la responsabilità per le azioni commesse dai suoi sostenitori che hanno attaccato il Campidoglio degli Stati Uniti il 6 gennaio 2021 o se, invece, abbia “l’immunità assoluta” come sostiene l’ex presidente.
Il congressman democratico della California che con altri 10 parlamentari democratici e gli agenti della polizia del Campidoglio James Blassingame e Sidney Hemby si è rivolto al magistrato federale Amit Mehta per sapere se Trump e altri repubblicani come il rappresentante Mo Brooks dell’Alabama sono perseguibili civilmente o se sono protetti dal primo emendamento sulla libertà di parola anche per le conseguenze legali dei loro incitamenti (“Combattete come un inferno. E se non combattete come un inferno, non avrete più un paese”, ha detto Trump, mentre Mo Brooks “cominciate a scrivere i nomi e a prenderli a calci in culo”) pronunciate al comizio “Save America”, prologo del tentativo insurrezionale. Dopo i discorsi, infatti, migliaia di partecipanti alla manifestazione pro-Trump hanno marciato verso il Campidoglio, picchiando le forze dell’ordine a guardia dell’edificio, sfondando le barricate di protezione e le finestre per entrare. L’importante udienza di oggi è la prima di una serie di azioni legali relative all’insurrezione avviata da quanti ritengono Trump e i suoi collaboratori siano i responsabili dell’attacco usando la folla per prendere d’assaltato il Campidoglio.
In Georgia, invece, il District Attorney della contea di Fulton, Fani Willis, sta ha valutando se l’ex presidente Donald Trump abbia commesso un reato cercando di fare pressione su alcuni funzionari dello Stato per cambiare il risultato elettorale e ribaltare la vittoria di Joe Biden alle elezioni presidenziali. “Credo che entro l’anno verrà presa una decisione”, ha detto Fani Willis all’Associated Press. “Penso sicuramente che nella prima metà dell’anno avremo le idee più chiare”. Ma Willis ha detto all’AP che non ha imposto scadenze al suo staff e ha assemblato un team di avvocati, investigatori e un assistente legale che indagano. Willis ha rifiutato di parlare dei dettagli, ma ha confermato che l’ambito dell’indagine include – ma non si limita a – una telefonata del 2 gennaio 2021 tra Trump e il Segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger, una telefonata del novembre 2020 tra il senatore Lindsey Graham e Raffensperger, le brusche dimissioni dell’Attorney General e i commenti fatti durante le audizioni della commissione legislativa della Georgia del dicembre 2020 sulle elezioni. Un portavoce di Trump ha respinto l’indagine come una “caccia alle streghe” motivata politicamente.
Al Senato Federale prende vigore la riforma elettorale dopo che i repubblicani hanno passato numerose leggi negli Stati amministrati dal GOP per ridurre l’affluenza alle urne e limitare il voto anticipato e per posta. L’anno scorso i due principali progetti di legge di voto presentati dai Democratici – il Freedom to Vote Act e il John Lewis Voting Rights Advancement Act – sono stati bloccati al Senato con il filibuster. Ora il partito democratico sta dando ai repubblicani un’ultima possibilità di cooperare nella stesura della legge federale sui diritti di voto prima di cercare di far passare la legge senza il sostegno dell’opposizione modificando le regole del filibuster. Il leader della maggioranza democratica al Senato Charles Schumer la scorsa settimana ha dichiarato che avrebbe imposto un voto sulla modifica delle regole del Senato entro il 17 gennaio se i repubblicani avessero nuovamente bloccato la legislazione sui diritti di voto. Quasi tutti nel Partito Democratico sono favorevoli a respingere l’ostruzionismo del filibuster per approvare la legislazione sui diritti di voto, ma due senatori, Joe Manchin e Kyrsten Sinema sono contrari. Per ora i repubblicani sono decisi a mantenere intatto l’ostruzionismo. I senatori repubblicani in un video pubblicato lunedì mattina hanno affermato che i Democratici vogliono annullare l’ostruzionismo per “passare il loro programma radicale”. Il video caratterizza l’ostruzionismo del filibuster – un ostacolo legislativo che, una volta richiesto, comporta la maggioranza qualificata di 60 voti per l’approvazione dei progetti di una legge.
Alla Camera sarebbero ripresi i contatti tra Nancy Pelosi e il senatore Joe Manchin per riallacciare il dialogo tra il senatore della West Virginia e la Casa Bianca sul progetto del presidente Biden sul welfare familiare e sull’ambiente. Secondo il Washington Post il senatore sarebbe intrappolato tra le pressioni del sindacato dei minatori che vuole le proposte della Casa Bianca e i proprietari delle miniere, che si oppongono. La United Mine Workers of America sostiene la proposta di Biden perché aiuterà i minatori a passare a un futuro che ora vedono come inevitabile con incentivi occupazionali e fiscali per stimolare la produzione e il consumo di fonti energetiche alternative come l’eolico e il solare e perché il progetto della Casa Bianca ricostituisce il fondo che aiuta i minatori che soffrono di pneumoconiosi, la malattia del polmone nero.
Il presidente della West Virginia Coal Association, che tutela gli interessi dei proprietari delle miniere, afferma che il sindacato si è arreso alla fine del carbone e che i minatori lasciano un lavoro ben pagato con salario e benefici per un futuro pieno di incognite. Funzionari sindacali, parlando in condizione di anonimato hanno affermato al Washington Post che il senatore Manchin non dovrebbe ascoltare la West Virginia Coal Association, che include alcuni dei più fedeli sostenitori di Trump dopo che l’ex presidente nei suoi 4 anni alla Casa Bianca ha deregolarizzato l’industria estrattiva del carbone.