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December 13, 2021
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La Commissione d’Inchiesta sul 6 gennaio chiede alla Camera di incriminare Meadows

Unanime il voto dei 9 commissari. La giornata trascorsa in attesa del chiarimento tra il presidente Biden e il senatore Manchin per il voto sui piani dell'economia

Massimo JausbyMassimo Jaus
Steve Bannon incriminato per la mancata testimonianza alla commissione 6 gennaio

Mark Meadows (Gage Skidmore/Wikimedia Commons)

Time: 4 mins read

Sta ora alla Camera decidere, probabilmente martedì, se deferire Mark Meadows, l’ex capo di gabinetto di Donald Trump, alla magistratura federale dopo che la Commissione d’inchiesta lunedì sera ha votato all’unanimità per la sua incriminazione per oltraggio al Congresso dopo che si è rifiutato di testimoniare sulle indagini della stessa commissione per l’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio scorso.

Bennie Thompson, il presidente del team bipartitico d’inchiesta, aprendo i lavori della seduta ha raccomandato il deferimento di Meadows al dipartimento di giustizia.  “Meadows ha iniziato facendo la cosa giusta: cooperando. Ha consegnato 9 mila documenti. Ma in questa indagine questo è stato solo un primo passo. Quando i documenti consegnati hanno avviato legittime e doverose domande da parte nostra si è rifiutato di rispondere, ha cambiato idea e ci ha detto che non avrebbe testimoniato. Non si è nemmeno presentato per dircelo tentando di ostacolare le indagini in tutti i modi”. Thompson ha affermato che circa 300 persone hanno testimoniato e che i suoi investigatori hanno ricevuto più di 30.000 documenti. La congresswoman repubblicana Liz Cheney, vicepresidente della Commissione d’inchiesta, ha affermato che il comitato voleva che Meadows testimoniasse su dozzine di messaggi che gli erano stati inviati durante l’attacco al Campidoglio, incluso quello di Donald Trump Jr. che diceva che suo padre avrebbe dovuto dire ai suoi sostenitori di andare a casa.

Il Dipartimento di Giustizia, su richiesta della Camera, ha già incriminato l’ex capo stratega di Trump, Steve Bannon. La Camera sta anche valutando un’azione simile contro l’ex funzionario del Dipartimento di Giustizia Jeffrey Clark. Quattro persone sono morte il giorno della rivolta e un agente del Campidoglio è morto il giorno successivo per le ferite riportate mentre difendeva il Congresso. Centinaia di poliziotti sono rimasti feriti durante l’assalto di più ore da parte dei sostenitori di Trump che speravano di fermare la certificazione formale della sua sconfitta elettorale e da allora anche quattro agenti si sono suicidati.

La giornata politica a Washington era tutta sui piani di rilancio dell’economia fermi al Senato, bloccati dai distinguo di un senatore e compagno di partito del presidente. Nel pomeriggio c’è stata una lunga telefonata tra Joe Biden e il senatore democratico Joe Manchin che con i suoi dubbi sul Build Back Better continua a tenere in ostaggio la Casa Bianca. In questo primo anno di presidenza il senatore della West Virginia è diventato un’inaspettata spina nel fianco schierandosi con i repubblicani contro Biden per le sue politiche climatiche contenute nel piano della Casa Bianca da mille e 750 miliardi di dollari, rallentando la decisione che tutti gli altri legislatori democratici hanno sostenuto.

A sinistra il Senatore della West Virginia Joe Manchin tra i suoi elettori (Foto www.manchin.senate.gov)

“Sono aperto a sostenere un disegno di legge finale che aiuti a far progredire il nostro Paese, ma sono ugualmente aperto a votare contro un disegno di legge che danneggia il nostro Paese”, ha detto Manchin alla CNN durante uno dei programmi di approfondimento politico del weekend. Il senatore ha anche invitato Biden a consentire la costruzione del controverso oleodotto Keystone XL, sostenendo che l’America dovrebbe essere in grado di fare affidamento sui combustibili fossili più vicini a casa. E questa storia dell’uso del carbone per le centrali elettriche in barba alla lotta all’inquinamento lanciata dalla Casa Bianca sta diventando un tormentone.

Lo Stato della West Virginia con le sue miniere ha una lunga storia di tragedie, sfruttamento, sindacati e lotte armate tra la fine dell’800 fino agli Anni 20. A Monongah morirono in una esplosione 370 minatori, quasi tutti italiani. Durante la guerra del carbone negli anni 20 a Blair Mountain i minatori in sciopero furono massacrati a colpi di mitragliatrice. Ballate popolari, libri e film ne hanno fatto parte della storia americana.  Il carbone è una importante componente dell’economia dello Stato e Joe Manchin sta facendo di tutto per bloccare la trasformazione energetica. Ma la sua, secondo il Washington Post, non è una battaglia disinteressata.  Non è un segreto che il senatore, che trascorre molto tempo sul suo mega yacht “Almost Heaven” e guida indifferentemente una Maserati e una Mercedes, sia facoltoso e che il suo patrimonio venga amministrato in un “Blind Trust”, però, fa notare l’influente quotidiano di Washington, i suoi averi non sono amministrati in modo che lui sia all’oscuro degli investimenti perché una società che lui ha fondato, la EnerSystems, che si occupa appunto del carbon fossile per le centrali energetiche, lo scorso anno gli ha dato utili per circa mezzo milioni di dollari e lui, quando è stato fatto il pagamento degli utili, ha dovuto notificare al Senato che era a conoscenza di questo investimento.  Insomma, secondo il Washington Post, il senatore starebbe difendendo il suo orticello. Piccato dalle accuse del Washington Post Manchin, prima di parlare al telefono con Biden, ha detto che per lui è una questione di principio e con l’inflazione che sta “divorando” i risparmi degli americani aumentare il debito pubblico è un fatto molto pericoloso e lui è contrario. I suoi dubbi peraltro sono condivisi anche dal CBO, il Congressional Budget Office che su richiesta delle commissioni finanziarie di Senato e Camera ha fatto uno studio sui costi futuri del progetto della Casa Bianca che dopo essere eventualmente attuato nel 2022 implementato porterebbe spese per altri 3 mila miliardi di dollari per i prossimi 10 anni.

Non causalmente la Casa Bianca poco prima della conversazione telefonica tra Biden e Manchin ha lanciato un piano ambizioso per costruire in tutti gli Stati Uniti mezzo milione di stazioni di ricarica per le auto elettriche.”Questa amministrazione vuole rendere i veicoli elettrici accessibili a tutti”, ha detto la vicepresidente Kamala Harris durante un evento in una stazione di ricarica nel Maryland.

Il piano per le infrastrutture da mille e 250 miliardi firmato da Biden lo scorso mese autorizza una rete di stazioni di ricarica e stanzia 5 miliardi per consentire agli Stati di costruirle. Altri 2,5 miliardi per sostenere la creazione di questi impianti nelle aree disagiate e nelle comunità svantaggiate. Inoltre il piano su welfare e difesa del clima, quello che suscita le perplessità del senatore Manchin, prevede invece un credito fiscale di 7500 dollari per abbassare il costo delle auto elettriche.

Il weekend ha visto anche Donald Trump prima ad Orlando insieme a Bill O’Reiley, il controverso ex commentatore politico di Fox News costretto alle dimissioni per le sue vicende sessuali. Durante il suo discorso in Florida l’ex presidente ha lasciato intendere che potrebbe candidarsi alle elezioni presidenziali del 2024. “L’ho detto forte e chiaro: abbiamo vinto la prima volta e la seconda abbiamo vinto ancora di più. E sembra che dovremo pensare fortemente a una terza volta”, ha detto Trump in uno stadio, però, che non era pieno come quelli durante i suoi comizi pre elettorali. Applausi e cori di sostegno, ma anche molti posti vuoti nell’Amway Center. Domenica prossima l’ex presidente andrà in Texas.

Sabato anche l’ex vicepresidente Mike Pence, in rotta di collisione con Trump, aveva ventilato l’ipotesi di una sua candidatura nel 2024.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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