Sparta ha conosciuto epoche importanti. Una delle città italiane con storia spartana è Taranto. Cosa c’entra questo parallelo si cerca di spiegarlo partendo dal concetto più semplice della politica: la legittimazione.
Nella Sparta post licurgica gli Efori (cinque sorveglianti nominati ogni anno dall’Apella quale assemblea, quest’ultima, a cui partecipavano Spartiati con più di trent’anni) controllavano l’educazione e, in buona sostanza, la vita dei cittadini potendo chiamare in giudizio anche i re; potevano cacciare dalla classe degli Spartiati coloro che erano ritenuti indegni di appartenere ancora ad essa; avevano potere di condanna sui cittadini con, ad esempio, multe e prigione ed al più anziano, sempre degli Efori, era attribuito il diritto di eponimia (potere di affibbiare all’anno il proprio nome).
Fatto questo richiamo storico-politico relativo ad un piccolo tassello della Costituzione spartana, il nostro Parlamento si appresta ad essere ridimensionato a 600 componenti e ciò con il bene placito del popolo italiano che, a settembre dello scorso anno, ebbe ad approvare il taglio dei “parlamentari”. Il popolo è sovrano. Nulla quaestio.

C’è un però. La prima domanda è se i partiti italiani siano pronti al salto di qualità rispetto alle sfide presenti e future. Non che tutti i partiti abbiano gente impreparata sul piano delle competenze professionali, ma si tratta di capire se lo siano sul piano politico.
La preparazione politica non significa avere competenza in qualcosa o in quanto tale come avviene ad esempio nel settore dell’impresa, delle professioni, del mondo del lavoro non autonomo. Preparazione politica significa coltivare, costantemente e il prima possibile nella vita di ognuno, una sensibilità di approccio alla gestione delle cose macro-dinamico-dimensionali non trascurandone la radice che sta nel micro (cioè nella vita quotidiana del singolo con tutte le sue falle, sofferenze, difficoltà, ecc.).
È un processo di diversificazione del sapere messo in contaminazione con altri strati dell’esperienza umana pur non rinunciando, al contempo, alla propria inclinazione o capacità di messa a frutto di quanto seminato nella vita.
Per rispondere alla domanda: i partiti devono partire (si consenta il gioco di parole). Seriamente. Dopo l’elezione del Presidente della Repubblica, ad inizio 2022, partirà il countdown: 345 posti in meno. Traduzione: meno persone a rappresentare gli interessi dei cittadini. Il ché non significa, per forza di cose, meno capacità organica di colmare (per una sorta di ideale legge di compensazione) il vuoto numerico di rappresentanza e, percentualmente parlando, di rappresentatività (anche se i numeri sono di contrario avviso).

Il tutto starà nel come saranno individuati i soggetti da portare in Parlamento. Preciso ancora la parola: da portare. Se qualcuno pensa davvero che, nonostante gli sforzi della legge Rosatellum per contemperare la necessità proporzionale e l’aspirazione maggioritaria, il voto possa determinare un innalzamento di qualcosa, è fuori strada. Le liste bloccate indicano una sola strada: è il tempo della consegna e dell’offerta.
Che significa? Significa che la politica è chiamata a consegnarsi totalmente alla missione per cui occorre evitare il formarsi di una nuova stagione di potere, radicante nell’oligarchica mascherata dalla democrazia costituzionale, dopo che, nell’ultimo decennio, si è pensato di risolvere e liquidare il dibattito pubblico con una fantomatica lotta anti-casta.
Pensiamoci un attimo davvero: per combattere la “castizzazione” della società politica, il taglio parlamentari rischia di alimentare centri di potere a cerchi d’insieme più piccoli che, obbligatoriamente, alla fin dei conti dovranno interfacciarsi, relazionarsi e accordarsi il più possibile per avere governi di larghezza piuttosto che di altezza (il chè non è quel compromesso frutto di persuasione dell’altro in un gioco democratico-costituzionale attendibile tra forze diverse e contrapposte come avveniva nella prima repubblica).

E qui sorge la seconda domanda. Se i partiti non “porteranno” il meglio spendibile in Parlamento (non di competenze, ma di sensibilità poliedrica alle questioni politiche), allora, che Governi ci aspettano nelle prossime legislature? Cioè quale sarà il metro che alla Camera dei 400 e al Senato dei 200 emergerà, stando ad una prevedibile composizione almeno a 5 partiti per ramo parlamentare con i rispettivi gravitanti delle minoranze (complessivamente introno ad una trentina/cinquantina su per giù), per determinare le compagini di governo da offrire alla valutazione del Presidente della Repubblica che verrà?
E tutto questo, ammesso che si tratti di domanda utile, è anche funzionale porsi il problema rispetto alle sfide del Paese stando alla complessità delle questioni temporali sovranazionali che richiedono profili di un livello tale che occorre ripartire, indifferibilmente, dalla formazione delle classi dirigenti?
Mi si perdoni per l’ultima domanda, ma melius est abundare quam deficere (meglio abbondare che scarseggiare). Oltre al tempo della consegna è, quindi, anche quello dell’offerta, che significa pensare a una dimensione della politica caritatevole nel senso che essa non deve essere gratuita come forma d’impegno sociale, ma seriamente ordinata al darsi incondizionatamente per la missione della responsabilità di legiferare e di governare. E questo è un processo che in due legislature, checché se ne dica, nessuno può fare al meglio (è umanamente ingannevole pensare il contrario), salvo il proliferare lobbystico in stile anglo-americano (che non per forza va interpretato in senso negativo).
Allora perché l’esempio degli Spartiati può fare al caso rispetto al monito che la politica deve iniziare a considerare? “Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione” (Papa Benedetto XVI, 24 aprile 2005). Proprio per questo l’evoluzione va compresa con l’amore di colui che cerca coraggiosamente l’armonia per non cadere nella tentazione di tagliare senza senso, a destra e manca, pur di sentirsi appagati verso un sistema che fino all’altro ieri è stato alimentato dalla stessa mano elettorale.

In tutto questo chi rimane solido a controllare e giudicare è quel gruppo di Efori che, ciclicamente, si affaccia nella storia come risolutore di conflitto. Vero, ma al tempo stesso decidevano chi andava fuori dai giochi. Non è tanto diverso da oggi (le vicende attuali della magistratura ce lo ricordano).
A Taranto, ad esempio, c’è una storia di inquinamento non tanto diversa da quella che porta la mente alla convinzione che meno politica significhi più soluzioni. Anzi. Sparta è, alla fine, caduta proprio per la potatura politica fatta male e per la rigidità estrema della Costituzione. Preghiamo per i politici bravi, perché non fuggano davanti ai mistificatori.
Anche quest’ultimi, se ci crediamo davvero, possono salvarsi.