John Rosatti, negli Stati Uniti, lo conoscono in molti. È un uomo che ha fatto fortuna grazie alle concessionarie di auto “Plaza Auto Mall”, ma ora si dedica al business dei ristoranti con la catena di fast food BurgerFi e ha un patrimonio complessivo di circa 400 milioni di dollari. Insomma, un imprenditore che di certo non se la passa male e che ha deciso di finanziare la campagna elettorale dei democratici di Brooklyn. Più nello specifico, di due membri noti nella comunità: Eric Gonzalez, vittorioso alle primarie nel 2017, e la Assemblywoman Rodneyse Bichotte.

Tutto normale, se non fosse che Rosatti, qualche anno fa, è stato indicato durante una inchiesta federale come presunto membro della famiglia Colombo, una delle cinque potenti famiglie mafiose di Cosa nostra che controllano le attività criminali a New York e in altri stati d’America. La cosca nasce nel primo ventennio del secolo scorso a Villabate, un comune in provincia di Palermo dove si trova la casa natale di Joe Profaci, il primo boss della famiglia Colombo che nel 1921 emigra negli Stati Uniti e pone la sua base proprio a Brooklyn. In breve tempo, Profaci diventa uno dei mafiosi più temuti della città e si specializza nel contrabbando di alcolici, estorsioni e gioco d’azzardo.
Ma tornando a Rosatti, una domanda sorge spontanea leggendo l’inchiesta del New York Post: cosa si aspettava in cambio del suo contributo? L’ipotesi che abbia cercato, o ancora cerchi di influenzare l’azione politica ma anche giudiziaria attraverso l’erogazione di fondi che ai democratici potrebbero essere vitali, è passata per la mente a diverse persone.
David Grandeau, avvocato di Plaza Auto Mall, ha ovviamente dichiarato che Rosatti “non sia mai stato un membro della famiglia Colombo e che le donazioni vengano fatte per perseguire interessi commerciali – del tutto legittimi – a Brooklyn”.

Di certo il businessman non è nuovo a questo tipo di azioni. Dal 1985 a oggi, si conta che abbia destinato alla beneficenza politica circa 250.000 dollari, orientando le sue mance generose sia ai democratici che ai repubblicani. È evidente, dunque, che Rosatti non sia spinto da motivi ideali nella scelta dei candidati da appoggiare. Ciò che conta è poterne ricavare un beneficio, non importa di che colore sia.
Oltre che per la filantropia non troppo disinteressata, a 77 anni Rosatti è tornato alla ribalta anche dopo aver acquistato un super yacht: sessantacinque metri di lunghezza per una barca da favola, che domina ogni porto nel quale decide di attraccare.
Ai democratici, forse, andranno posti degli interrogativi. Era proprio necessario accettare aiuti finanziari da una figura dal passato così incerto? E se sì, perché?