Domani alla Camera dei Rappresentanti ci sarà l’approvazione della legge sul pacchetto di aiuti contenuti nello stimolo economico. Un iter un po’ tortuoso perché sia la Camera che il Senato hanno presentato e approvato singolarmente il testo che però non era uniforme. Finalmente il Senato venerdì scorso ha approvato la stesura finale che oggi è stata “riallineata” alla Camera per apportare tutte le modifiche fatte dal Senato in modo da eliminare le disparità dei due progetti. Il voto è stato messo in agenda per domani mattina. Dopo di che andrà alla Casa Bianca per essere ratificata da Joe Biden.
Gli assegni da 1400 dollari per tutti quelli che hanno un imponibile sotto i 75 mila dollari l’anno (se fanno la denuncia dei redditi individuale, mentre saranno il doppio se la dichiarazione è congiunta e c’è un imponibile sotto i 150 mila dollari) dovrebbero partire la settimana prossima. Anche i benefici di disoccupazione, 300 dollari la settimana, sono stati protratti sino al 6 settembre. Lo stimolo economico avvierà la ripresa. L’economia, nonostante la gravità della situazione, regge e si prevede l’inizio del ritorno alla normalità in autunno. “Se tutto andrà secondo i piani mi attendo che l’economia ritorni alla piena occupazione entro il prossimo anno” ha detto Janet Yellen, ministro del Tesoro, intervistata dalla Msnbc.

Accantonato un problema immediatamente ne sorge un altro per Joe Biden. Il senatore Joe Manchin, il democratico più allineato con i repubblicani, ha già minacciato il suo voto contrario se nel prossimo progetto di legge, quello sulle infrastrutture, non saranno coinvolti i repubblicani. Poiché il Senato è composto da 50 democratici e 50 repubblicani la defezione di un solo senatore fa perdere la maggioranza. E questa relazione tra Manchin e la Casa Bianca sta diventando una spina nel fianco per Joe Biden e per il partito. Ma anche Joe Manchin è in un equilibrio politico precario perché lo Stato che lui rappresenta, la West Virginia, è uno stato tutto repubblicano e lui è l’unica eccezione.
L’altro senatore dello Stato, Shelley More Capito, così come i tre Congressman e il governatore sono repubblicani. La sua forza con l’elettorato del suo distretto è quella di essere considerato un mediatore tra i due partiti. Un ruolo non facile dopo che per anni i due rami del parlamento si sono induriti nelle loro maggioranze creando delle barricate politiche che non hanno lasciato spazi alla politica. Da una parte, quella repubblicana, con la nomina di giudici federali conservatori, antiabortisti, antisindacati, antimmigrazione. Dall’altra con due impeachment al presidente ben sapendo che al Senato non ci sarebbe stata la maggioranza per l’ottenere la condanna. Una politica polarizzata che ha distrutto il dialogo. E chi tra i repubblicani mette il bene del Paese come punto di partenza per fare politica, viene ridicolizzato e bersagliato dagli anatemi di Donald Trump.
Sono molti i politici repubblicani messi all’indice dall’ex presidente. L’ultima è la senatrice dell’Alaska, Lisa Murkowski, che con Mitt Romney, Susan Collins, Richard Burr, Bill Cassidy, Ben Sasse e Patrick Toomey ha votato a favore dell’impeachment di Trump. E contro di loro l’ex presidente ha lanciato la sua campagna per non farli rieleggere. A novembre 2022 ci saranno le elezioni per 34 seggi al Senato. 14 democratici e 20 repubblicani. Richard Burr e Patrick Toomey hanno già annunciato che non si ricandideranno mentre Liza Murkowski sarà sfidata da un altro repubblicano, “benedetto” da Trump, alle primarie. Altri senatori repubblicani, non in aperta rotta di collisione con l’ex presidente come Roy Blunt e Richard Shelby hanno detto che non si ricandideranno.
E sono cominciate le manovre. La più importante per i repubblicani dopo che hanno perso la presidenza e il Senato, è quella di limitare il numero di elettori. Per farlo sono stati presentati più di 250 progetti di legge statale per ridurre il numero dei seggi elettorali. Un provvedimento che non colpisce le grandi città ma i centri poveri nelle sterminate campagne del Sud dove gran parte dell’elettorato è afroamericano, quindi più democratico. Mettere un solo seggio elettorale a duecento chilometri dalle maggiori cittadine della provincia significa proprio questo. E su questo puntano i repubblicani per cercare di riprendere la maggioranza al Senato dopo che elezioni suppletive in Georgia sono state perse proprio per l’enorme affluenza alle urne nelle zone rurali.
Ieri Joe Biden ha preso di petto proprio la limitazione al voto che i repubblicani stanno creando a livello statale perché sono i singoli stati dell’Unione che regolano in materia elettorale. “Durante l’attuale sessione legislativa, dirigenti eletti in 43 Stati hanno già introdotto oltre 250 progetti di legge per rendere più difficile il voto degli americani. Non possiamo lasciare che accada”, ha detto Biden in un suo intervento in occasione dei 56 anni della marcia per i diritti civili a Selma, in Alabama. Il presidente ha fatto appello al Congresso perché venga ripristinato il Voting Rights Act del 1965, la legge che proibì le discriminazioni razziali nel processo elettorale.

Ieri sera Donald Trump è tornato a New York. E’ stato fotografato mentre a bordo di un SUV nero scendeva sulla Quinta Avenue davanti al grattacielo che porta il suo nome. Ora che lui ha preso la residenza in Florida e abita a Mar A Lago le transenne che proteggevano l’ingresso del palazzo sono state tolte. Misterioso il motivo del suo arrivo in una città che lui, nonostante tutti i suoi palazzi non ama più, cordialmente ricambiato dai newyorkesi. E con il suo arrivo sono cominciate le speculazioni sul motivo della sua visita.
Il popolare Daily News scrive che nei giorni scorsi alla procura distrettuale di Manhattan è nuovamente comparso Michael Cohen, l’ex avvocato di Trump ora agli arresti domiciliari dopo essere stato condannato per evasione fiscale. La pena gli è stata ridotta e Cohen collabora con gli inquirenti alle indagini che il District Attorney Cyrus Vance sta conducendo sull’ex presidente e sulla sua Trump Corporation. Secondo Business Insider il procuratore di Manhattan sta facendo enormi pressioni sul CFO della Trump Organization, Allen Weisselberg, per farlo testimoniare. Sarebbe lui la persona a conoscenza dei segreti dell’ex presidente. “Se c’è uno che sa dove sono nascosti gli scheletri di Trump – scrive il Daily News – è proprio Weisselberg”. Sarà forse un coincidenza, ma come Trump è arrivato a New York il District Attorney di Manhattan, Cyrus Vance ha ordinato ad una società finanziaria che ha prestato i soldi all’ex presidente per costruire un grattacielo a Chicago, di fornirgli tutta la documentazione inviata dalla Trump Organization per ottenere il mutuo.
Il Washington Post fa una approfondita disamina del modo in cui l’ex presidente conduce i suoi affari. “Quando voleva fare una buona impressione ad un banchiere o a un potenziale partner o a un giornalista – scrive il Post – preparava una cartella sui cui in color oro c’era scritto “Statement Of Financial Conditions” un termine inventato perché non c’è nessuna solida documentazione finanziaria di un progetto non materializzato, ma solo gli ipotetici costi e gli ipotetici ricavi di un programma futuro. Una relazione di venti pagine, piena di numeri, di lunghi elenchi delle proprietà e del potenziale ritorno finanziario. Tutto fasullo perché erano elencati solo il valore delle proprietà, ma non i costi e i debiti legati a queste proprietà. Documenti pieni di esagerazioni: in California in un Club di golf nello “Statement of Financial Condition” c’era scritto che nei terreni di sua proprietà accanto al campo di golf c’erano i permessi per costruire 55 abitazioni da 3 milioni l’una. Il piano regolatore però prevedeva la costruzione di sole 31 abitazioni”. E sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti ci sarebbero proprio questo tipo di dichiarazioni fatte per ottenere prestiti dalle banche.
In special modo una gigantesca proprietà nella contea di Westchester chiamata Seven Springs situata in tre villaggi differenti: Bedford, North Caste e New Castle, valutata 211 milioni di dollari, acquistata dieci anni prima per 18 milioni di dollari. Nella dichiarazione dei redditi questa proprietà si sarebbe deprezzata ottenendo uno sgravio fiscale di 21 milioni di dollari. Però secondo la valutazione data come bene collaterale per ottenere un prestito, la stessa proprietà sarebbe stata valutata 25 volte di più del prezzo pagato per acquistarla. E a questa operazione finanziaria avrebbe partecipato direttamente Michael Cohen nella sua qualità di avvocato.