Se un elettore storico del Movimento 5 Stelle si svegliasse oggi dopo un paio d’anni di ibernazione e ascoltasse di sfuggita un telegiornale qualunque, forse rischierebbe la vita. Troppo grande sarebbe lo shock nel vedere i suoi leader, con Beppe Grillo tra tutti, esultare per un ingresso in maggioranza insieme a Silvio Berlusconi. Sembra passata una vita, eppure soltanto quindici mesi fa, alla fine di novembre del 2019, il blog del Movimento usciva con due articoli che vedevano protagonista il Cavaliere. Il primo, sulla trattativa Stato-mafia, metteva in copertina la foto del leader di Forza Italia con una grande scritta “OMERTÀ”, mentre il secondo titolava “Silvio Berlusconi: il re dei grandi evasori”.

L’appoggio dei 5 Stelle al futuro governo Draghi arriva dopo il parere favorevole degli iscritti alla piattaforma Rousseau, che al 60% hanno votato “sì”. Il quesito al quale hanno risposto, chiaramente scritto con una direzione ben precisa, era il seguente: “Sei d’accordo che il MoVimento sostenga un governo tecnico-politico: che preveda un super-Ministero della Transizione Ecologica e che difenda i principali risultati raggiunti dal MoVimento, con le altre forze politiche indicate dal presidente incaricato Mario Draghi?”. Già solo il testo, per chi in questi giorni segue con passione le vicende della politica, è un secchiello ricco di notizie. Il Movimento ci racconta che, quello di Draghi, sarà un governo “tecnico-politico”. La definizione è curiosa, essendo i due termini uno l’opposto dell’altro. Sarebbe come dire “l’asfalto è bagnato-asciutto”, o “l’acqua del mare è dolce-salata”. Una via di mezzo che non esiste e che soprattutto nessuno, non avendo ancora Draghi comunicato o scelto la lista dei ministri, può conoscere.

Passando al super-Ministero della Transizione Ecologica, le riflessioni da fare sono molteplici. Innanzitutto, è bene ricordare che negli ultimi due governi il Movimento sia stato al comando del Ministero dell’Ambiente, senza mai istituire questo “super-Ministero”. In più, proprio all’interno dello stesso Ministero dell’Ambiente, il dipartimento per la transizione ecologica esiste già e si occupa da tempo di economia circolare, contrasto ai cambiamenti climatici, miglioramento della qualità dell’aria, sviluppo sostenibile e cooperazione internazionale ambientale. In pratica, agli iscritti di Rousseau viene promessa la nascita di una struttura già operativa, alla quale è possibile pensare che venga soltanto cambiato il nome. Infine, il quesito sostiene che le forze politiche di questo nuovo esecutivo verranno “indicate dal Presidente incaricato”. Altro errore. Sono i partiti a scegliere se far parte o meno della squadra di Draghi, non il contrario. E tra queste, così si ritorna al punto di partenza, è presente anche forza Italia.

Citare tutte le pesantissime critiche mosse dal Movimento alla formazione di Berlusconi sarebbe impossibile. Ci vorrebbero mesi e più che un articolo ne uscirebbe un trattato. Eppure, festeggiando l’ingresso nella terza esperienza di governo, Luigi Di Maio parla di “responsabilità” e “senso di appartenenza al Paese”. Scrive che il Movimento, oggi, abbia scelto “soprattutto la via europea”. “Questo è il MoVimento che riconosco e in cui ho scelto di spendere tutto me stesso”. Chissà che espressione avrebbe fatto se nel marzo del 2018, quando rifiutava addirittura le telefonate del Cavaliere, glielo avessero pronosticato.
Chi non ce la fa più di questa situazione è Alessandro Di Battista. Il leader degli ortodossi, dopo aver visto l’esito del voto su Rousseau, ha pubblicato un video sui social per annunciare il suo saluto al Movimento. “Non mi riconosco più”, dice Di Battista, chiamando “ex colleghi” i parlamentari grillini con i quali dice di avere ancora buoni rapporti. L’impressione è che a rimanere scontenti della svolta del Movimento, che definire ormai partito istituzionale sembra quasi riduttivo, siano stati in molti. Di Battista ha aperto le acque, intitolando il suo video “a riveder le stelle”.
Non ha tutti i torti. Anche perché, dentro l’attuale Movimento, di quelle 5 Stelle degli inizi non se ne scorge nemmeno l’ombra.