Volata finale per la Casa Bianca. Domani l’America deciderà se continuare per la politica del presidente Donald Trump o, invece, cambiare pagina ed eleggere Joe Biden. Resta ancora oggi alla vigilia del voto l’interrogativo se sarà “The Red Wave”, un’onda rossa (il rosso è il colore dei repubblicani) o “The Blue Wall”, il muro blu (il colore dei democratici)? Si conclude in questo modo una campagna elettorale al vetriolo condizionata da una pandemia che ha ucciso quasi 250 mila americani.

I sondaggi dicono Biden, ma le passate elezioni hanno insegnato che i sondaggi possono sbagliare. Secondo Bob Wodward, vicedirettore del Washington Post che con Carl Bernstein espose le magagne del presidente Nixon con il Watergate, molti americani si vergognano di dire pubblicamente che favoriscono l’attuale presidente e poi nel segreto della cabina elettorale gli danno il voto. “Essere pro Trump – afferma Bob Woodward ai microfoni di Cnn – è scomodo, anche i repubblicani lo ammettono, poi guardano i bilanci dei loro fondi pensione privati e l’imbarazzo svanisce”.
E proprio su questo tema dell’identificazione dell’elettorato e sui possibili scenari elettorali che si svolge il dibattito alla vigilia del voto. Come voteranno le fasce più affluenti e più istruite? O i “blue collar, la classe operaia, quelli che hanno perso il lavoro per la chiusura delle fabbriche? Le minoranze, gli ispanici o gli asiatici? Quale impatto avrà sul voto il movimento Black Lives Matter? Ma anche cosa succederà con le milizie armate corteggiate da Trump se il presidente dovesse perdere? E inoltre cosa farà Trump nei successivi 77 giorni se dovesse essere sconfitto?
Da vedere se questa volta il voto, tradizionalmente legato al portafoglio dell’elettorato, cambierà a causa della pandemia e dal modo in cui la Casa Bianca la ha affrontata. Proprio la battaglia contro il Covid-19 è l’incognita di queste elezioni. Un’emergenza sanitaria sottovalutata dal presidente che non applicando tutte le misure di contenimento e prevenzione del coronavirus, ha messo in ginocchio l’economia del Paese. Il risultato è che quasi 10 milioni di americani sono stati infettati dal virus, 250 mila sono morti, fabbriche, negozi, scuole, ristoranti, chiusi e milioni di americani disoccupati. Ma Trump non lascia la presa e difendere il modo in cui ha gestito l’emergenza sanitaria.

Oggi il presidente ha detto che licenzierà il dottor Anthony Fauci, il massimo esperto in virologia negli Stati Uniti, che ieri, in una lunga intervista al Washington Post, ha aspramente criticato l’operato della Casa Bianca sul modo in cui è stata gestita la pandemia. “Certo – ha detto il dottor Fauci – Trump non è responsabile per il coronavirus, ma il presidente dopo che gli era stata spiegata la pericolosità del virus alla fine di gennaio, non ha preso tutte quelle misure necessarie per ridurre o contenere la pandemia. Ha preferito puntare sulla “normalità” lasciando fabbriche e scuole aperte. A tutt’oggi non è stato imposto un ordine presidenziale per l’obbligatorietà delle mascherine e il mantenimento delle distanze di sicurezza e i risultati sono evidenti, In questi giorni – ha proseguito Fauci – abbiamo raggiunto 100 mila contagi al giorno. Attualmente negli ospedali sono ricoverati 55 mila pazienti. Se continueremo così, in pochi mesi toccheremo il mezzo milione di morti. Ma soprattutto Trump non ha seguito il parere degli esperti. Biden, invece, ha assicurato che si fiderà dei loro consigli”. Dichiarazioni di un esperto che hanno mandato su tutte le furie il presidente che ha accusato il virologo di essere un democratico che cerca di minare la sua rielezione.

Gli ultimi giorni di questa campagna elettorale sono stati frenetici. I due candidati, entrambi plurisettantenni, hanno viaggiato in lungo e in largo il Paese tenendo comizi, intervenendo a incontri per la raccolta di fondi, ma soprattutto corteggiando quegli Stati dell’Unione dove il voto è ancora incerto. Florida, Pennsylvania, Illinois, Arizona, North Carolina hanno visto Biden, Trump, Pence, Harris e anche l’ex presidente Barak Obama, tenere comizi, per racimolare il consenso dei pochi indecisi che sono rimasti in queste elezioni così polarizzate. Trump ha già detto di essere pronto a dichiararsi vincitore se le prime proiezioni dopo la chiusura dei seggi gli aggiudicheranno i 270 voti elettorali che potrebbero confermarlo alla Casa Bianca. Ma queste elezioni sono piene di incognite, anche per i voti che potrebbero arrivare in ritardo. L’elettorato sembra essere consapevole che la posta in gioco è alta e in massa è andato a votare: sono quasi 100 milioni quelli che lo hanno già fatto, la maggior parte con il voto per corrispondenza che rischia di creare problemi per il conteggio finale poiché ogni Stato dell’Unione ha imposto proprie regole per la scadenza del voto per posta.

Gli ultimi sondaggi continuano a mostrare Biden in vantaggio a livello nazionale. Secondo Wall Street Journal e Nbc, un distacco solido di 10 punti, maggiore quindi di quello che Hillary Clinton aveva alla vigilia elettorale delle elezioni passate. Ma Trump continua a martellare Florida e Michigan che secondo i suoi esperti, sono Stati che potrebbero decidere l’esito delle elezioni. Anche se ancora indietro, il presidente – secondo Wall Street Journal e Nbc – sta recuperando terreno e ha ridotto lo scarto a soli sei punti in alcuni Stati. Per il Washington Post Trump è avanti in Florida, anche se con un vantaggio minimo che rientra nel margine di errore dei sondaggi. Per il New York Times invece a essere avanti è Biden in Arizona (+6), Florida (+3), Pennsylvania (+6) e Wisconsin (+11), quattro Stati che Trump si aggiudicò nel 2016 contro Hillary Clinton.

Trump nei suoi ultimi comizi mostra sicurezza e spera di ripetere il miracolo del 2016 quando, a dispetto di tutto e tutti, conquistò la Casa Bianca. E ieri ha tenuto comizi in cinque Stati puntando sui suoi punti di forza: legge e ordine e crescita economica. Frecce un po’ spuntate dato che il suo discorso di legge e ordine non viene ascoltato dai suoi sostenitori che domenica, con i “Trump Train” hanno bloccato il traffico creando il caos sulle autostrade. Questo dopo che alcuni giorni fa, un altro numeroso gruppo di sostenitori del presidente, ha bloccato in Texas un autobus elettorale pieno di volontari di Biden. Legge e ordine?
E oggi cala il sipario su questa campagna elettorale velenosa, forse la più infuocata nella storia americana.
SCHEDA
Cosa sono gli “Electoral Votes”
Per conquistare la Casa Bianca un candidato deve raggiungere i 270 Electoral Votes. Ogni Stato dell’Unione, in base al censimento, esprime un numero di Grandi Elettori che in totale sono 538. In quasi tutti gli Stati il candidato che ha più voti conquista tutti i Grandi Elettori. Ci sono due Stati, Maine e Nebraska, che invece usano il sistema proporzionale. E’ una pratica farruginosa e non molto democratica perché un candidato può avere più voti dell’altro e perdere le elezioni. E successo nel 2016 quando Hillary Clinton ottenne quasi 3 milioni di voti in più di Trump. E’ successo nel 2000 quando Al Gore venne sconfitto da Gerge W Bush anche se ottenne mezzo milione di voti in più. Le prime elezioni presidenziali in cui un candidato che aveva ottenuto il maggior numero di voti popolari ma non venne eletto fu nel 1824 allorché Quincy Adams diventò presidente anche se aveva ottenuto meno voti di Andrew Jackson. Allora gli Stati dell’Unione erano 18 e i candidati alle presidenziali erano 4: Quincy Adams, Andrew Jackson, Henry Clay e William H Crawford. I Grandi Elettori erano 181. Nessuno dei candidati ottenne la maggioranza e la Camera dei Rappresentanti implementando il 12mo emendamento della Costituzione, decise per Quincy Adams. Nel 1876 Rutherford B Hayes conquistò la Casa Bianca ottenendo meno voti popolari di Samuel J Tilden in una elezione considerata una delle più velenose fino ad allora disputate. Nel 1888 Benjamin Harrison ottenne più Electoral Votes del presidente Glover Cleveland che si era candidato per un secondo mandato ottenendo una maggioranza di 90 mila voti popolari.