Dopo 160 anni, ora salire sulla punta del Monte Bianco equivale al fare un viaggio oltreconfine. Il rifugio Torino, che dal 1952, nella sua versione “nuova”, accoglie migliaia di alpinisti sulla cima più alta delle Alpi, è un centro nevralgico del turismo valdostano. Lì arriva la funivia che parte da Courmayeur e sempre da lì partono diverse ascensioni nel gruppo del Monte Bianco. C’è un problema, però, alla base della baita. Per gli italiani è in Italia, per i francesi in Francia.

Chi ha ragione? La NATO non ha dubbi: l’Italia. La controversia nasce dalle cartografie ufficiali francesi, in cui i confini di Stato vengono tracciati in violazione dei trattati internazionali. Infatti, sia il Trattato di Torino del 24 marzo 1860, sia il Trattato di pace di Parigi del 10 febbraio 1947, stabiliscono che la frontiera tra l’Italia e la Francia corre sullo spartiacque, lasciando una consistente porzione di Punta Helbronner e tutta la zona circostante il rifugio Torino nel territorio italiano.

Ai transalpini, però, la questione non è mai andata giù. Così, i comuni francesi di Chamonix e St. Gervais hanno unilateralmente modificato i propri confini, facendo ricadere il rifugio Torino all’interno del loro territorio. Il risultato di questo gesto è molto pragmatico: ora, ai francesi vanno tutti i proventi degli impianti sciistici della zona. La questione, stranamente passata sotto silenzio mediatico, è uscita fuori nel giugno del 2019, quando le autorità francesi si sono spinte oltre, vietando l’atterraggio con il parapendio in tutta l’area. A quel punto, però, la politica italiana se ne è accorta. O almeno una parte. Il deputato di Fratelli d’Italia Francesco Lollobrigida ha presentato sul tema un’interrogazione parlamentare al Ministro degli Esteri. Il governo, tramite Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri e la cooperazione internazionale Ivan Scalfarotto, ha replicato dopo oltre un anno, lo scorso 12 ottobre. Tempi comodi, certo, ma almeno una risposta è arrivata.
“Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – ha detto Scalfarotto– ha subito proceduto tramite

l’Ambasciata a Parigi a rappresentare formalmente e con fermezza alle autorità francesi la tradizionale posizione italiana riguardo alla linea di confine”. Una “rappresentazione formale”, nulla di più. È un terreno complesso, la democrazia. Non si capisce perché, esistendo una cartografia ufficiale che indica quella del rifugio Torino come una zona di appartenenza italiana, il governo si debba limitare a un semplice messaggio che attesti il proprio disappunto. Nel frattempo, mentre la soluzione non si trova, i comuni francesi si tengono gli introiti ricavati dalle attività presenti in quella porzione di terreno. “Oltre a rappresentare il disappunto dell’Italia per la violazione del confine – continua il Sottosegretario – nella nota verbale inviata alle autorità francesi abbiamo ricordato che l’Italia ha in più occasioni manifestato in passato la propria disponibilità̀ ad avviare con la Francia consultazioni bilaterali per esaminare le discordanze delle rispettive cartografie sul Monte Bianco. Al contempo abbiamo provveduto a rinnovare alle autorità francesi l’apertura al dialogo per una auspicabile soluzione congiunta della questione”.
Dalla Francia, al momento, è arrivato solo il riconoscimento che “il provvedimento amministrativo delle autorità locali adottato a giugno scorso verte su una zona geografica che costituisce da svariati decenni l’oggetto di un contenzioso tra Francia e Italia”, seguito dalla disponibilità ad “affrontare la questione nel quadro della Commissione mista per la manutenzione del tracciato dei confini”.
Nulla di concreto, dunque. La Francia liquida l’Italia con un semplice “le faremo sapere” e intanto, senza alcun senso di colpa, si tiene un territorio che, secondo i trattati internazionali, non le spetta.