I democratici avanzano come uno schiacciasassi. E non sono solo i sondaggi ad affermarlo. Sono i soldi. I contributi che gli elettori mandano ai candidati. Una valanga di dollari per il partito dell’Asinello.
Act Blue, il fondo di raccolta democratico per queste elezioni, ha racimolato un miliardo e 500 milioni di dollari per finanziare la campagna elettorale: 630 milioni per Biden-Harris, il resto diviso tra tutti i 35 candidati del Senato e i 435 della Camera dei Rappresentanti. Solo nel mese di settembre sono state versate nelle casse di Act Blue 750 milioni di dollari, mentre Win Red, il fondo di raccolta per i repubblicani, ha avuto donazioni per 620 milioni di dollari. Ma c’è una grande differenza, Act Blue riceve i contributi in gran parte dai singoli cittadini e dai sindacati (che votano), mentre Win Red riceve la maggioranza delle donazioni dalle corporation.
Note positive per Biden e non solo per i soldi. I sondaggi lo vedono con 11 punti di vantaggio a livello nazionale su Trump. Le passate elezioni però hanno insegnato che i sondaggi possono essere fuorvianti. Quello che conta è la conquista degli “electoral vote” per essere eletto. Infatti per aggiudicarsi la Casa Bianca un candidato deve raggiungere i 270 electoral vote. Ogni Stato ha un numero di electoral vote regolato dal numero di congressmen che lo Stato esprime (in base al censimento) e dei senatori (che sono 2 per ogni Stato) più uno del Distretto di Columbia: 538 voti elettorali a disposizione. Il candidato che raggiunge il magico numero di 270 voti elettorali vince la presidenza. Ci sono Stati che hanno 55 “electoral vote” (la California) e Stati che ne hanno 3 (Montana, North Dakota e Wyoming).
Alle passate elezioni Donald Trump ebbe quasi 3 milioni di voti in meno di Hillary Clinton, ma ottenne 304 electoral vote, mentre Hillary Clinton ne ottenne 227 ( i rimanenti 7 voti andarono a Colin Powell (3), Bernie Sander, John Kasich, Ron Paul e Faith Spotted Eagle) e per questo bizzarro sistema Trump si aggiudicò la Casa Bianca. Da aggiungere che non tutti gli Stati hanno lo stesso metodo di distribuzione degli “electoral vote”. In 48 Stati chi prende più voti prende tutti gli electoral vote. In Maine e Nebraska, invece, si usa un sistema proporzionale. Ed ecco che la battaglia viene combattuta negli Stati “in bilico”, quelli dove la vittoria è difficile da predirre perché per un voto in più possono dare tutti gli electoral vote ad un singolo candidato.
Florida, Arizona, Michigan, Pennsylvania, Georgia, Minnesota, North Carolina e Wisconsin sono quelli “in bilico”. New York, California, New Jersey sono saldamente in mano ai democratici. Texas, Missouri, Louisiana, invece sono per i repubblicani. E gli Stati in bilico sono quelli che a 18 giorni dalle elezioni sono tra i più colpiti dal coronavirus. La pandemia sta giocando un ruolo fondamentale nelle scelte del voto. Con quasi 8 milioni di persone colpite dal virus che ha causato la morte di 218 mila americani già 17 milioni di americanni hanno votato, chi per corrispondenza e chi si è recato alla circoscrizione elettorale per dare di persona il voto anticipato. Infatti tante persone, in questo anno di coronavirus, hanno preferito votare prima del 3 novembre, sia perché la temperatura è ancora mite, sia perché molti elettori temono le probabili lunghe file affollate di Election Day. E ancora giovedì sera il presidente Trump continuava a minimizzare l’impatto del coronavirus sul Paese.
Ma non è solo il covid-19 che indirizza gli americani al voto. La disoccupazione ha un ruolo importantissimo in queste elezioni, sia per la Casa Bianca che per il Congresso. Con 18 milioni di americani senza lavoro (ma per Marketplace.com sono 30 milioni) con l’assegno di disoccupazione sospeso già da due settimane dopo che sono scaduti i termini dello stimolo economico senza che Casa Bianca e Congresso abbiano raggiunto un accordo, aumenta la rabbia dell’elettorato. Il negoziato è stato interrotto due settimane fa. Trump spinge per un’approvazione prima del 3 novembre per uno stimolo all’economia da mille e 300 miliardi di dollari. I democratici al Congresso ne vogliono uno da 2 mila e 200 miliardi includendo anche aiuti a tutti gli Stati oltre che ai cittadini. Inoltre i democratici legano lo stimolo economico ad un piano credibile per combattere a livello nazionale il coronavirus e inoltre affermano che la sopravvivenza delle strutture pubbliche dei singoli stati sono a rischio per la mancanza di entrate derivate dall’imponibile sul lavoro. Inoltre premono per la retroattività dell’assegno di disoccupazione. Trump è contrario ad aiutare gli Stati a lui avversari e vuole che gli assegni di disoccupazione partano subito, prima del 3 novembre.

Lo sua contrarietà ad aiutare gli Stati che gli sono avversi l’ha dimostrata oggi negando alla California gli aiuti federali chiesti dal governatore, ostile a Trump, in seguito ai gravi danni subiti dallo Stato per gli incendi. Trump ha minacciato più volte di tagliare fondi allo Stato di New York, Oregon, Stato di Washington, tutti con governatori ostili alla politica del presidente. I repubblicani, invece, sono contrari ad aumentare in modo così massiccio il debito pubblico. Questo tiremmolla tra Camera dei Rappresentanti e Casa Bianca si è interrotto bruscamente due settimane fa, quando Trump ha istruito il segretario al Tesoro, Steve Mnuchin, di ritirarsi dalle trattative con Nancy Pelosi, la speaker della Camera dei Rappresentanti. Una battaglia politica pesantissima e difficilissima sia per le conseguenze immediate che per quelle a lungo respiro.
Nei giorni scorsi la speaker è stata criticata per il suo irrigidimento, ma la posta in gioco è veramente alta. “I repubblicani – ha twittato la speaker – hanno dato sgravi fiscali da 150 miliardi di dollari ai più ricchi e ora sostengono che non si possono permettere altri aiuti ai disoccupati”. Trump ci ha ripensato e ha mandato nuovamente Mnuchin a trattare, alzando l’asticella degli aiuti a mille e 800 miliardi, ma per ora l’accordo è lontano. E cominciano i primi “distinguo” tra i sostenitori repubblicani. Secondo Wall Street Cina, Rupert Murdoch, proprietario di Fox Tv e del New York Post sta dicendo che Joe Biden vincerà le elezioni e che lui è disgustato dal modo in cui Trump ha gestito il coronavirus negli Stati Uniti.
Questa mattima Jamie Daimon, chairman e CEO della JP Morgan and Chase, la più grande banca del Paese, ha detto che gli americani stanno sopravvivendo con i soldi messi da parte per la vecchiaia e con l’anticipo dei fondi pensione. E secondo uno studio della CNBC il 61 percento degli americani finirà i propri risparmi entro la fine dell’anno. Ed ecco che il voto del 3 novembre non è più solo una questione di ideologia, ma di sopravvivenza.