Verrebbe da dire: contenti voi… Il Referendum confermativo sulla riduzione del numero dei Parlamentari, ha registrato la vittoria del Sì, con circa il 70% dei voti. E si potrebbe aggiungere: cosa fatta, capo ha.
Senonché, questo non sarebbe un giudizio politico, ma un esercizio di stile. Una ulteriore esibizione di quel distacco annoiato, che tanto diffusamente si è manifestato nel corso di questa importante vicenda politico-istituzionale, e che, probabilmente, ha avuto un peso decisivo nel conseguimento di questo risultato.
Ma noi non siamo annoiati. E nemmeno arrabbiati. E nemmeno sorpresi. E nemmeno delusi. Noi, intendo, che abbiamo sostenuto il No. E questo subito scrivo, per debito di chiarezza, una volta assunta una precisa posizione.
Non c’è noia, perchè non c’è modo di annoiarsi, con “tagliatori di seggi” che, come i loro omologhi mozzatori teste di rousseauniana e robesperriana memoria, possono suscitare sdegno o ribrezzo, ma nessuna forma di indifferentismo, di fronte ad uno spettacolo tanto penoso.
Non siamo arrabbiati, perché la rabbia è morbo che ha afflitto e affligge, semmai, i promotori di questa mutilazione: epigoni di un disordine democratico, cominciato con “l’arrendetevi, siete circondati” di Fini e La Russa, con il cappio di Leoni Orsenigo, con le monetine progressiste di Piazza Navona, e poi proseguito con ogni sorta di crudo e violento dileggio, via TV, via giornali, e via social, infine. Fino a questo, che è solo un suggello, un primo punto fermo “costituzionale” in questo lungo discorso dello sputo e dell’insulto.

Non siamo sorpresi. Perché, che altro si è detto, agli italiani, in questi trent’anni? E chi glielo ha detto? Rossana Rossanda, morta l’altro ieri, rilevava che “l’inconsistenza della sinistra è cominciata con la caduta del Muro di Berlino”. Quanto a dire, con la fine della Prima Repubblica. E questa inconsistenza, è consistita, precisamente, essenzialmente, nel rinnovare il mito di Babele: per cui tutte le lingue hanno cominciato a confondersi, e chi era bene o male cresciuto secondo un certa grammatica di decenza democratica e parlamentare, ritenne di fare il salto della quaglia, e ripresi abiti sobillatori e di plebea irresponsabilità, mosse all’assalto del Palazzo.
Non siamo sorpresi, e siamo anzi razionalmente fiduciosi: perché se, nonostante un così lungo periodo di indiscriminata disaffezione, coltivata a piene mani, col concorso di una tribunizia, violenta e dissolutiva colpevolizzazione giudiziaria; con sermoni intrisi di pettegolezzo scandalistico, incessantemente impartiti ad ogni ora del giorno, e da ogni strapuntino mediatico disponibile; se, nonostante tutto questo, oltre 7 milioni e mezzo di italiani hanno voluto imprimere il segno della loro civile ma ferma opposizione a questo trionfo di masochismo democratico, tanto lungamente titillato e coltivato, c’è, al contrario, da essere sorpresi da una tale forza, e da una tale diffusione di ragionevolezza e coriaceo costume democratico.
Stabilito che non c’è noia, rabbia, sorpresa o delusione, si deve constatare qual è il quadro politico che ne viene definito.
E’ un quadro il cui tratto essenziale è la vittoria, su tutta la linea, del M5S, della Lega e dei F.lli d’Italia. Il PD, come un reietto ad una festa in cui nessuno lo ha invitato, dovrà sciorinare i “biglietti” di De Luca e di Emiliano: cioè, di due figure politiche che, sia pure per aspetti diversi, vivono pienamente il tempo dell’adunata, della suggestione paternalistica, del siparietto (talvolta persino apoliticamente accattivante), e che implica, come già acquisito e consolidato, il superamento di ogni mediazione e di ogni consenso, che non sia per acclamazione, più o meno sudaticcia e sovraeccitata. Vale a dire, si tratta di due “vittorie” che, ove conseguite (lo spoglio, mentre scriviamo, è ancora in corso, ma il vantaggio di De Luca è incolmabile, e quello di Emiliano pare abbastanza netto), replicano metodi e ispirazioni che il PD intenderebbe riferire ai “populisti”. Svelando un vaneggiamento politico che, se non fosse abbastanza tragico, potrebbe solo essere grottesco. Unico legittimo “punto”, la Toscana. Che sarebbe, a ben vedere, solo un gol della bandiera.
Perchè, a stringere, il succo, qui, è proprio questo. Che il PD, per dirla ancora con Rossanda, ha formalizzato il suo asservimento al “politicamente niente” (Conte); puntando ad una alleanza “strategica”, con il M5S, il cui “contributo più rilevante…dato alla politica italiana, è stato quello di aumentarne l’irrilevanza”.
Resta da vedere cosa ne dirà il Convitato di Pietra, di questo giro di giostra. La crisi economica di incombente manifestazione, e di fin qui mistificata gravità. Magari, per risparmiare, e fare in fretta, lo chiuderemo del tutto il Parlamento. Anche perchè sappiamo come fare. Lo abbiamo già fatto.