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September 2, 2020
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La sconfitta di Joe Kennedy e la fine di una dinastia politica, mentre Trump gode

Il nipote di RFK viene sconfitto alle primarie democratiche del Massachusetts dall'anziano senatore Ed Markey e la Casa Bianca cerca di approfittarne

Massimo JausbyMassimo Jaus
Un po’ Obama, un po’ Macron: dalle ceneri dei Democratici emerge Joe Kennedy III

Joe Kennedy III nel 2018 durante il suo discorso di risposta allo Stato dell'Unione di Donald Trump (Foto da: Youtube)

Time: 3 mins read

E’ la fine di un’era in Massachusetts. L’esperienza ha battuto la gioventù. Il settantaquattrenne senatore Ed Markey ha sconfitto nelle primarie democratiche il trentanovenne Joe Kennedy. Si tratta di una sconfitta storica per la “dinastia” Kennedy: è la prima volta che un esponente del clan viene battuto nel suo stato.

Joe Kennedy, è il figlio dell’ex congressman Joseph P. Kennedy II, uno degli undici figli di Robert Kennedy ed Ethel Skakel. Il nonno venne assassinato a Los Angeles nel 1968 all’età di 42 anni durante un comizio per le primarie democratiche presidenziali. RFK voleva diventare presidente, come suo fratello John, assassinato a Dallas nel 1963.

Joe Kennedy ha perso ottenendo il 46,5% dei voti contro il 53,5% di Markey. Avendo scelto di partecipare alle primarie per il Senato, sicuro della vittoria, aveva liberato il suo seggio alla Camera che occupava dal 2013: il prossimo Congresso non avrà quindi nessun esponente della storica famiglia della politica americana. Gli stati Uniti non hanno famiglie “reali”, ma hanno dinastie politiche ed industriali: i Kennedy, i Rockefeller, i Dupont, i Bush, gli Astor, ma il clan di Boston, con la leggenda di “Camelot” creata dallo scrittore-giornalista Theo White, diventò la più popolare nell’immaginario collettivo americano.

L’attempato Ed Markey, 37 anni alla Camera dei Rappresentanti e 7 al Senato, ha vinto con un programma liberale e anti-establishment sostenuto fra gli altri dalla senatrice Elizabeth Warren e dalla più giovane eletta al Congresso, Alexandria Ocasio-Cortez. Mentre Joe Kennedy era sostenuto dalla speaker della Camera, Nancy Pelosi. Markey è ora favorito per la riconferma del suo seggio di senatore alle elezioni del 3 novembre: soltanto due repubblicani hanno vinto nello stato del Massachusetts negli ultimi 50 anni. Una vittoria, questa di Markey che evidenzia la guerra sotterranea all’interno del partito democratico tra moderati e la frangia più massimalista.

Il commento di Trump su twitter

La reazione della Casa Bianca non si è fatta attendere. Il presidente Donald Trump di prima mattina si è lanciato a testa bassa accusando i democratici di essere in mano ai “socialisti” . “Neanche un Kennedy si salva in questa sinistra radicale del partito democratico. Aumenteranno le tasse. Biden non ha il controllo del suo stesso partito. Nancy Pelosi ha appoggiato il candidato sconfitto”. Il capo della Casa Bianca come da costume, ha totalmente ignorato i fatti: entrambi, Kennedy e Markey hanno piattaforme politiche estremamente simili. Entrambi sono favorevoli alla mutua medica nazionale, alla riforma dell’immigrazione, alla difesa dell’ambiente e alla riammissione degli Stati Uniti al trattato di Parigi sull’ambiente. Ciò che ha diviso i due candidati è stata la “macchina” politica locale del partito, non presa in considerazione dal giovane Kennedy che, invece, ha puntato tutto sul suo nome. Due ore dopo che i seggi si erano chiusi e la sconfitta era oramai segnata, il giovane Kennedy ha chiamato al telefono il suo rivale politico per congratularsi con lui. “Mi ha battuto – ha detto – ma saremo sempre amici”.

Non è la prima volta che il presidente Donald Trump si scaglia contro l’establishment politico “nobile”. Nel 2018 in un suo tweet elogiò  la sua bravura politica dopo che aveva battuto le dinastie politiche dei Bush, con Jeb sconfitto nelle primarie e Hillary Clinton nelle presidenziali, assicurando che avrebbe avuto anche la capacità di sconfiggere le false accuse dei democratici sul Russiagate che allora veniva investigato dallo  special prosecutor Robert Muller. “Le fake news – concluse Trump – non finiscono mai”.

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Massimo Jaus

Massimo Jaus

Massimo Jaus, romano e tifoso giallorosso. Negli Stati Uniti dal 1972. Giornalista professionista dal 1974. Vicedirettore del quotidiano America Oggi dal 1989 al 2014. Direttore di Radio ICN dal 2008 al 2014. È stato corrispondente da New York del Mattino di Napoli e dell’agenzia Aga. Massimo Jaus. Originally from Rome and a Giallorossi fan. In the United State since 1972. A professional journalist since 1974. Deputy Editor of the daily paper America Oggi from 1989 to 2014. Has been New York correspondent for Naples' "il Mattino" and for Agenzia Aga.

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