La regola, aurea per ipocriti e malfattori di ogni specie, è quella del bambino e dell’acqua sporca: si butta via tutto, e non si chiede nemmeno scusa; e se qualcuno obietta, si accampa l’intenzione: volevamo fare pulizia.
La quale, in tempi di demagoghi dominanti e masse asservite, si staglia quale parola di indiscutibile potenza.
Nella vicenda dei cinque parlamentari che hanno chiesto e ottenuto il bonus per i titolari di partita IVA, il giochino si coglie esemplarmente. Riassumiamo i fatti.
L’INPS, è presieduta da Pasquale Tridico, nominato nel Marzo 2019 per volontà del M5S. Il Governo era quello con la Lega, e il benestare di Salvini giunse a ripagare il voto senatoriale negativo, sull’autorizzazione a procedere per il procedimento concernente la vicenda “Diciotti”.
Nell’Ottobre 2019, sostituita nella Maggioranza la Lega con il PD, con auto-innesto di Matto Renzi, viene approvata la Legge che stabilisce “il taglio” dei parlamentari (la Camera, da 630 componenti a 400, il Senato, da 315 a 200), con voto favorevole di tutte le forze politiche, salva qualche eccezione nel Gruppo Misto.
Approvata la Legge del “taglio”, visto che però il primo voto in Senato non aveva conseguito i due terzi, e trattandosi di legge costituzionale, era mancata la “doppia approvazione a maggioranza qualificata”.
Richiesto, allora, il Referendum confermativo, se ne indiceva lo svolgimento per il Marzo di quest’anno: ma, a causa del Covid, se ne disponeva il rinvio al prossimo 20 Settembre.
Mentre “esplode lo scandalo”, siamo dunque in campagna elettorale. Infatti, dopo la prima notizia-lancio, si avvia la pastura dei “particolari”. Ora sappiamo che si tratta di tre parlamentari della Lega, uno del M5S e uno di IV.
Esponenti di vario peso, estrazione e orientamento (stiamo alle forme), fanno a gara a chi si indigna di più: Zingaretti, “vergogna”; Fico, “vergogna”; Meloni, “vergogna”; Crimi, “odioso”; Salvini, “vergogna”; anche se, come si può vedere, senza darsi troppa pena di apparire reciprocamente distinti almeno nel lessico, se non nella unanime posizione politica.

Se qualcuno, nei tempi, nei modi, nei contenuti, avesse voluto ideare uno spot clamoroso, non scomodandosi a spendere neppure troppo, mai avrebbe potuto eguagliare l’efficacia di questa combinazione. Perché non è una combinazione.
È il frutto di un piano, con ogni evidenza. Ricordiamo alcune circostanze di contesto.
Il Parlamento è “il nemico”, e la “democrazia diretta”, il futuro di emancipazione palingenetica, sin da quando il cancro populista ebbe la sua ri-consacrazione, per volontà delle classi dirigenti costituitesi intorno a Mani Pulite. Che Leoni Orsenigo sciorinasse il cappio dentro l’Aula, e La Russa festosamente esibisse le sue magliettine “Arrendetevi, siete circondati” per le vie adiacenti, fino allo show down delle monetine al Raphael, direttamente lanciate contro Craxi ma effettivamente a bersaglio del Parlamento, colpevole di “voto contro” quelle conventicole dirigenti, in nessun modo fu un padrinato di battesimo casuale.
Come in nessun modo è casuale che, da allora, la Sinistra ex Pci si diede a ripristinare le sue radici saloine.
Il M5S è prodotto di questa impostura di lungo periodo. E la Lega “seconda maniera”, e il PD della “ditta”, pure. La Magistratura “militante”, a presiedere questo schifo.
Ciò ricordato, era storicamente conseguente che, nel perdurante impero della Magistratura di Palamara, per circa trent’anni massiva distributrice di atti/olio di ricino, su qualsiasi istanza elettorale o che comunque sapesse di autonomia democratica, quanto era alacre spartitrice dell’enorme potere che da quell’avvelenamento costituzionale di massa le era venuto, sorgessero i Visitors della Libertà.
Che sorgesse un Gianroberto Casaleggio, a delirare di Rousseau e “democrazia delle piattaforme”; e il di lui successore, Davide, a scandire la sopravvenuta “superfluità del Parlamento”; e Salvini, ad arrotondare il suo vuoto politico accostando, agli altrui i propri rutti anti-parlamentari; e la rampante Meloni, facendo seguito alle antiche ostilità; e il PD, dandosi stabilmente all’esercizio della prostituzione ideale e culturale, e al connesso lenocinio di dignità politica, decenza democratica e credibilità umana e personale dei quattro tristi figuri che lo dirigono; e, infine, i vari Giuliano Ferrara e pensatori al seguito, ad alitare le loro cazzate sulla “romanizzazione dei barbari”, salmodiando il loro nichilismo pigro, e sterilizzato dalla loro stessa china bio-crepuscolare.
Ma più conseguente di tutte, era non l’affermazione di un affabulatore seriale, di un devoto del “copia incolla” procuratorio, con innesti di “taglia, manipola e incolla” come Marco Travaglio al ruolo di staraciano predominio dello “spirito pubblico”; poiché, ogni tumore ha le sue pustole.
Era, invece, assai più significativamente conseguente che, a riassumere il senso di questo scempio regressivo, trovassimo il “giornale dei giornali”, la “borghesia senza responsabilità”, da un secolo è più stretta al Corriere della Sera, e ai suoi avventurismi a buon rendere.
Infatti, oltre a rilanciare la notizia-manganello, pur’essa di fonte INPS, secondo cui “a fare la domanda sarebbero stati anche circa duemila politici locali”, scrive Gian Antonio Stella, l’Aedo dell’Anticasta (Magistratura-Nomenklatura, s’intende, rigorosamente esclusa), che la storia dei cinque parlamentari scrocconi “è una schifezza”: e che a costoro si dovrebbe provvedere con “Un sacchetto di ghiande, per placare il vorace appetito”.
Così offrendo un’immagine di iperbolica degradazione, a chiudere il cerchio dell’operazione.
I Parlamentari-Porci, sono icona che va oltre ogni possibile registro critico; e vengono così consegnati un imperativo immoralistico di degradazione materiale, spirituale ed istituzionali così clamoroso e violento, da trascendere le singole persone dei cinque, pure ricondotte alla loro reale dimensione e responsabilità con l’appropriato epiteto di “straccioni”; e finisce col risolversi in una accusa/condanna contro l’intera Istituzione parlamentare: il vero obiettivo di tanta indignazione a comando.
E in quanto viene dal Corriere, come in tutti i momenti chiave della storia unitaria, risuona come un legittimante liberi-tutti.
Il prossimo Referendum, pertanto, vorrà essere un pogrom contro il Parlamento: a coronamento di una lunga e cinica guerra mossa alla Costituzione del ‘48 appena caduti i Muri; e alla matrice anti autoritaria e antioligarchica tanto invisa a simili avvelenatori di pozzi democratici.
Bisognerà opporvisi con ogni forza, e con ogni mezzo. Loro sapevano dei consensi crescenti per il NO. E hanno agito.
Ora tocca ai liberi e ai forti. Come allora. Come sempre.