Il discorso di Donald Trump per la Festa d’Indipendenza a Mount Rushmore, così come il successivo pronunciato alla Casa Bianca il giorno dopo, non solo ha esacerbato divisioni e incomprensioni, ma era volutamente provocatorio e offensivo. Nel giorno in cui avremmo dovuto riflettere su come la nostra società possa incarnare meglio i valori positivi di giustizia e uguaglianza proclamati dalla nostra Dichiarazione di Indipendenza e sanciti dalla Costituzione, Trump ha scelto invece di presentare una denuncia infuocata di coloro che lottano per quegli stessi valori. Nel bel mezzo della pandemia da lui esacerbata, con un’economia in crisi, una disoccupazione esorbitante e i sondaggi che lo descrivono in declino, Trump ricorre al più vecchio trucco dell’autocrate: demonizzare i propri avversari. Democratici, liberali, marxisti, anarchici, rivoltosi violenti, e persino insegnanti sono assimilati in un calderone di accuse e insulti inverosimili.
Quelli che consumano solo informazioni di destra fornite da agenti politici che si presentano come giornalisti, probabilmente non hanno idea dei punti di forza spirituali e politici delle proteste dei BLM, del fatto che milioni di persone di ogni età, razza e provenienza etnica hanno marciato pacificamente contro il razzismo e per la giustizia sociale in migliaia di grandi e piccole città americane e in tutto il mondo. Non sanno che donne anziane su sedie a rotelle, genitori con passeggini, giovani che si tengono per mano, hanno marciato giorno dopo giorno, il più delle volte senza incidenti di sorta, e nello spirito dei valori rivoluzionari americani di libertà, giustizia e uguaglianza. No, dal presidente e dai suoi alleati hanno sentito parlare invece di folle violente intenzionate a radere al suolo la civiltà americana.
Avendo dedicato una vita allo studio della storia, sono sgomenta per le sfacciate manipolazioni di Trump e inorridita dal suo zelo reazionario. Trump riscrive spudoratamente la storia e gli eventi attuali per soddisfare i suoi fini politici miopi e auto-esaltanti. Invoca il concetto di uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione, ma non riconosce il razzismo e le disuguaglianze radicate che oggi ci dividono e da cui sono nate le proteste. Di fatto, non tenta di distinguere tra manifestanti, saccheggiatori e vandali. Non riconosce che alcuni dei peggiori danni (alle imprese e persino alle chiese e ai monumenti) sono stati causati da suprematisti bianchi e provocatori. Quel che più importa, Trump non riconosce la necessità di eliminare dagli spazi pubblici i simboli di sfruttamento e oppressione centenari. Al contrario, accusa i manifestanti di aver distrutto esclusivamente i monumenti dedicati ai nostri padri fondatori (e, no, non sono d’accordo con la rimozione delle statue di Washington e Lincoln).
Ma il più eclatante (e, naturalmente, intenzionale) errore del discorso di Trump è equiparare storia e monumenti. La rimozione di statue durante alcune delle proteste, che si sia d’accordo o meno con queste azioni (personalmente, preferisco la rimozione dei simboli razzisti a livello istituzionale, come è stato fatto con la bandiera confederata nel Mississippi), non fa parte di una “rivoluzione di sinistra per rinnegare i valori americani”. E’ invece una presa di posizione di cittadini che, a lungo ignorati, esigono ora il rispetto dei valori americani di uguaglianza e giustizia. Va da sé che non possiamo cancellare la storia rimuovendo le statue. Woodrow Wilson, il generale Lee e altri suprematisti bianchi continueranno a essere studiati e le loro idee verranno messe in contesto e insegnate a scuola. Ma non possono essere presentati come simboli dei valori americani per le generazioni future. Le loro statue oggi appartengono a un museo, non alla pubblica piazza.
Come storica e insegnante, sono stata particolarmente offesa dalla denigrazione dell’istruzione nel nostro paese. Tra le altre cose, Trump ha detto: “Il caos violento che abbiamo visto nelle nostre strade e città gestito dai democratici liberali in ogni caso è il risultato prevedibile di anni di estremo indottrinamento e parzialità nell’istruzione, giornalismo e altre istituzioni culturali. Contro ogni legge sociale e naturale, ai nostri figli viene insegnato a scuola a odiare il proprio paese e a credere che gli uomini e le donne che l’hanno costruito non fossero eroi, ma ribaldi.” Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità. Gli insegnanti, indipendentemente dalle loro inclinazioni politiche, incoraggiano in primo luogo gli studenti a fare ricerche, a porre domande e a giungere a una comprensione articolata della storia sulla base di documenti. Ogni insegnante, genitore e studente americano, che sa con quanta cura e rigore gli insegnanti presentino la loro materia, che sa quanto amino i loro studenti e quanto si preoccupino per il futuro della nostra nazione, dovrebbero essere indignati.

Con questo tentativo di riappropriazione dei valori e della storia americana, il discorso di Trump del 4 luglio può essere visto come un’ ulteriore e pericolosa apertura alla retorica fascista. Identificando i sostenitori di Trump come “americani” e i suoi critici come “bugiardi”, “feccia violenta”, e “totalitari” il discorso in effetti marca non solo gli avversari politici, ma qualsiasi libero pensatore (gli insegnanti) come non americano, non patriottico e, in definitiva, “de facto” nemico dello stato.
Se non riusciamo a vedere che l’obiettivo finale di Trump è quello di usare i suoi critici come capro espiatorio e suscitare risentimenti e odi di fazione; se non ci rendiamo conto che la sua retorica genera pericolosi conflitti sociali, finiremo per tradire i nostri principi fondanti e per mettere a repentaglio la nostra democrazia.
Sfortunatamente, a giudicare da esempi aneddotici, il discorso di Trump del 4 luglio è stato abbastanza ben accolto nella comunità italoamericana – troppi sembrano non riconoscere la sua natura insidiosamente antidemocratica. Questo non è di buon auspicio per il nostro futuro. Tuttavia, vorrei concludere con una nota positiva: spero ancora che possiamo trovare punti in comune su cui collaborare. Come riconosciuto da Biden nel suo discorso video del 4 luglio, oggi abbiamo l’opportunità di mantenere la promessa “che tutti gli uomini sono creati uguali” e di essere all’altezza delle parole che hanno fondato la nostra nazione. Ma dobbiamo riconoscere il razzismo che ci divide ancora e dobbiamo ascoltare le voci degli oppressi.