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April 30, 2020
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April 30, 2020
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“A chi tocca non s’ingrugna”: a CoVid-19 prediction

Maggio segnerà l’inizio di un lento ritorno alla normalità. Con conseguenze letali per alcuni di cui tutti e quindi nessuno ci prenderemo la responsabilità.

Luca PassanibyLuca Passani
Covid-19: no, non andrà tutto bene, non si tornerà come prima. Già, speriamo…

"Zero Distance: Summer 2020". By Flavio Bragaloni

Time: 5 mins read

Non amo fare quelle che gli americani chiamano prediction, una parola solo apparentemente facile da tradurre in italiano, visto che il significato si colloca da qualche parte tra previsione, profezia e auspicio. Troppo il rischio di cannarla e fare figuracce.

Eppure questa “predizione” è talmente semplice che faccio un’eccezione. L’Italia e il resto del mondo stanno per mettersi in marcia verso un lento ritorno alla normalità. Ci vorranno mesi, i danni da contare saranno tanti e, soprattutto, decine o anche centinaia di migliaia di persone ci lasceranno prematuramente. Ma le cose andranno così. Impossibile ipotizzare scenari diversi.

Fatti

I fatti sono che il CoVid 19 è un virus de puta madre, come direbbero gli spagnofoni. 

È contagiosissimo. Ammazza alcuni. Causa danni gravissimi e permanenti ad altri. Si comporta come una comune influenza con altri ancora. Non dà alcun sintomo alla categoria dei più fortunati, assicurandosi però di trasformarli in mezzi di trasporto pubblico per passare da una persona all’altra. Un vero infame ‘sto virus corona. Praticamente tutti i paesi ormai hanno rinunciato all’ambizione di contenerlo, ripiegando sulla strategia di “abbassare il picco” e permettere ai rispettivi servizi sanitari di salvare i salvabili.

È una situazione complessa. Se non si fosse bloccata (e ancora si bloccasse) la vita economica e sociale in tutto il pianeta, ci sarebbe stato un picco ancora peggiore di morti, soprattutto nella popolazione anziana e tra quelli affetti da altre malattie debilitanti (ma anche qualcuno giovane e sano, come purtroppo so per esperienza diretta).

Eppure, anche il lockdown non è privo di conseguenze. Sicuramente ha conseguenze per la salute fisica e mentale di milioni di persone (bambini compresi) costretti in ambienti angusti per mesi interi. Ma non solo: se decine di migliaia di aziende licenziano e chiudono, e milioni di persone perdono il lavoro, le conseguenze saranno impressionanti anche per loro. Se una ragazza madre della periferia di Atlanta perde il lavoro e i servizi sociali le tolgono il figlio, a chi attribuiamo il costo di un tale sconvolgimento nella vita dei due?

Gli avvocati difensori degli anziani li abbiamo sentiti, ma chi rappresenta gli interessi della madre georgiana e di suo figlio?

La mente umana ha bisogno di ricette semplici, come sappiamo. Pochi amano la complessità. Per questo si è creata una polarizzazione tra chi invoca la necessità di proseguire la quarantena e chi implora i governi di riaprire le attività economiche. Chi ha ragione?

Ovviamente nessuno e tutt’e due. Ci sono ottime ragioni per sostenere entrambi i punti di vista. Polarizzarsi su questa o quella narrazione porta a litigare e a dividersi, ma la soluzione facile semplicemente non c’è. È una situazione tremenda. There’s no easy way out, direbbero in USA. Comunque ti muovi, qualcuno ci perde. Il calcolo delle vite umane, operazione di per sé legittima, rischia di coprire d’infamia colui che si prenda l’onere di rendere noti ragionamenti così cinici su quanti muoiano per questa o quell’altra decisione intesa a modificare lo status quo.

Sono contento di non essere un politico e di non dover essere io a fare quei calcoli e a prendere quelle decisioni.

E i politici che fanno?

I politici sono esemplari umani interessanti. Per essere buoni amministratori devono essere i primi a fare i calcoli cinici di cui ho detto. Ma al tempo stesso, per prima cosa devono farsi eleggere. Per questo sono anche quelli che più di tutti devono dimostrare empatia e strabiliante sensibilità verso quel popolo che li ha scelti per amministrare. (Sembra una job description tagliata su misura per i sociopatici, ma non divaghiamo). 

Populisti dei due mondi: Donald Trump e Matteo Salvini. Entrambi hanno mostrato posizioni ondivaghe sul coronavirus col passare dei mesi (source: Twitter).

Ovviamente, nella caccia forsennata al consenso a cui il sistema li obbliga, volenti o nolenti i politici scelgono di cavalcare o l’una o l’altra “soluzione”, con non rari casi di politici populisti che si confondono e cambiano narrazione con cadenza settimanale a seconda dell’umore captato dalle loro antennine demagogiche (vi lascio con la curiosità di capire se parlo di Trump o di Salvini, o della Meloni, o di Di Maio, o di Conte stesso…).

Per il politico riaperturista il coronavirus è poco più di un’influenza e non si può che riaprire per salvare l’interesse delle aziende. Per quello quarantenista anche la difesa di una singola vita umana (specie se quella di un elettore o di elettrice) vince su tutto. Di nuovo: ognuno è portatore di valide ragioni da opporre ai buoni motivi dell’altra parte. Tracciare la linea tra il bene e il male? Non si può: è un gioco mortale. 

Cosa farei io se fossi un politico? Lo ammetto: farei quello che si sta già facendo: imporre un lockdown estenuante alla gente con la motivazione (sarebbe scorretto dire con la scusa) di salvare vite umane; attendere che il popolo estenuato esiga la riapertura sotto minaccia dell’impiccagione di premier e ministri sulla pubblica piazza; riaprire (a furor di popolo) cercando di dimostrare che lo si sta facendo con la massima cautela possibile. Fine.

Quando arriveranno puntuali i morti, chi ha preso la decisione potrà dire: noi volevamo tener chiuso, ma il popolo ha deciso diversamente: e chi siamo noi per dire di no al popolo? Non è colpa nostra.

Non è colpa nostra

Alla fine il discorso si riduce tutto a questo. Poter prendere provvedimenti che saranno letali per migliaia di persone dicendo “non è colpa nostra”. Fino ad oggi per i politici è stato facile imporre il lockdown. È bastato dire che ce l’hanno detto gli scienziati, ce l’ha detto l’OMS, ce l’ha detto la protezione civile, e ce l’ha detto l’Europa. Ma qual’autorità potrebbe mai prendersi l’onere di ordinare, o anche solo permettere, una riapertura? Adesso che dal lockdown dobbiamo uscire serve qualcosa di più: serve un “ce l’ha detto il popolo”.

Da un momento all’altro quell’ordine arriverà sufficientemente forte e chiaro. Il tempo passato in questo estenuante confino domestico gioca a sfavore di chi vorrebbe continuare la quarantena a oltranza. I costi di gestione delle attività economiche che non ripartano giocano a favore di chi vuole riaprire tutto il prima possibile.

Dott. Anthony Fauci, membro della task force del governo americano sul coronavirus.

Eccola quindi la mia predizione: preparatevi alla riapertura, graduale ma neanche troppo del paese, USA o Italia che sia. La gente ha fretta di ripartire per motivi che sarebbe scorretto non definire molto validi. Il vaccino non ci sarà ancora, ma i medici capiscono già un po’ di più sull’efficacia dei diversi trattamenti nei diversi stadi dell’infezione. Anche il sistema sanitario è più preparato di prima a fronteggiare la situazione. Questo non è poco. La stragrande maggioranza di noi ce la farà. Qualcuno ci lascerà le penne.

Un proverbio romano riassume questa situazione con una brutalità scorticante: a chi tocca ‘n se ’ngrugna, un detto che non rende in maniera altrettanto potente nella “traduzione” italiana: “non se ne abbiano a male coloro a cui la sorte sarà avversa”. 

Portate le mascherine, mantenete il distanziamento sociale e lavatevi spesso le mani. 

 

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Luca Passani

Luca Passani

Luca Passani è un informatico Italiano che vive in Virginia, vicino a Washington DC, dal 2011, dove lavora come Chief Technology Officer presso ScientiaMobile, Inc. Nato a Carrara, in Toscana, prima di arrivare in USA ha vissuto a Pisa, Trondheim, Oslo, Copenhagen e Roma, dove torna ogni estate. Si interessa un po' di tutto. Scrive "qual’è" apostrofato dal 31 Luglio 2018. Twitter: @luca_passani Luca Passani is an Italian software engineer who lives in Northern Virginia (DC metro area). He is the CTO of ScientiaMobile, Inc. Born in Carrara, Tuscany, before moving to the US in 2011, Luca lived in Pisa, Trondheim, Oslo, Copenhagen and Rome, where he goes back every summer. His interests span many different areas. Please make sure you tell him that he's good from time to time. It will keep him happy. You can follow Luca on Twitter at @luca_passani

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