La radio britannica che mi sveglia ogni mattina, storico sottofondo della mia modesta colazione, infrange la mia distrazione passando brevemente alle notizie dall’Italia. Colgo ai primi sorsi di caffè, ancora intontita, stralci di un annuncio della voce metallica del conduttore: «Italian far-right leader…», «… for illegally detaining migrants». Certo, il caso Gregoretti, simile al precedente caso Diciotti che però si concluse rapidamente e in modo indolore. Luglio 2019, centosedici immigrati a cui venne negato lo sbarco per quasi quattro giorni dall’allora ministro dell’Interno.
Oggi il Senato deciderà se mandare a processo Matteo Salvini (video sopra l’intervento al Senato dell’ex ministro degli Interni). La maggioranza, Pd e Cinque Stelle più LeU e Italia Viva, voterà a favore per l’autorizzazione a procedere; Forza Italia e Fratelli d’Italia sosterranno la Lega. Ma che sta succedendo al leader leghista? Chi ne segue da sempre le gesta sui social network, i noti post sopra le righe firmati Luca Morisi, avverte una quiete che, dopo mesi di baci ai salumi e tiramisù di mezzanotte, gite fuori porta e selfie con caprette, fa più clamore del caos a cui c’eravamo forse abituati senza volerlo. Le interazioni calano, la popolarità scema. Parte d’Italia che gli si era affidata ciecamente, ma ormai stanca di continui cambi di fronte, di promesse non mantenute, di slogan e hashtag pacchiani e inefficaci. Chi lo sa, poi, se quel citofono di Bologna gli è stato fatale, svelando la meschinità di gesti plateali e inopportuni che fino a quel momento avevano giovato alla sua immagine.
A poche ore dalla nomina a vicepresidente della regione Emilia-Romagna dell’italo-americana Elly Schlein, ex volontaria a Chicago per la campagna elettorale del 2008 di Barack Obama e specializzata in materia di immigrazione, la cui tempra ricorda sempre più l’astro nascente dem Alexandria Ocasio-Cortez dopo i risultati straordinari in lista Emilia-Romagna coraggiosa, le recenti sconfitta in terra rossa della Lega e non-vittoria in Calabria appaiono ancora più cocenti. Un eventuale processo per presunto sequestro di migranti, inoltre, non sembra più funzionale alle trame salviniane. Se in campagna elettorale il nemico porta consenso, e un eventuale voto in aula sarebbe stato vento in poppa, in settimane meno frenetiche la prospettiva di un processo non è rosea. Una condanna in primo grado, poi, impedirebbe a Salvini di presentarsi come candidato premier. Il futuro della Lega appare dunque incerto.
Umberto Bossi è pessimista. La sua Lega Nord non è più la Lega per Salvini. Le priorità del partito, da sempre orientato al nord e ora nazionalista, sono cambiate e per il padre fondatore per eccellenza non c’è più spazio. Per il senatur, sfiancato da mille acciacchi ma ancora difeso strenuamente dai nostalgici federalisti come Borghezio, il Prima gli italiani non ha pagato e non pagherà. E poi lo spettro di Giorgia, donna, madre e cristiana nel celebre tormentone di Youtube. La Meloni, abile nel prevedere i passi falsi dell’amico-nemico Salvini e coccolata dai media internazionali, cresce in popolarità. Cosa accadrà alla destra italiana nelle prossime settimane? In una nazione dal ribaltone facile, dal malcontento diffuso e dagli umori incerti è difficile fare previsioni e stime. Ma i piani del Matteo nazionale sono certamente confusi, come confusi sono ora milioni di elettori orfani di una guida solida.