Sono ormai quasi sette anni che, grazie al mio mandato parlamentare, ho l’opportunità di incontrare le tantissime Comunità locali di italiani del Nord e Centro America. Ogni volta è una differente “sfumatura di italianità”, sempre avvolgente e calda, vissuta nella loro quotidianità e con un unico comune denominatore: l’attaccamento all’Italia.
Un sentimento vero, profondo, che mi porta a considerare che ho trovato più Italia all’estero che a Roma. Per questo il mio dovere di rappresentare, in Parlamento, le istanze di queste Comunità, di questi concittadini che chiedono semplicemente più attenzione e servizi adeguati, non è un obbligo ma una missione. Una necessità, per tutti gli italiani all’estero, ovvero che l’Italia si ricordi, costantemente, che ci siamo, chi siamo e cosa possiamo apportare se giustamente integrati e considerati.
È quindi naturale la mia esigenza di rendermi utile verso questi concittadini e, quindi, verso queste comunità che, grazie all’aggregazione, portano l’Italia nei cinque continenti e là, la mantengono viva.
Sono stata tra gli italiani residenti negli Stati Uniti: quelli della costa orientale e quelli della costa occidentale; quelli degli Stati del Sud ma anche tra quelli degli Stati interni, che sono Comunità meno numerose ma molto attive. In tutte queste realtà mi sono sentita a casa e fiera di essere italiana. Ho goduto delle radici che, nel mantenere vive le diverse tradizioni, connotano quel meraviglioso arcobaleno di dialetti, sapori e colori che solo la nostra cultura può rappresentare nel mondo.
Ho visitato le Comunità del Canada, sia quelle anglofone che francofone, ed anche qui sono rimasta colpita da quanto gli italiani si siano fatti apprezzare all’estero: un onore ed un vanto per il nostro Paese. Comunità belle che tengono alto il Tricolore. ??
Sono stata in Centro America. Sono cambiati i panorami, le dimensioni dei Paesi che ospitano le nostre comunità, ma anche qui sempre orgogliosa di quanto siamo in grado di distinguerci, positivamente, anche grazie al nostro essere italiani.
Poi torno a Roma, nella “Casa di tutti gli italiani” e devo prendere atto di quanto tutto questo sia, anche politicamente, sconosciuto ai più.
Io ce l’ho messa tutta e mi sto impegnando ancora con tutte le mie forze per far comprendere, in Parlamento, quale sia l’enorme risorsa che i nostri connazionali, residenti all’estero, rappresentano per il Paese, per la sua cultura e per la crescita di una economia ormai stagnante. Vanno solo riconosciuti anche attraverso adeguate politiche dell’emigrazione.
Confesso la complessità di essere, al medesimo tempo, in mezzo a tutte queste realtà, lavorando costantemente in Parlamento per cercare di inserire, nei singoli provvedimenti legislativi, quanto sia utile ed indispensabile per garantire, a quel 10% di cittadini che vivono fuori dai confini nazionali, la pienezza dei diritti di cittadinanza.
Come dicevo, però, una missione che affronto con piacere, orgoglio e spirito di servizio – questo deve essere il ruolo di ogni rappresentante del popolo – in favore di coloro che, per le più svariate ragioni, sono spesso stati costretti a vivere lontani dal proprio Paese di origine.
Questo configura una necessaria e costante interlocuzione con il maggior numero di residenti in un territorio molto vasto che se è già non così facile da realizzare oggi, figuriamoci quando entrerà in vigore la riforma costituzionale che prevede il taglio degli eletti all’estero con un rapporto eletto elettore inconciliabile con i criteri della democrazia rappresentativa.
Infatti, a meno che un referendum non blocchi questa riforma, i deputati eletti all’estero passeranno dagli attuali 12 a 8 e, in Nord e Centro America, da 2 a 1, rappresentando ciascun eletto 700 mila iscritti AIRE. I senatori passeranno dagli attuali 6 a 4 e ciascun senatore rappresenterà oltre 1 milione e 400 mila iscritti AIRE. Poi, se come sento dire, nella nostra Ripartizione entrerà a far parte anche l’Oceania e l’Africa, rischiamo di scadere del ridicolo, cancellando, di fatto, il significato della parola democrazia.
Tutto questo ad oggi, senza considerare, quindi, che la base elettorale è in continua crescita, dato il costante aumento dei flussi di emigrazione dall’Italia verso l’estero. Immaginate un domani dove l’oggi è complesso ed il futuro impossibile.
Quale rappresentanza ?
Quale capacità di ascolto ?
E come potrà, un rappresentante, conciliare gli incontri nel territorio con i lavori parlamentari ?
Quando potrà lavorare – io, spesso, la faccio in aereo, durante gli spostamenti – ai disegni di legge, le modifiche, le proposte … . Anche se volesse, come faccio io, usare le sue vacanze e pause di lavoro per visitare la maggior parte delle meravigliose comunità come sarà possibile con un territorio così ampio ?
Da qui la necessaria ed improcrastinabile riflessione, seria e condivisa, sulla rappresentanza estera come, del resto, avevo chiesto, proponendo di stralciare la Circoscrizione estera dalla riforma. Ma nulla, il Governo Conte, sia quello a maggioranza giallo-verde che il secondo a maggioranza rosso-gialla, è stato completamente sordo, mostrando scarsa considerazione per le questioni degli italiani all’estero oltre che una manifesta ignoranza su questo tema che tocca milioni di persone, la loro vita ed il loro futuro (oltre quello del nostro Paese).
Avevo, addirittura presentato un disegno di legge per istituire la Commissione bicamerale per gli italiani all’estero, proprio con l’obiettivo di riflettere su come riformare la Circoscrizione estera, ma anche qui, nessun segnale da parte del governo. Infatti nessuna delle due proposte, la mia e quella del sen. Fantetti sono state mai discusse in Parlamento !
Ed allora, siamo seri: se, di fatto, la rappresentanza parlamentare dall’estero non interessa, che siano almeno intellettualmente onesti e calino la maschera !
Il Governo abbia, dunque, il coraggio di abolire gli eletti all’estero e di far votare gli iscritti AIRE per i candidati presenti nelle liste elettorali dei luoghi di origine. Potenzi le rappresentanze del Comites e del CGIE che, alla fine, sono coloro che conoscono bene il territorio e, con le risorse risparmiate dall’abolizione degli eletti all’estero, organizzi un sistema realmente democratico per includere questo 10% di cittadini che nonostante “la colpa” (per alcuni), di vivere all’estero, apportano, in differenti modi, alla madre Patria.
Non ci possiamo definire un Paese democratico se continuiamo ad avere cittadini di “serie B”.