Il neoministro degli Esteri, Di Maio, oggi ha dichiarato: “Fidarsi del Pd? La prima prova sarà il taglio dei parlamentari”. E’ una disposizione, questa della macelleria istituzionale, che è ben nota nel Capo Politico del M5S.
Anzi, nel vuoto costitutivo originario di questo teppismo politico, ormai benedetto anche da fior di sapienti, da nugoli di machiavellologi che non trovereste nemmeno nella migliore terrazza stirnerian-sorrentiniana, l’attitudine cannibalesca verso qualsiasi forma di vita, di intelligenza, di conoscenza, di moralità, è essa stessa sostanza, causa prima e ultima della sua esistenza.
Come avrebbero fatto, se no, ad inglobare la emulazione salviniana, a sostenerla, a nutrirla, a giustificarla, se avessero avuto, Di Maio e il M5S, anche un briciolo di umanità, di sensatezza?
Pertanto, nessuno stupore se la lama del boia torna a volteggiare.
D’altra parte, la macellazione prelude alla cucina, in ogni campo metaforico, oltre che nel suo proprio; sicché, pare sinistramente armonioso, cupamente tangibile, che se ne sia fatta di nuovo menzione in vista delle elezioni regionali in Umbria.
Ma non intendo ora soffermarmi sul piano corrente delle nostre disgrazie: o, per lo meno, non solo su questo.
Piuttosto, su un’eco, su una rifrazione della memoria.
Dopo il passaggio sul “bivacco di manipoli”, un Deputato socialista, Giuseppe Emanuele Modigliani, si alzò, e interrompendo per un attimo quel discorso, gridò: “Viva il Parlamento”.
Così, semplicemente.
Dopo qualche mese, fu dichiarato decaduto, come era nella logica di simili vortici politico-istituzionali, e poi andò in esilio. Fece però in tempo, essendo avvocato, a rappresentare la parte civile nel Processo per l’omicidio Matteotti. Dopo, un anno prima di morire, potè essere eletto all’Assemblea Costituente: e fu una sorta di gratitudine, che la vita in fine riuscì a manifestargli.
Talvolta, non si può agire, ma si può almeno offrire un segno, perché ne resti traccia: perché nella nube di equivoci, mezzi servi, interi farabutti, aspiranti statisti, in cui sempre più stiamo avviluppando anche il nostro attuale corso politico e democratico, si sappia qual è la strada che stiamo abbandonando, e quale quella che si sta aprendo sotto il nostro stesso irresponsabile peso.
Sì, certo, sappiamo: adesso sta suscitando una qualche credulità la tesi del Patto Taumaturgo, che, come i Re con la scròfola, al solo tocco, si ritiene sia capace di emendare, di detergere, se non di guarire, ogni sorta di piaga civile e politica.
Ma le piaghe hanno un nome: e si chiamano Decreti Sicurezza, Legge cd Spazzacorrotti, Reddito di Cittadinanza, Quota Cento, Separazione dei Poteri, a tacer d’altro.
E la prima è stata già dichiarata intangibile dallo stesso Di Maio; la seconda, addirittura, è tutt’uno col riconfermato Ministro della Giustizia Bonafede; la terza e la quarta, sono state assunte in proprio anche dal neoministro dell’Economia Roberto Gualtieri.
Ce n’è poi una quinta: che è sembrata lenita da un residuo sussulto di dignità, nella recente occasione del voto sulla richiesta di autorizzazione all’arresto per l’On. Davide Sozzani, di Forza Italia; tuttavia, nonostante riguardasse una somma di 10 mila euro, che l’accusato non ha mai ricevuto, e di cui si sarebbe parlato un anno fa, dunque, nonostante il caso si presentasse di là da ogni plausibile urgenza cautelare (o periculum in mora, come dicono i dotti), questo voto è stato tanto diffusamente criticato, che la piaga tale è, e tale, ragionevolmente (o, irragionevolmente, in effetti), è destinata a rimanere.
Peraltro, a fugare ogni dubbio sulla direttrice di marcia (certe parole possiedono un innato magnetismo veritativo), se mai ce ne fosse bisogno, il Capogruppo alla Camera del M5S, Francesco D’Uva, ha dichiarato: “La Camera ha impedito ai magistrati di fare il loro lavoro”.
Sicché, anche la quinta, piaga era, e piaga resta.
Perciò, siamo di nuovo in una fase di paludoso declino democratico: conclamato, rivendicato, applaudito.
Per inciso, Salvini&Friends (la radiografia dei sondaggi è impietosa), sentitamente ringraziano, per la concorrenza culturalmente, politicamente, leale: lealissima.
Eppure, qualcuno, fra i vari “concorrenti esterni” nel M5S: i suddetti machiavellologi, i presenti alleati del “campo socialista”, nelle vecchie come nelle nuove formulazioni, potrebbero rispondere a tono, a quel ghigno intimidatorio con cui il Ministro Di Maio ama farsi ritrarre (“Va fatto nelle prime due settimane di ottobre”), anziché genuflettersi, senza nemmeno un accenno di rossore: “Abbiamo dato la nostra parola e si farà, non si discute”, riportano le agenzie, sul conto del PD.
Una parola forte, limpida, quale allora fu il segno, la traccia di una voce libera, potrebbero pure lasciarla, se volessero.
Come fece l’On. Modigliani. Ma lui era un’antifascista.