Per cogliere quanto sia pretestuosa la nuova legge sulla legittima-difesa-sempre-legittima, sarà sufficiente soffermarsi su un dato: nel 2017 (ultimo anno per cui sono disponibili rilievi ISTAT), in Italia, sono stati commessi 368 omicidi volontari: 16, cioè il 4.2%, a scopo di furto o di rapina; ma, di questi, ben 123 hanno visto quale vittima una donna, cioè, il 33,4%. Il rapporto fra vittime di un omicidio a scopo patrimoniale, e quello su una donna, è di 1 a 8.
Bene. Ora immaginiamo una nuova norma così congegnata: “Se un uomo aggredisce una donna, e la donna uccide l’uomo, la donna non è punibile”. Sempre. A prescindere da ogni specie di relazione fra “uomo aggredisce” e “donna uccide l’uomo”.
A parte l’irragionevole disparità di genere, che esporrebbe a pena invece la donna che, aggredita, uccidesse un’altra donna, vi sarebbero ulteriori “vuoti di relazione”.
Relazione di tempo, in primo luogo: se l’aggressione ha luogo in un certo giorno, e l’uccisione segue dopo una settimana, questa relazione va considerata, e come? Non ne sapremmo nulla.
Relazione di luogo, in secondo luogo. Se l’aggressione avesse corso in una pubblica piazza affollata, e fosse possibile invocare aiuto, o darsi agevolmente alla fuga, simile circostanza avrebbe rilievo? Ancora niente di niente.
Relazione di modo, in terzo luogo: se l’aggressione è verbale, sarebbe questo un modo da tenere in considerazione? Ne sapremo ancora di meno, di fronte ad una norma così fatta.
Relazione di misura, infine. Se l’aggressione colpisce la donna, ma non la finisce, e invece l’uccisione finisce l’uomo, questa asimmetria, andrebbe considerata? Come sopra: quella norma non avrebbe scrupoli, per così dire. Uccidi. E basta.
La relazione di tempo esemplifica l’ “attualità del pericolo”; quella di luogo, la “necessità della reazione”; quella di modo e di misura, la “proporzione fra aggressione e reazione”.
Nessun osservatore che abbia a cuore le ragioni di una donna aggredita, tuttavia, si spingerebbe a proporre una norma di questa specie. Perché non sarebbe una norma, ma una bomba sociale.
La Legge appena approvata, sul terreno dell’aggressione domiciliare, sopprime esattamente tutte quelle relazioni fra quell’ “aggredisce” e quell’ “uccide”. Solo che, anziché essere una norma ipotetica, è ormai Legge dello stato. Una legge-bomba. Rende “Casa mia” il regno della dismisura, della sproporzione.
“Casa mia”. Immagine potente, immagine espansiva.
Potrà essere dichiarata costituzionalmente illegittima. Potrà essere variamente interpretata, ma questa norma, intanto, dice una cosa: uccidi, e poi si vede.
Fissiamola meglio questa parola: uccidi.
E consideriamo che l’ipotesi di una smaccata diseguaglianza di genere, ha la stessa impossibilità/possibilità di un’altrettanto smaccata disparità di confessione religiosa, o di razza. Fantadiritto, vorremmo poter dire. Ma non ne siamo più sicuri.
Il punto, infatti, è proprio questo.
Perché oggi si occhieggia a confini oscuri: che a fatica abbiamo superato nel Secondo Dopoguerra mondiale; e che, però, si rievocano con parola obliqua e cupa; e si nicchia sinistramente verso la paura, e la si solletica, la si palpa sconciamente a beneficio di immondi godimenti.
Quello che oggi è possibile, di cui si discute come di cosa fra le altre, in una formula: “Noi e l’Altro”, invece, a ben guardare, e per il solo fatto che se ne discuta, costituisce una svolta, uno smottamento: di cui è certa l’origine, ma imprevedibile lo svolgimento reale. O, forse, e purtroppo, è prevedibile.
Le norme giuridiche, infatti, specialmente quelle penali, hanno due piani di azione. Uno è quello immediato. Su cui avremo il tempestoso andamento già delineato.
Ma poi ce n’è uno mediato, più sotterraneo, nel quale la norma non regola, ma allude; non tocca le condotte, ma soffia sui pensieri, sui sentimenti, sulle passioni. E resiste, per questo, anche alle abrogazioni, alle emendazioni. E deforma, corrode, avvelena.
Questo piano è quello più scivoloso, più sconfinato, più incontrollato, e più aperto alle nostre regressioni, ai nostri spiriti animali, alla viltà sanguinosa e inumana di chi, individuo o società (ma la società si compone di individui), non vuole più una società politica in cui si uccida se necessario: ma dove sia necessario uccidere.

Dunque: “Casa mia”. Ma anche “aggressione”; “reazione”; “necessità”; “proporzione”; “pericolo attuale” sono parole ampie, potenti. Sono parole-perimetro. Sono parole-metodo. Sono parole assolute.
Secondo voi, come può essere avvenuto che, in una nazione civile come la Germania, si è arrivati a scrivere un libro, il cui ultimo capitolo fu intitolato: “La legittima difesa è un diritto”?.
Agendo sotterraneamente: sulle paure, sui sentimenti, sulle passioni. Con le semine velenose, con le allusioni corrosive, con le norme deformi. Ecco come è avvenuto.