“La prima cosa che farei è ripristinare ciò che è andato perso: l’integrità e la compassione di questo Paese”. Così la senatrice democratica dello stato di New York Kirsten Gillibrand, in occasione dell’annuncio della sua discesa in campo nelle primarie dem in vista delle presidenziali 2020, ha sintetizzato la priorità del suo impegno politico. Durante un’apparizione al noto programma “The Late Show With Stephen Colbert”, Gillibrand ha infatti confermato che sta formando una commissione esplorativa per raccogliere fondi e viaggiare in lungo e in largo nel Paese per lanciare la sua campagna. Un annuncio che ha già reso le prossime primarie in qualche modo storiche: perché è la prima volta che due donne (la prima ad annunciarlo è stata Elizabeth Warren) si contendono la nomina del proprio partito. Senza contare che la rappresentanza femminile in campo dem potrebbe diventare persino più affollata: altre due papabili candidate in gonnella sono infatti la senatrice californiana Kamala Harris e quella del Minnesota Amy Klobuchar.
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Gillibrand, 52 anni, nata ad Albany, è stata una delle più affilate critiche dell’amministrazione Trump negli ultimi due anni. La senatrice si è opposta a quasi tutte le principali nomine, e ha più volte parlato della necessità di ripristinare la “bussola morale” del Paese. Ma viene anche considerata una “paladina” dei diritti delle donne, una definizione divenuta in realtà per lei un’arma a doppio taglio. Nel 2017, Gillibrand fu infatti in prima linea nel chiedere le dimissioni del senatore del Minnesota Al Franken, accusato da più donne di “cattiva condotta” dal punto di vista sessuale. Ma la campagna della senatrice non fu sostenuta da tutti: alcuni attivisti e donatori democratici non apprezzarono il fatto che Al Franken fosse stato costretto a dimettersi, mentre il Presidente in persona – anche lui obiettivo di ben più gravi accuse da parte di molte donne – restava ben saldo nell’Ufficio Ovale. Gillibrand ha anche sostenuto a posteriori che Bill Clinton, a seguito dello scandalo sessuale che lo portò all’impeachment, avrebbe dovuto rassegnare le sue dimissioni. Una posizione maturata dalla senatrice nonostante proprio i Clinton l’abbiano sostenuta agli inizi della sua carriera politica.
L’immagine della Gillibrand, però, dal punto di vista politico non è del tutto nitida. Rispetto a una Warren che, pur non popolarissima, sembra avere le idee piuttosto chiare, c’è invece chi ricorda i diversi cambi di rotta della neo-candidata di New York: dagli inizi pro-armi piuttosto conservatori, con saldi legami a Wall Street, all’esito liberale anti-armi, addirittura contrario ai finanziamenti provenienti da soggetti che rappresentino interessi aziendali.
Per ora, Gillibrand non è data particolarmente favorita dai sondaggi. Eppure, secondo il New York Times è vista come una candidata temibile, anche perché particolarmente abile nel raccogliere fondi. E se mai venisse eletta, a suo dire metterebbe innanzitutto democratici e repubblicani intorno a un tavolo per il bene degli Stati Uniti. “Vorrei riunire le persone per iniziare a fare le cose”, ha detto. “Se vuoi che l’assistenza sanitaria sia fatta, devi portare democratici e repubblicani al tavolo, sulla base dei valori condivisi di questo Paese”.
Ma quante chance hanno le due candidate del North East di vincere? Ad oggi, non si può definire né Warren né Gillibrand politiche particolarmente conosciute e popolari a livello nazionale. Secondo un recente sondaggio della CNN, un terzo dei democratici si dichiara non in grado di formarsi un’opinione a proposito di Warren. Lo stesso esito ha dato un sondaggio della Quinnipiac University sulla rivale di New York appena scesa in campo. Al contempo, almeno il 90% degli elettori democratici dichiara di avere un’opinione per gli altri due candidati dati per favoriti, l’ex vicepresidente Joe Biden e il senatore indipendente del Vermont Bernie Sanders.
Bisogna però considerare il ruolo delle elettrici democratiche, e il nuovo trend, delineatosi a partire dalle elezioni di Midterm, al femminile che si è affermato al Congresso. Oltre la metà delle donne democratiche che si sono candidate alle primarie hanno poi vinto nel 2018. E secondo un sondaggio di CBS News del 2015, chi aveva votato per Clinton alle primarie lo aveva fatto soprattutto perché “è il momento di una donna presidente”. Certo: questa è un’arma a doppio taglio, e d’altra parte potrebbe annidarsi proprio qui la ragione per cui l’ex First Lady, alla fine, sia fatta sfuggire il bottino più grosso. Non basta essere donna per conquistare il cuore degli americani. Eppure, come suggerisce la CNN, diversi segnali fanno pensare che i democratici desidererebbero votare per una donna. Questo, indubbiamente, è già un inizio: starà poi alle candidate in campo convincerli che sostenerle sarà la scelta giusta, al di là delle questioni di genere.