Altro che cinque stelle sopra di noi: qui siamo ai fuochi d’artificio senza soluzione di continuità. Ogni giorno Giggino ne spara più d’uno. Le buone intenzioni sono palesi: vuole illuminarci tutto l’anno. E noi ce ne rallegriamo immediatamente ma, come i lampi artificiali scompaiono, si spengono pure i nostri sogni e si infittisce il buio dei problemi in questo Paese.
Quando andavo alle elementari mi insegnarono la storia emblematica della contadinella Matilde che va al mercato con la caciottina sulla testa da vendere. Cammina cammina, pensa a tutto quello che farà e comprerà con il ricavato della vendita della caciottina. Ma è talmente nelle nuvole che non si accorge che c’è un avvallamento nel terreno: cade e con lei tutti i suoi sogni. Ugualmente mettere troppa carne sul fuoco, come il governo che non sa più cosa cucinare per farci contenti, rende ogni giorno i bocconi sempre più stopposi da buttar giù.
Temiamo che metafore e similitudini, per acquisire un pensiero analogico onde affrontare la vita, non venissero insegnate alla scuola di Giggino. Pertanto, poverino, non sa che pesci pigliare, considerato che la carne si sta carbonizzando.
Giovedì mattina, 6 dicembre, ecco l’ultima illuminante idea: l’ecotassa alle auto, mentre facilitazioni per chi acquista auto elettriche. La vice ministra al ministero dell’Economia, Laura Castelli, sentenzia: “Nel contratto di governo c’è scritto: chi inquina, paga”.

Principio giusto; tuttavia sorge più di un problemino a disfarsi dell’auto a benzina o a diesel: crollo dell’usato, mancanza di stazioni di ricarica elettrica, e soprattutto le auto elettriche sono carissime, nonostante il contributo statale; chi se le può permettere? Giovedì pomeriggio la Castelli rettifica: “Non saranno colpite le persone meno abbienti”. Venerdì mattina, alla trasmissione 24 Mattino di Radio 24, Di Maio chiarisce: “Non metteremo nessuna tassa sull’auto per portare i figli a scuola”.
Bene, anzi male perché non si capisce niente. E per andare al lavoro? Lor signori capiscono quello che dicono? O guidano il governo a fari spenti nel buio pesto? La Castelli si rende conto che sulla strada non ci sono castelli di carta, da fare e disfare giocando, e quando vi si sbatte sono dolori? Come al solito, è corso in aiuto il prode Conte: “Ci sarà un supplemento di riflessione”.
La parola ‘supplemento’ mi fa venire in mente la pizza e gli anni 1973/4 dell’austerity, quando anche la pizza era sguarnita, perciò ordinavo “una pizza margherita con supplemento di mozzarella”. Una domenica si andava in auto e una a piedi a causa delle disposizioni di contenimento del consumo energetico, dovute all’embargo dei paesi arabi. Tre anni dopo la minaccia del compromesso storico: la posta in gioco non era preservare castelli di carta, ma la libertà. La Democrazia cristiana, che con i suoi governi ci aveva portati a remengo, si inventò lo slogan vincente: “Alcuni anni buoni e altri meno buoni, ma tutti in libertà”. Votò Dc perfino mia madre che era fascista. Pedibus calcantibus, ci salvammo.
Nella stessa trasmissione, il vice premier afferma: “Prima di tutto, dobbiamo portare a casa le semplificazioni”. Al che l’intervistatrice Morgana, nom de plume, lo incalza: “Prima di tutto, dovete portare a casa la manovra”. E’ vero, mica basta la patente di guida; si dovrebbe rilasciare una speciale patente a chi vuole fare politica, per non portarci a sbattere. Il povero Giggino, pur sottrattosi agli esami universitari, è costantemente sotto esame da parte dei giornalisti. Che dovrebbe ringraziare, perché con le loro domande gli permettono di aggiustare la guida verso il baratro. E gli consigliamo di evitare la frase: “Stiamo studiando…”: vivaddio, abbiamo tutti sudato sui libri prima di ricoprire un qualsiasi incarico. Davvero siamo indignati che lui dica di farlo dopo.
L’ultima domanda è sui rapporti con suo padre. Risposta: “Quando ho visto mio padre in video che chiedeva scusa, ho pensato: è il padre di un grillino. Perché i padri dei governanti Pd, che hanno mandato sul lastrico i risparmiatori, non hanno chiesto scusa”.
A noi non interessano le scuse dei padri della Boschi o di Di Maio, è un fatto privato: non ha rilevanza giuridica. E non serve essere laureati per capirlo. La responsabilità di Luigi Di Maio come socio di una società s.r.l. permane, com’è per tutti i comuni mortali che vengono perseguitati dalla legge nelle sedi giudiziarie e tributarie, fino a perdere casa, lavoro, stipendio, talvolta perfino la vita manu propria. Com’è che Di Maio è ancora al suo posto? E’ Dio?
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