Due opzioni sul tavolo: ma se decidete per la seconda, sappiate che ve ne assumete piena responsabilità.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di contro alle aspettative, ancora una volta rimette la decisione a loro. Alle forze politiche. “Responsabilità” è la parola che più ha utilizzato in questi mesi di stallo, e che torna a scandire i toni e gli intenti del più atteso discorso del capo dello Stato, quello che serve a tirare le somme nell’ultimo giorno di consultazioni.
Certificata l’impossibilità di formare una maggioranza a oltre sessanta giorni dal voto del 4 marzo, ringrazia anzitutto il premier uscente Paolo Gentiloni per il lavoro svolto, ma dichiara esaurita la funzione del suo governo: è doveroso un nuovo esecutivo, con pienezza di funzioni, che sia “neutrale” e “di servizio”, che abbia “titolo pieno per rappresentare l’Italia nelle imminenti decisioni” e negli impegni istituzionali in Europa: cita il bilancio, gli immigrati, la moneta unica. E sottolinea che è nelle sue intenzioni dar vita a un “governo di garanzia che si impegni a non candidarsi alle future elezioni”.

Un esecutivo necessario che, se dovesse ottenere la fiducia della maggioranza dei parlamentari, non si spingerebbe comunque oltre il 31 dicembre, data utile per mettere in sicurezza i conti dello Stato e per portare al voto gli italiani nei primi mesi del 2019. E che in caso di raggiungimento di un accordo fra i partiti, nondimeno, si potrebbe dimettere ben prima, precisa Mattarella. Questa la strada più ragionevole da percorrere secondo il capo dello Stato.
Qualora invece il Parlamento decidesse di non votare la fiducia al governo neutrale, l’altra ipotesi in campo sarebbe quella di tornare subito al voto. Ma rispetto alla prospettiva di indire nuove elezioni già in estate o in autunno Mattarella si è detto preoccupato: preoccupato “che non vi sia tempo per approvare dopo il voto la legge di Bilancio entro fine anno, con l’aumento dell’Iva e con gli effetti recessivi che questa tassa comporterebbe e il rischio di esporre la situazione finanziaria”.
“Mi auguro che dalle forze politiche arrivi una risposta positiva nel senso di assunzione di responsabilità nell’interesse dell’Italia” ha concluso Mattarella, precisando come “in caso contrario sarebbe la prima volta nella storia della Repubblica che una legislatura si conclude senza essere neanche avviata. La prima volta che il voto popolare non viene utilizzato e non produce alcun effetto. Scelgano i partiti, in Parlamento, tra queste soluzioni alternative: dare pienezza di funzioni a un governo neutrale ma pienamente in carica fino a fine anno o nuove elezioni subito”.
Una manciata di secondi dopo, via social network, arrivano le reazioni – tutte allineate e negative – delle principali forze politiche in campo: M5s e Lega in primis. Di Maio stringato, in un tweet, Salvini un po’ più prolisso via Facebook, dove nel pomeriggio si era anche dilungato in una diretta. No a un governo “neutrale” che di neutrale non ha niente, è la sostanza dei loro commenti. Per il leader dei 5Stelle “neutrale” è sinonimo di tecnico, Alessandro Di Battista utilizza toni decisamente più pesanti. Per il leader leghista “serve un governo coraggioso, determinato e libero, che difenda in Europa il principio PRIMA GLI ITALIANI, che difenda lavoro e confini, altro che governino per tirare a campare”. Anche Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, dice no alla soluzione prospettata da Mattarella e lo chiarisce con un post corredato da una foto dell’intervento del presidente della Repubblica.

L’unico ad accogliere la proposta e il richiamo alla responsabilità del capo dello Stato è il Partito Democratico, nelle parole del suo reggente Maurizio Martina.
Salvini auspica che Berlusconi “mantenga la parola data” e così avviene: Forza Italia, in un comunicato, fa sapere che rispetterà gli impegni presi con gli alleati: si vada al voto, ma almeno si attenda l’autunno, dicono.
Salvini e Di Maio, invece, già di buon mattino si erano accordati per una data ben precisa, la prima utile secondo i loro calcoli: domenica 8 luglio. Che però, alla luce del discorso di Mattarella e dei tempi tecnici necessari – nell’ordine – a presentare la nuova squadra di “governo neutrale” scelta dal presidente, far riunire le camere, votare la sfiducia, sciogliere le camere e indire nuove elezioni, slitterebbe. Un regolamento della legge per il voto degli italiani all’estero fissa in 60 i giorni necessari, a causa degli adempimenti relativi al voto per corrispondenza. La data più realistica, qualora si decidesse di accelerare la nuova corsa alle urne, sarebbe così il 22 luglio.
Vale a dire in piena estate. Vale a dire un consistente numero di italiani in ferie. Vale a dire voto con la stessa legge elettorale. Con il rischio concreto che, a urne chiuse, il Paese si trovi davanti a una nuova condizione di ingovernabilità. Sebbene negli ultimi sondaggi sulle intenzioni di voto degli italiani, la Lega di Salvini guadagni diversi punti, il quadro generale (per i restanti partiti) non si discosterebbe poi molto da quello del 4 marzo. Almeno stando alle proiezioni di oggi.
Mentre tra domani e mercoledì si attende che il Quirinale faccia il nome del misterioso mister X, personalità istituzionale di garanzia che possa ricoprire il ruolo di premier del “governo neutrale” che Mattarella proverà a formare, la campagna elettorale dei due principali schieramenti in campo parrebbe essere già iniziata.