“In una democrazia parlamentare non puoi dire: venite tutti qua. Perché non sei il sole intorno al quale girano i partiti. I 5 Stelle è un partito di centro che non fa il suo dovere perché non organizza il traffico”. Parola di Pierluigi Bersani alla trasmissione Di Martedì su La Sette, il 21 marzo scorso. Massimo Franco, editorialista del Corriere della Sera ha sottolineato: “Ci vuole un gran bagno di realtà (umiltà): nessuno ha preso il 40 per cento”. E Massimo Giannini di Repubblica: “Voi di Liberi e Uguali avete raggiunto una percentuale di poco superiore al 3 per cento. Siete stati concepiti come l’establishment. Bersani, lei aveva detto che andava nel bosco a riprendersi la sua gente… O non c’era il bosco o non c’era la sua gente”. “Nel bosco io ci sono stato. Siamo solo al primo tempo del film: non pensiamo che qui si sia stabilizzato il bipolarismo”. Giannini chiosa: “Bisogna trovare un leader”. Bersani, sprezzante del ridicolo: “Oh, ragazzi, volevano me…”
Come scrivevo la settimana scorsa, nessuno è in grado di sceneggiare questo film che non ha nemmeno un titolo. Eppure tutti si sentono già il protagonista principale.
C’era una volta un sistema solare. Non so da quanto tempo però il sistema si era inceppato, non si moveva più motu proprio, ma bisognava girare la manovella e ciò era molto faticoso per il Sole di turno che riteneva di essere l’unico dio e non dover fare alcuna fatica. Convocò allora tutti i pianeti intimando loro di girargli intorno riverendolo e di portargli doni. Nessuno però ne voleva sapere. Tutti dicevano di essere a lui superiori e che non avrebbero di certo fatto atto di sudditanza.
Saturno disse: “Io sono qui dalla notte dei tempi e nessuno ha mai lavorato quanto me. La mia è stata l’età dell’oro”. Solo che era così vecchio che le nuove generazioni non gli credevano perché non avevano mai visto un pezzo d’oro. Si fece avanti Plutone: “Il mio nome significa ricco: quando io regnavo nessuno moriva di fame”. Anche questa era un’affermazione assurda per quei giovani affamati che risero: “Com’è allora che sei morto?” “Io sono un dio, non posso morire”, replicò Plutone. “Tu sei dove non puoi tornare” ghignarono i giovani.
Sopraggiunse Nettuno: “Il regno era mio, io ero il signore e il distributore per volere del padre Marx sino a che questi due ingrati fratelli non mi hanno spodestato”. Cominciarono a volare insulti nell’etere. Nettuno tentava di infilzare con il tridente Plutone, ma non lo poteva vedere perché oramai il fratello regnava solo sottoterra. Saturno cercava di spaccare l’incudine sulla testa di Nettuno, ma quello si immergeva nel profondo del mare. I tre vecchi avevano perso di vista la realtà: il loro posto era stato occupato nel frattempo da un giovane senza arte né parte che sorrideva a destra e a manca. Come era potuto succedere? Per farsi degli alleati aveva promesso la rivoluzione solare. Ma della rivoluzione solare non si vedeva neanche l’ombra. Anzi, il furbastro, che non poteva che essere il pianeta degli inganni Mercurio, si era subito impossessato degli attrezzi del mestiere dei suoi predecessori e ogni giorno gli assomigliava di più. Un po’ perché il tempo passava e invecchiava, un po’ perché faceva di tutto per imitarli. Un autentico attore! Aveva assunto come suo precettore un anziano ex aspirante dio Sole, loro coetaneo, e questi gli aveva rivelato tutti i trucchi del mestiere dc per vendicarsi di chi gli aveva sfilato il trono. Era il pianeta imprevedibile: Urano. Invano Giove cercava di far ragionare tutti e cantava: “Volemose ben, ci saranno stipendi e pensioni per tutti”. Ma all’orizzonte stava avanzando a marce forzate il giovane Marte con la spada sguainata, chiamato da Saturno per far fuori lo spodestatore.
Luna e Venere erano le uniche due pianete donne, non c’erano le pari opportunità e le donne servivano solo a sostegno del Sole di turno. Fu allora che successe l’imponderabile: Venere andò a letto con Marte, gli rubò la spada e trafisse Mercurio. Scese agli inferi, resuscitò il suo amato Plutone e lo riportò sul trono del sole. La Luna vide tutto e oscurò la Terra.
Trasportati dai 5 Stelle nelle alte sfere, tutti i partiti avevano perso di vista un piccolo particolare: questa era la lotta per la boscosa democrazia terrestre dove non esistevano né un dio Sole né dei pianeti obbligati a girargli attorno. Ma, come sempre, la colpa della perdita del regno fu data a una donna diabolica: la dea dell’amore.
Protagonisti: Saturno: Silvio Berlusconi; Nettuno: Pierluigi Bersani; Plutone: Matteo Renzi; Urano: Vincenzo Scotti; Mercurio: Luigi Di Maio; Giove: Pierferdinando Casini; Marte: Matteo Salvini; Venere: Maria Elena Boschi. E la Luna? Solo una donna che fa i miracoli. Speriamo nel suo avvento.