Nel 1983, il dott. Gherardo Colombo (su “Questione Giustizia, rivista di Magistratura Democratica, 1983/4), affermava che a causa della “…mancanza di una profonda, incisiva e penetrante opposizione politica…l’ordine giudiziario svolge attualmente, di fatto, l’unica attività di controllo politico stabile, continuativa ed incisiva nel nostro paese…”; poiché “…chiunque converrebbe sull’abnormità [del fatto] che una funzione delicata e complessa, e che involge necessariamente responsabilità politiche, sia svolta istituzionalmente da dipendenti dello Stato nominati per concorso…”, in prospettiva, si potrebbe giungere ad una “…redistribuzione strutturale delle competenze e dei poteri, nella quale l’ordine giudiziario sia chiamato a svolgere permanentemente una funzione nuova”.
La “mancanza di una opposizione politica” fu il germe del “pdmenoelle”. La “redistribuzione strutturale delle competenze e dei poteri”, fu la fecondazione di ogni “potere supplente”. L’Ordine Giudiziario destinato a svolgere “una funzione permanentemente nuova”, è il nostro futuro.
Rammento solo alcuni, esemplari, passaggi intermedi.
Alla fine del 1995, il dott. Borrelli, dichiarava:
“Se si creano situazioni di emergenza nelle quali diviene indispensabile comprimere i diritti individuali, per ripristinare l’ordinamento giuridico, allora, nell’interesse comune, sono favorevole alle restrizioni di diritti individuali” (Micromega 1995/4)
All’inizio del 2003, i dott.ri Scarpinato e Ingroia, scrivono:
“La dimensione politica della mafia non è un dato eventuale e aggiuntivo del fenomeno, ma genetico e strutturale… Bisogna dunque affidare a un’istanza politica superiore il compito di ‘sospendere’ autoritativamente la democrazia elettiva aritmetica al fine di salvare la democrazia sostanziale, cioè il bene comune della generalità dei cittadini contro la stessa volontà della maggioranza” (Micromega, 2003/1)
Nel 2007 nasce il M5S. Nel 2013, consegue il 25% dei voti in Parlamento, in ragione di prassi e mete politiche dichiaratamente “antisistema”.
Da quei passaggi intermedi, segue l’approdo.
Nel 2016, il dott. Scarpinato definisce il carattere elitario della magistratura.
“La magistratura italiana è una “magistratura costituzionale” e, in quanto tale, la sua fedeltà alla legge costituzionale è prioritaria rispetto alla legge ordinaria…”; la “legge ordinaria” è l’atto tipico del Parlamento, della “politica”: conseguente la conclusione: la magistratura, perciò, ha “….il ruolo strategico di vigilare sulla lealtà costituzionale delle contingenti maggioranze politiche di governo”. Il richiamo alla Costituzione è pleonastico, dato che è la Legge fondamentale della Repubblica; a ben vedere, esso ribadisce e precisa la “funzione permanentemente nuova” della magistratura, annunciata dal dott. Colombo; e di più che dubbio valore democratico.
Nel 2017, i magistrati Davigo e Di Matteo assumono ripetutamente posizioni pubbliche in materia di Giustizia. Il loro contenuto è convergente con il programma del Movimento in materia di Giustizia. E’ irrilevante che non ci siano stati riservati contatti personali fra costoro. Come è irrilevante l’assunzione diretta di un ruolo di governo, che potrà anche mancare. La Giustizia non è settoriale: la Giustizia è la politica: sia nella sua dimensione capillare, che in quella generale. Sicché, contano gli orientamenti, e le forze in campo: non gli aperitivi, che non interessano nessuno.
La descritta sequenza storico-istituzionale, pertanto, è chiara: tale sequenza è, essa stessa, un progetto politico.
La primogenitura delle attuali configurazioni elitarie e illiberali, viene dalla magistratura; che, via via, le ha consolidate in due modi: convergenti, e affinati a partire da Mani Pulite e dai “Grandi Processi” di Palermo, grazie a:
1) l’azione fiancheggiatrice di agenzie di propaganda, ma denominate come testate indipendenti, espressione dell’inveterato sovversivismo di certo ceto borghese-parassitario;
2) l’azione gestoria del ruolo politico dell’Apparato, svolta dall’ANM: nella quale i ruoli di “estremisti” e “moderati” sono solo parti in commedia; lo status, infatti, è cresciuto per tutti i suoi componenti, e tutti lo sostengono con compattezza tetragona.
Ma anche il Movimento 5S si riconosce in un’elìte (o gruppo ristretto) illiberale, che dispoticamente lo soggioga: aborre la democrazia rappresentativa liberale; quindi, diffonde la maligna eredità culturale di quella primogenitura: vale a dire, una superstizione politico-storica che maledice la Prima e la Seconda Repubblica; inneggia, infine, ad una palingenesi avventuristica ed esagitata.
Con qualche variante, dai cappi in Parlamento in poi, analoga “summa” è stata ed è della Lega. Con particolare riguardo ai “memi” costitutivi, “Roma ladrona”, e a quelli evolutivi, “prima l’Italia”: entrambi evocativi di soluzioni politiche “tecnico-funzionali”. Rispettivamente, si tratta, di nuovo, della riduzione penalistica di Mani Pulite, e del trattamento investigativo-giudiziario dei flussi migratori, con inneschi di autodifesa armata, da agevolare e incoraggiare.
L’altrui conduzione politica, specialmente su questo decisivo campo, è stata, e non dalla settimana scorsa, orecchiante e smidollata.
Uno per tutti, orecchiante e smidollato è stato l’abbandono di Forza Italia, nel 2000, del Referendum radicale sulla separazione delle carriere in magistratura.
Uno per tutti, orecchiante e smidollata è stata la politica sulla Giustizia dei governi Renzi e Gentiloni: Codice Antimafia (misure di prevenzione estese alla P.A.), prescrizione estesa, aumento indiscriminato delle pene, anche per reati colposi (come l’omicidio stradale), equivoco ruolo politico-intimidatorio della Commissione Antimafia.
Questo tatticismo accomodante, degli uni e degli altri, è stato la maschera di una sudditanza antipolitica: è stata una diserzione democratica.
Accostando la specifica forza del potere coercitivo, ad una sua programmata espansione di massa, si puó avere una chiara idea dei presenti rischi, per le libertà politiche e civili di ciascuno.
Se simile evoluzione potrà aver luogo mediante questa o quella formula di politique politicienne (governo “di minoranza”, “di scopo”, ecc), entro sei mesi, uno o due anni, è oggi circostanza piuttosto secondaria. Ed è vano attendere aiuto dall’Europa: avuto il suo (e la politica contabile è, per sua natura, piuttosto elastica), lascerà fare, slogan sull’Euro compresi.
Nelle svolte autoritarie, quelle vere, conta la “legittimazione degli umori”, la loro riuscita organizzazione intorno alla perenne mitologia elementare dell’Amico-Nemico; e avendo, pronti in mano, strumenti di immeditata coazione personale e patrimoniale.
Tutto questo, ora, c’è: con un’ampiezza ed una forza, mai viste prima nel corso politico repubblicano.
Batti oggi, batti domani, e l’Italia è giunta alle soglie formali di una Tirannia.