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November 13, 2017
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La “Cuba libre” di Trump: meno turisti USA, stop al business con i castristi

Dopo il disgelo voluto da Obama, tra USA e Cuba, con Donald Trump, torna ufficialmente il gelo

Marcella SmocovichbyMarcella Smocovich
La “Cuba libre” di Trump: meno turisti USA, stop al business con i castristi

L'Havana.

Time: 5 mins read

Se è pur vero che i turisti sono diminuiti moltissimo a causa dell’assenza-morte del mito di Fidel Castro, fino a due mesi fa era possibile incontrare turisti americani ovunque. Generosi nelle mance, incantati davanti alle auto d’epoca, hanno invaso Cuba appena è stato possibile senza neanche lamentarsi del cattivo cibo, dei servizi approssimativi e delle difficoltà nei trasporti ma incantati dai sigari. L’isola del coccodrillo, come la chiamava il poeta Nicòlas Guillen aveva il sapore della terra proibita e ora gli yanquee potevano tornarci. Ma Trump pochi giorni fa ha dato il contrordine: da oggi in poi a Cuba niente più turisti americani né business con i militari castristi. Potranno viaggiare all’isola solo gruppi di studio con un responsabile, religiosi, giornalisti, navi da crociera. Per gli uomini d’affari poi è arrivato l’ordine di non investire più con i castristi. Resteranno in vigore solo quei contratti già firmati. E infatti alla fiera degli investitori in corso in questi giorni ci sono solo 13 imprese americane (l’anno scorso erano 53). Stop anche alle visite familiari dei cubani che vivono in America, che hanno richiesto asilo o che, dopo aver ottenuto i documenti in virtù della legge “Piede secco, piede bagnato” abolita da Obama, tornavano a Cuba in vacanza. Una risorsa che ora dovrà limitarsi a complicati passaggi bancari e ricariche di carte di credito. Inoltre il dollaro americano al cambio è tassato del 20%. Ma Trump ha deciso di non concedere nulla a Castro e alla sua giunta, fino a che le condizioni di diritti umani non cambieranno. Inoltre, non bisogna dimenticare che anche a livello diplomatico i rapporti sono difficili dopo la chiusura dell’ufficio di Interesse americano a causa delle lesioni all’udito dei funzionari USA. Un mistero che continua a irritare Washington e ad essere negato da Castro.

“Presto avremo una Cuba libre”, ha detto Trump alla Piccola Habana di Miami dove si è recato recentemente e ha ricevuto un’ovazione, e la sua sembra non essere solo una battuta. Vediamo perché. Rivedere tutti gli accordi presi da Obama è una strategia che aveva promesso all’elettorato della diaspora (tre milioni in America) ma inasprire l’embargo ha lo scopo principale di colpire il portafoglio dei nuovi ricchi e futuri milionari cubani: i militari. Che controllano l’intera economia. Tranne le piccolissime imprese private.

Le nuove misure americane infatti permetteranno ai turisti di andare in vacanza nell’isola solo in gruppo con un responsabile previa autorizzazione e non potranno alloggiare nei grandi alberghi ma solo nelle casas particolar e mangiare nei paladar, i ristorantini gestiti dai privati cittadini. Un servizio limitato ma molto ben riuscito perché le famiglie si fanno in quattro per accogliere i turisti. E spesso, dormire in una stanza di una casa cubana, coloniale, pulitissima, significa avvicinarsi non solo alla famiglia, ma avere un’accoglienza migliore di certi alberghi senza manutenzione, sporchi dove non ci sono servizi.

Trump, che in politica estera in Europa viene visto come un improvvisato e qualche volta con preoccupazione, per Cuba si è affidato ai consigli di Marco Rubio, suo antico avversario e leader popolarissimo della comunità cubana. Marco Rubio è prima di tutto figlio di un esule cubano, senatore del Partito Repubblicano e conosce tutti i dettagli di un’economia che continua ad avere due monete, un sistema politico amministrativo centralizzato che domina le imprese con il pugno di ferro e che controlla tutte le entrate del paese. Perché l’economia cubana esiste solo in virtù degli stranieri, il resto è solo una finzione: nessuno lavora per lo Stato, nessuno studia più e i servizi statali praticamente non esistono. Medicina e scuola sono solo uno slogan ormai consumato. Tutti i giovani vogliono andarsene.

Lo schiaffo di Trump arriva diretto alla giunta militare che difende e si nutre del governo immutato dei Castro. Uno degli obiettivi politici di Fidel Castro è sempre stato il livellamento delle classi sociali. Companeros, siamo uguali e rivoluzionari. Sia pure solo apparentemente. Perché è vero che il ministro o sua figlia Mariela Castro vivono in una villa immensa con piscina, con camerieri e autisti, ma è pur vero che lo stipendio per tutti è più o meno 20 dollari al mese. Poi, che si siano creati mille circuiti per cui i papaveri del regime “risolvono” carne, birre, shopping e vestiti nonché Rolex è un altro conto. I militari, attraverso il Minfar (Ministerio de la Fuerza Armada Revolucionaria) o il Minint (Ministerio del Interior) controllano tutta la l’economia cubana. Agricoltura, fabbriche, turismo, sicurezza, cliniche per stranieri, telefonia, internet, negozi e grandi ristoranti sono in mano agli uomini di Raùl Castro. Per quanto riguarda gli stranieri, non cambia molto. Chiunque voglia investire a Cuba deve apportare capitale, esperienza ed avere un socio al 51%, un militare. Ad esempio, la catena alberghiera spagnola Melìa, non può neanche coltivare i prodotti per la cucina, deve importare tutto e pagarci le tasse. Con dei costi enormi. Nonostante lo Stato sia socio al 51%.

La direzione di alberghi, imprese, ecc., viene sempre lasciata a uno straniero, sia perché ha la responsabilità e sia perché conosce il lavoro, ma sarà sempre affiancato da due militari in borghese con pari grado. E per ogni lavoratore, sia esso impiegato che operaio o cameriere, solo cubano, l’impresa pagherà al governo mille dollari al mese di stipendio, dei quali solo 20 andranno al lavoratore . In nome del Socialismo. Una moderna schiavitù che ha contribuito non poco a corruzione e furti. Trump ha stilato la lista delle società dove gli americani non potranno spendere un cent: Habaguanex SA (negozi dell’Avana Vecchia e ti tutti i centri storici) , Gaviota (Hotel a 5 stelle come il Grand Hotel Kempiski da mille dollari a notte, resort, voli, bus turistici, noleggio macchine etc. Tutto ciò che riguarda i servizi turistici che sono la seconda risorsa del paese (la prima voce sono le rimesse che arrivano dagli esiliati).

Gli americani dovranno alloggiare nelle casa particolar (le case private), niente grandi alberghi, potranno mangiare nei paladar (ristoranti con 4 posti), viaggiare con almendrones o macchine d’epoca. Questo significa che l’affittacamere, incasserà 30 dollari al giorno. Una fortuna in un Paese dove un medico guadagna 20 dollari al mese. Si creerà così una classe sociale che romperà l’idea fidelista di “siamo tutti uguali e socialisti”. Il ricco, in futuro, sarà il cuentapropista (lavoratore privato) sia esso una guida o un cameriere. Un segnale importante che arriva dopo che per quasi 60 anni gli americani sono stati descritti come dei capitalisti feroci.

“Daremo potere al popolo cubano” ha scritto su Twitter Trump, certo di rompere un equilibrio economico che ha trasformato i cubani in schiavi e il paese in una caricatura di economia. Le due monete, infatti,  (il cuc, equivalente di un dollaro corrispondente a 26 pesos nacional) obbligano la popolazione a fare salti mortali per mettere insieme il pranzo con la cena. Se non ci fossero gli aiuti dei familiari esiliati, Cuba sarebbe alla fame. Mentre i 1200 militari hanno già in tasca la proprietà di metà delle imprese. E quando tutto finirà, sarà come in Russia, il militare più castrista sarà il proprietario di un albergo, della terra e dei servizi. E i nuovi miliardari non avranno più le stellette. Intanto si creano le nuove classi sociali, che sfoceranno in disuguaglianze e frustrazioni.

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Marcella Smocovich

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