Alcuni giornali l’hanno subito ribattezzato “salva-Verdini”, perché costituirebbe, a loro avviso, il classico provvedimento ad personam (o personas?), preposto a “salvare” la carriera politica di qualche parlamentare, primo fra tutti il leader di Ala. Stiamo parlando dell’ormai famigerato emendamento alla legge elettorale, promosso dall’onorevole Maurizio Lupi di Ap, che consente di candidarsi nelle liste estere agli italiani residenti in Italia ma non a chi ha ricoperto cariche politiche negli ultimi cinque anni fuori dal Paese. Un emendamento che ha fatto scalpore tra i rappresentanti degli italiani all’estero, che non vedono di buon occhio l’eventuale “concorrenza” esercitata dai connazionali rimasti nel Belpaese, soprattutto qualora si trattasse di un mero salvacondotto per chi non potesse essere inserito – per problemi giudiziari o politici – nelle liste nostrane.
Noi della Voce ci siamo fatti una chiacchierata proprio con Maurizio Lupi a margine della cerimonia inaugurale della partecipazione italiana alla Maratona di New York tenutosi al Consolato Generale d’Italia, a cui l’Onorevole era presente in qualità di maratoneta. Pochi lo sanno, ma l’ex Ministro ha partecipato per ben nove volte alla manifestazione sportiva più famosa del mondo, e anche quest’anno correrà per la Grande Mela, in compagnia del figlio, che vive a New York da tre anni. “Conosco bene la comunità italiana a New York e anche quella americana”, ci ha detto Lupi, rispondendo a una nostra domanda. “Credo che il segno della nostra identità, della nostra cultura, il nostro modo di vivere e di partecipare allo sviluppo dei Paesi dove stiamo è il segno che ci contraddistingue: gli italiani sono amati per questo”. E ha aggiunto: “E anche la Maratona di New York è diventata un segno dell’amore che l’Italia ha nei confronti di New York, ma anche che i newyorchesi hanno nei confronti degli italiani. Non è un caso”, ha osservato, “che dopo – ovviamente – la delegazione USA, quella più numerosa che partecipa alla Maratona sia proprio quella italiana”.
Abbiamo quindi chiesto conto all’ex Ministro proprio dell’emendamento alla legge elettorale Rosatellum che porta il suo nome, e che ha scatenato non poche polemiche tra i rappresentanti degli italiani all’estero. “Il fine dell’emendamento era quello di completare la riforma del voto degli italiani all’estero che il ministro Tremaglia aveva fortemente voluto”, ci ha spiegato. “C’era un buco nella normativa che rischiava di rendere incostituzionale la normativa stessa. Quella norma consente al cittadino italiano residente all’estero di candidarsi in qualsiasi collegio italiano, ma non al cittadino residente in Italia di fare lo stesso all’estero”. “L’elettorato passivo è garantito a tutti”, ha aggiunto. “Io, se anche sono nel collegio di Lombardia, in Italia posso candidarmi anche in quello di Sicilia”, ha esemplificato.
E ai “maliziosi”, se così si può dire, che definiscono l’emendamento “ad personam”, Lupi ha risposto: “Quando le norme sono ‘ad personam’ si vedono. Tra tre mesi ci saranno le elezioni e si vedrà”. E ha proseguito: “Chiunque si deve candidare all’estero sa benissimo che ha due grandi sbarramenti: il primo, appartenere a un partito che in quella circoscrizione estera prende più del 20%, e il secondo, bisogna prendere, siccome il collegio è molto ampio, moltissime preferenze – 60, 70, 80mila -, e io non credo che ci sia nessun italiano, se non radicato nella comunità estera, che possa utilizzare questa opportunità”.
L’idea, insomma, per Lupi sarebbe quella di garantire “reciprocità”, e di permettere, ad esempio, a un professore italiano che insegna sei mesi in Italia e sei all’estero di potersi candidare, cosa che, con la normativa precedente, non avrebbe potuto fare. Questa sarebbe la finalità dell’emendamento, che peraltro, ha chiosato, “abbiamo condiviso tutti”.