Federico Pizzarotti il primo sindaco a 5 stelle d’Italia questa settimana era a New York per rappresentare la storia e la tradizione gastronomica della sua città, Parma, nella settimana della cucina italiana nel mondo. Prosciutti, pasta Barilla, parmigiano e formaggi sono prodotti legati ad un territorio unico a cui l’Unesco ha dato il riconoscimento di città della gastronomia e di città creativa del 2015. “Ma Parma non è solo questo – precisa immediatamente – è la città del Festival di Verdi, il musicista che ha reso l’Opera italiana immortale, ha un numero di castelli superiori a quelli della Loira”. Io aggiungo che è anche la prima città dove il Movimento 5 Stelle ha iniziato la sua prima esperienza di governo della cosa pubblica e Federico Pizzarotti detiene il primato di primo sindaco grillino. Durante un evento tenuto al ristorante Barilla di Midtown, il sindaco di Parma ha concesso alla Voce di New York questa intervista.
Lei è il primo candidato del Movimento 5 Stelle che si è sperimentato in un’esperienza di governo facendo da apripista ad altri suoi colleghi ma poi è stato espulso dal suo stesso Movimento. Cosa non ha funzionato?
“Ho aperto la strada è vero, solo che poi io ho preso un’altra strada. Pensando all’esperienza amministrativa mi viene da fare un parallelismo con la vita di famiglia, dove al primo figlio si contesta qualsiasi cosa faccia e non va bene quasi niente, ma al secondo va diversamente perché il primo gli ha già fatto la strada e quello che fa il secondo va quasi sempre bene. Così è stato nei miei confronti. Si sono fatte tante critiche senza correggere il tiro e ora stanno facendo tutti quelle stesse cose, solo che quando le ho fatte io generavano sconcerto. Per esempio. Io ripetevo che sarò il sindaco di tutti e non rappresenterò solo la mia parte. Tutti hanno contestato queste affermazioni e ora le elette di questo turno l’hanno detto e tutti a ripetere: ‘Che bel gesto!’. A me solo una gragnuola di critiche”.
Non ha ricevuto nessun riconoscimento quindi per questa sperimentazione sul campo. Nessuna medaglia?
“Se devo vantarmi di una medaglia è che io dico sempre quello che penso e in certi casi è scomodo e non è la cosa giudicata appropriata da fare. Nello stesso tempo questo mio modo di essere meno yes man di altri non è piaciuto e quindi l’ho pagata dal punto di vista del contesto in cui opera il Movimento, ma non mi sono fermato dal dire quello che penso e dentro mi rimane una grande libertà”.
Cosa il Movimento avrebbe dovuto imparare dalla sua esperienza e cosa non ha imparato?
“Avrebbe dovuto imparare la differenza tra l’essere all’opposizione e essere al governo: è un approccio molto diverso. Questo non sembra l’abbia imparato. Dall’altra parte dopo la mia esperienza rischiavano un effetto a catena di persone al governo che non potevano operare come quando facevano opposizione soprattutto nelle città grandi e infatti sono diventati più moderati e morbidi di fronte ad atteggiamenti molto peggiori dei miei. Nel tempo ci diremo chi aveva ragione”.
Ha avuto almeno dalla sua i suoi cittadini, visto che il Movimento l’ha silurata?
“Io ho avuto il sostegno di tanta gente e del Meetup di Parma un gruppo che non mi ha mai lasciato solo perché abbiamo condiviso un percorso umano prima ancora che politico. Abbiamo deciso fino in fondo di prenderci una responsabilità, condividerla pronti anche alle critiche che non sono state di poco conto. Non è stato facile”.

Non direbbe quindi che questi siano stati “5 anni a 5 stelle”, come ha titolato una recente ricerca dell’università di Parma dedicata proprio al suo governo. L’ha commissionata lei, come bilancio della sua attività? Sono stati davvero anni a 5 stelle?
“E’ stata un’iniziativa di una studente e la sua docente è una renziana doc quindi non so quali risultati darà questo studio, ma non sono stato io a commissionarlo e non so se sarà indipendente. La storia dirà del nostro operato e non solo una ricerca”.
Cosa salverebbe dell’operato del Movimento di quest’ultimo anno e cosa getterebbe a mare?
“Una delle cose veramente importanti, realizzata anche dal Movimento, è stata la legge sugli eco-reati, una norma che l’italia aspettava da tanti anni e da cui non si riusciva a cavarne fuori nulla. Da buttare è quell’essere sempre contro, a tutti i costi e non cercare altri risultati come può essere per esempio questa presenza di Parma a New York. Non si giocano gli assi giusti, non si intessono relazioni perché sei sempre all’opposizione, mentre per avere risultati significativi devi invariabilmente trovare un accordo, che non vuol dire sporcarsi e giocare al ribasso, ma significa dialogare e questa è una cosa che il Movimento non riesce a fare. Si vive da immunizzati e questo è davvero un peccato”.
Il purismo grillino, la ricerca di macchie nei suoi aderenti e le conseguenti epurazioni non le sembrano un po’ ossessive. Talvolta si è più concentrati nell’individuare colpevoli e colpe che in una reale azione di governo. Quale è la sua opinione?
“Talvolta è vero. Siamo più preoccupati a dimostrare che siamo bravi piuttosto che a progettare un futuro o un governo. Il purismo nel Movimento non è reale, basta guardare allo scandalo delle firme false . Noi a Parma non avremmo mai fatto una cosa del genere e pure siamo stati criticati per molto meno e adesso in quel caso lì c’è un giustificazionismo sconcertante. ‘E va beh! – qualcuno esclama- hanno ricopiato solo delle firme. Vediamo se sospenderle’. Io dico tra me che c’è sempre uno più puro che ti epura e alla fine se si continua con questo purismo quando ti capita qualcosa di impuro devi diventare un falso pur di giustificarti e giustificare situazioni ingiustificabili”.
Lei prima accennava all’importanza del dialogo. Cosa vuole dire il dialogo per lei?
“Il dialogo è fondamentale, poi magari non con tutti e a tutti i costi però provarci assolutamente sì, vanno costruite relazioni”.
La morte di Casaleggio, il fondatore e il capo carismatico dei 5 Stelle cosa ha significato per lei e per il movimento. Si può parlare già di un dopo Casaleggio?
“E’ evidente che il dopo Casaleggio è proprio un altro movimento che non ha la stessa forza e la stessa visione. Si può essere pro o contro Gianroberto ma in lui c’era una visione, magari poco condivisibile, come per me, ma era determinata, trasparente mentre ora si deve arrivare, nel percorso di approvazione della base, sempre al 51% a tutti i costi, poco importa del percorso che si sta compiendo. Questa modalità sigla la perdita inevitabile di un’occasione di rinnovamento”.
Qualcuno negli Usa ha messo nello stesso calderone del populismo Donald Trump, Silvio Berlusconi e Beppe Grillo. Un’esagerazione, secondo lei?
“Secondo me sì perché sono due storie e due modi di gestire la cosa pubblica totalmente diversi al di là delle formazione di Grillo e del movimento in sé. I 5 stelle sono un movimento senza soldi, partito dal basso mentre Trump ha impiegato tanti soldi per raggiungere un risultato. Lui non aveva una base, non aveva attivisti, non aveva un partito dietro e ha fatto tutto da solo e ha fagocitato tutti. Il parallelo lo vedo più con Berlusconi che aveva creato una rete di supporter plastica, forgiando le persone e usando tanti soldi: la storia è molto più simile. Ora però stiamo a guardare come andrà il tema Trump e che tipo di evoluzione dobbiamo aspettarci”.
Non ha fatto mistero che al Referendum voterà no. Per quale ragione?
“ Il mio ‘no’ non è un voto contro Renzi o contro il governo. Non è un motivo politico che mi spinge a questa scelta, ma va guardata fino in fondo la proposta di riforma. Una riforma che non toglie il Senato e lo modifica prendendo i consiglieri regionali, che in genere non sono rappresentativi di niente, come eletti che rappresenteranno un territorio. Tra le motivazioni a favore del sì, c’è l’ottimismo di spendere meno ma è una cifra ridicola quella che si risparmia: 50milioni all’anno è meno di un euro a persona. Se vuoi davvero risparmiare elimina l’intero Senato, i dipendenti, la struttura e allora sì che guadagnerai un miliardo di euro. Non si può avere un reale risparmio con questa riforma o con la proposta di riprendere l’articolo 70 che va solo a complicare e non semplificare la burocrazia. A mio parere la prima legge da fare, non era un plebiscito sul governo o sul bicameralismo, ma bisognava riformare la giustizia, prima di tutte le altre riforme e poi modificare la legge elettorale. Il mio no serve a dare un segnale e non tanto a dire che si tratta di un tema contro Renzi o a suo favore. Ha fatto l’errore di personalizzare la campagna come un voto per il suo operato o contro: è un errore fare questo. Comunque capiremo il 5 di dicembre come andrà a finire”