Renzi è come il Papa: frugale. “Guadagnano tutti più del presidente del Consiglio” ha sentenziato. Come tutti vivono in più dei 50 metri quadrati dell’appartamento del pontefice.
Invero sono molti quei cardinali che vivono da papi in 300/400 metri quadrati. Entrano ed escono da palazzi romani, dove all’ingresso dormono dei senzatetto. “Per questi poveretti non possiamo fare niente – ha detto un alto prelato intervistato in tv – deve provvedere il Comune di Roma, noi siamo cittadini dello Stato Vaticano.” E non gli fanno l’elemosina: sarebbe una contraddizione in termini, visto che si mantengono con l’elemosina e lo fanno alla grande. Il mondo è scioccato. Ma non conosce la storia, non sa che è sempre stato così. Anzi peggio, perché i principi della Chiesa possedevano palazzi, altro che appartamenti in palazzi. Da che mondo è mondo il potere è stato sempre ostentato attraverso l’opulenza. La Chiesa ha duemila anni di storia e non contempla strategie che si sviluppino nell’immediato: guarda da sempre ad altri mondi e sa che è un’Africa cristiana ciò che può sconfiggere l’Islam. Mentre il Papa delle favelas avanza ciabattando in quelle scarpacce nere, per portare avanti una strategia pauperistica della sua Chiesa.
Come nella moda, va di moda il finto povero. Infatti Renzi è capace di predicare ma non di dare il buon esempio. I tagli della spesa pubblica, la famosa spending review, non li sta facendo a casa sua, al governo, ma a casa nostra, in regioni e comuni, sanità compresa. Per risparmiare, le idee non mancano: diminuire le regioni da venti a dodici. Ma perché non a tre? Nord, Sud, Centro. O a due? Nord e Sud. Regioniamo o sragioniamo? A questo punto meglio sarebbe ragionare sullo sregionamento dell’Italia: regioni schloss. Un’unica Italia, con un unico dominus e magari spostare la capitale a Firenze, che ha dato i natali a Matteo. Il quale finirebbe però per fare i conti con l’altro Matteo: Salvini, il condottiero della Lega, che certamente non farebbe passare un ghello oltre il Po. Ognuno per sé, Dio per tutti.
Il Papa è come Renzi: politico. Quindi potrebbe prendere benissimo la guida di Roma. Organizzare i Rom ai quali ha ermeticamente già suggerito di “integrarsi senza assimilarsi”. E riarmare, cristianamente parlando, i suoi principi per sconfiggere le mafie varie. Chi si rifiuterebbe di combattere per la Chiesa, si vedrebbe confiscato l’appartamento. Do ut des. E poi il Papa non rimarrebbe solo. È appena risceso in campo un cavaliere non dico senza macchia, ma sicuramente senza paura: Silvio Berlusconi. Egli ha bisogno di rifarsi una verginità e potrebbe sposare la causa spirituale italiana con il vantaggio di assicurarsi pure il paradiso. Perché il problema più grande della Chiesa in questo momento è di non avere un Papa metafisico, capace di trascendere il potere temporale ed elevare spiritualmente: da bravo gesuita Francesco è un uomo pratico. Ha aperto tutto solo il vaso di Pandora contenente ogni male del Vaticano, ma i reprobi gli sono sfuggiti finendo nei libri di Gianluigi Nuzzi (Via Crucis) e Emiliano Fittipaldi (Avarizia). Quest’ultimi rischiano da quattro a otto anni di reclusione nelle prigioni vaticane per aver dato alle stampe “notizie o documenti concernenti gli interessi fondamentali o i rapporti diplomatici della Santa Sede o dello Stato”. Abbiamo la cultura della flagellazione: scoperchiamo le tombe, sentiamo il lezzo e non eliminiamo i cadaveri. Certo, la Chiesa non poteva andare avanti nella corruzione, ma est modus in rebus, caro Francesco: distruggere la sacralità della Chiesa è distruggere la nostra civiltà ed aprire le porte all’Islam che non considera l’uomo un libero figlio di Dio ma uno strumento distruttivo di Allah.
Meno male che in Italia ognuno professa di saper fare il lavoro dell’altro. E la mission del giornalista Bruno Vespa è fare il gran confessore: da Berlusconi a Renzi, passando per i Casamonica, sono andati tutti alla sua trasmissione “Porta a porta” per lavarsi la coscienza mediaticamente. Poi ricominciano. Povera Italia.