“L’Autonomia è il mostro del quale la Sicilia si deve disfare e deve essere abolito lo Statuto di Autonomia.” Con quest’appello Pietrangelo Buttafuoco ha chiuso, a Palermo, con voce tonante il suo intervento nella sala dei convegni della Mondadori nella convention promossa assieme a Fabrizio Ferrandelli e Claudio Fava per la presentazione del manifesto “Noi siamo qua”. Ma cosa ci stava a fare il buon Pietrangelo in quel contesto in compagnia di Fava e Ferrandelli che, rispetto a lui, hanno storie completamente diverse? Non poteva scegliere migliore palcoscenico per sancire ed ufficializzare, ove ce ne fosse ancora bisogno, il suo “status” di rinnegato e di traditore della Autonomia della sua terra.
Questo intellettualoide in tredicesima che ha tuonato contro l’Autonomia e lo Statuto siciliano non è poi lo stesso che, in un recente passato, si sperticava in lodi ed elogi nei confronti dell’Autonomismo dell’ex governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, tanto da scrivere, nel 2006, se la memoria non ci inganna, la prefazione del libro del suo amico Nuccio Molino dal titolo: “Il Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo”? Salvo poi qualche anno dopo, da autonomista pro Lombardo ad antiautonomista, scrivere un libro “Buttanissima Sicilia”, dicendo peste e corna della sua buttanissima terra d'origine, sparando sullo Statuto Siciliano che, secondo lui, va abolito e di converso cancellata la Regione siciliana a Statuto speciale. Se dipendesse da lui, credo, cancellerebbe la Sicilia e siciliani pure dalla carta geografica, oltre che abolire lo Statuto regionale.
La storia di questo personaggio, sul piano politico, giornalistico e religioso, è strapiena di capriole e piroette perché, pur di vendere libri e acquistare notorietà, tutto fa brodo. Del resto, che ci si può aspettare da un giornalista campione di “coerenza” come Pierangelo Buttafuoco, ex missino che, pur di restare sulla cresta dell’onda, è passato nel tempo indifferentemente dal Secolo d’Italia a Panorama, al Foglio e dopo aver lasciato Panorama a Repubblica e, con qualche puntatina, sul Fatto Quotidiano.
Di questi campioni di coerenza ne è piena la storia del nostro Paese. Uno per tutti Giorgio Bocca, razzista ed antimeridionale, fascista sino la midollo durante il ventennio fascista e firmatario del manifesto della razza e poi, quando con il crollo del regime il vento cambiò, da fascista sfegatato divenne partigiano e poi peggio ancora, all’italica maniera, opportunisticamente un’icona della sinistra e del giornalismo italiano. Pietrangelo Buttafuoco e Giorgio Bocca, ondivaghi nei loro percorsi, due vite parallele che, pur di rimanere sulla cresta dell’onda, non si sono mai posti, nei loro percorsi di vita, problemi di coerenza. Dio ci salvi da questi intellettuali degni per il loro opportunismo di disistima e di discredito.
E che dire, poi, delle piroette, dal punto di vista religioso, tanto per non farsi mancare niente, di questo nostro eroe che ritroviamo qualche tempo fa sulla 7 intervistato da Lilli Gruber nel sostenere convintamente che Papa Francesco non è altro che un ipocrita e che tutto quello che Francesco fa, dice e predica non è altro che una falsa manifestazione del suo ipocrita retro-pensiero? Offendendo, in tal modo, tutti quelli che si riconoscono in quel processo di rinnovamento e di moralizzazione della Chiesa intrapreso da Papa Francesco, messaggero di pace e a difesa degli umili e degli ultimi.
Ebbene questa sua avversione, a suo dire, al processo di rinnovamento della Chiesa avviato da Papa Francesco si è tramutata nella sua annunciata e conclamata recente “conversione” all’Islam sciita, esaltando i valori di questa sua nuova fede religiosa come quasi superiori a quelli della fede cristiana da poco abbandonata.
Insomma, da cristiano a mussulmano, da Autonomista (trombettiere ed agiografo di Raffaele Lombardo) ad antiautonomista, Pietrangelo Buttafuoco, “buttanissima miseria”, pur di restare sulla scena e vendere la sua immagine e i suoi libri non si è fatto e non ci ha fatto mancare niente e, alla luce delle sue capriole e piroette, valgono bene le parole di Wiston Churchill quando diceva: “Il rimangiarmi le mie parole non mi ha mai creato l’indigestione”. Solo che, nella fattispecie di Pietrangelo Buttafuoco, riandando alle sue vicende politiche, giornalistiche e religiose anzi descritte non si tratta in questo caso di indigestione, ma peggio ancora e più appropriatamente di vomito.
P:S
Un consiglio al compagno Claudio Fava e al mio amico Fabrizio Ferrandelli promotori del manifesto “Noi siamo qua”. Uno come Pietrangelo Buttafuoco, com’è comprensibile, non è consigliabile averlo come compagno di processione e, per meglio dirla in siciliano stretto E’ mugghi pirdillu ca truvallu e tuccallu ca canna.
*Ignazio Coppola ha sempre militato nella sinistra socialista della Sicilia. Ha fatto politica per tanti anni e, da quando è in pensione (ha lavorato presso la Lega siciliana delle cooperative), si occupa di storia della Sicilia. Soprattutto della storia della Sicilia che va dal 1860 ai nostri giorni. Ha scritto un’irriverente biografia di Garibaldi in Sicilia. L’ha fatto sulla base di documenti ufficiali e di fatti che la storia ufficiale italiana – impegnata a consegnare all’Italia un Garibaldi “Eroe dei due Mondi” – ha sempre ignorato. Le ombre sui Garibaldi e sull’impresa dei Mille in Sicilia non sono mancate (si pensi al film “I fatti di Bronte” di Florestano Mancini, del 1972, o ai romanzi e ai saggi storici dello scrittore Carlo Alianello). Coppola, come dire?, ha raccolto queste ombre in modo sistematico e ne ha fatto un libro. Dal quale Garibaldi esce malissimo.
Gli storici 'officiali' criticano queste ricostruzioni storiche che non riguardano solo la Sicilia, ma tutto il Sud Italia negli anni della cosiddetta unificazione e post unificazione (si pensi al libro di successo “Terroni” di Pino Aprile). Ma gli eccidi perpetrati prima dai Mille in Sicilia e poi dai Savoia nel Sud d’Italia non possono essere smentiti.
Insomma, Coppola appartiene a questo filone di appassionati di storia del Sud Italia, con riferimento al ‘Risorgimento’ e agli anni della post unificazione italiana. In più Coppola è un convinto autonomista: ed è per questo che non può andare d’accordo con chi vuole abolire l’Autonomia siciliana.