Un colpo al cerchio ed uno alla botte. L'assessore regionale all'Economia, Alessandro Baccei, meglio conosciuto come l'inviato speciale del Governo Renzi in Sicilia (ma anche come il proconsole o il luogotenente romano), ieri (lunedì 19 Ottobre), in conferenza stampa a Palermo, ha tentato di non scontentare nessuno. Nè chi lo accusa di salvaguardare solo gli interessi di Roma, né chi, più o meno ufficialmente, trama per colpire a morte l'Autonomia Siciliana, una volta e per sempre.
Due colpi in una volta sola. Per cominciare, ha reso pubbliche cifre che parlano di una Sicilia spremuta dallo Stato oltre misura. E, contemporaneamente, ha annunciato la sua intenzione di proporre l'abolizione dell'articolo 37 dello Statuto Siciliano. Alias, il cuore finanziario dell'Autonomia siciliana.
Ma, andiamo con ordine, ricordando che di tutti gli altri temi toccati da Baccei (dal bilancio della Regione alla controversa cancellazione dei residui attivi) vi abbiamo parlato qui.
Prima questione: "La Sicilia maltrattata". L'assessore ha mostrato una tabella in cui sono elencati i contributi di ogni singola regione alla finanza pubblica italiana. E cosa ci dice questa tabella?
Ci dice che "lo Stato ci fa pagare un miliardo e quattrocentomilioni l'anno di compartecipazione alla finanza pubblica, siamo secondi solo alla Lombardia ed e' la soglia piu' alta in termini assoluti di tutte le altre regioni. La Sicilia e' pertanto fortemente penalizzata. Lo abbiamo detto ai tavoli romani e incide pesantemente sulle condizioni economiche dell'Isola" ha dichiarato Baccei.
Una notizia che dovrebbe mettere a tacere tutti quegli avvoltoi che parlano di una Sicilia che vive alle spalle dello Stato. Una notizia che conferma, ancora una volta, la denuncia della Svimez, l'Associazione per lo sviluppo industriale del Mezzogiorno, su una pubblicistica ufficiale intrisa di pregiudizi in tema di Sud Italia e di Sicilia.
L'assessore ha detto anche di avere denunciato questa ingiustizia a Roma, ma che più di questo non può fare: "Manca l'input politico, questo è vero, il presidente del Consiglio non vuole intraprendere una linea a difesa della Sicilia, ma non posso andare lì a forzare le cose. La Sicilia deve continuare ad andare avanti e a fare il suo lavoro, cercando di attuare le riforme. E' chiaro che ci vuole anche la volonta' politica, ma l'unica strada che ha la Sicilia per recuperare la sua posizione deficitaria nei confronti di Roma e' comunque mettersi al tavolo con Lo Stato centrale e dare seguito a un lavoro tecnico che noi abbiamo gia' fatto".
Il lavoro tecnico di cui parla Baccei ci porta al secondo punto: il tentativo (non nuovo) di svuotare lo Statuto delle sue parti più sostanziose, come auspicato da ogni Governo centrale e da una serie di politicanti di mestiere che, pur di guadagnare un posto sotto il sole renziano, sono pronti a svendere gli interessi di cinque milioni di Siciliani. A loro fanno eco un paio di pseudo-intellettuali in cerca di visibilità che ricordano vagamente i personaggi del Consiglio d'Egitto di Sciascia ("La menzogna più forte della verità").
Dunque, l'assessore ha raccontato che ha già portato sul tavolo di Renzi una proposta di modifica dello Statuto, in cui propone, di abolire l'articolo 37 "perché di difficile attuazione" (ve lo immaginate cosa succederebbe se si abolissero tutte le norme di difficile attuazione? Mezza Costituzione italiana sarebbe, praticamente, da cancellare).
Ricordiamo che l'articolo 37 dello Statuto è quello secondo cui: "Per le imprese industriali e commerciali, che hanno la sede centrale fuori del territorio della Regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, nell'accertamento dei redditi viene determinata la quota del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti medesimi. L'imposta, relativa a detta quota, compete alla Regione ed è riscossa dagli organi di riscossione della medesima".
Un articolo che, per ovvie ragioni, – continuare ad incassare quanto spetterebbe ai Siciliani, – lo Stato non ha mai voluto applicare e che per l'assessore Baccei non vale più di 250 milioni di euro. Un passo avanti rispetto al suo predecessore, Alessandro Bianchi, anche lui inviato da Roma, che si è accontentato di 50 milioni per soli tre anni, ma sempre briciole rispetto ai quattro miliardi stimati da economisti siciliani come il professor Massimo Costa e come sostenuto anche dai tecnici e docenti universitari all'Ars, lo scorso dicembre, nel corso di un convegno organizzato da Giovanni Ardizzone.
Un articolo sostanzioso, questo è certo, molto più di quanto Roma e romani di turno possano riconoscere. Una norma troppo scomoda per il Governo centrale che potrebbe, chissà un giorno, vedersi costretto ad una sua applicazione da una Corte Costituzionale che negli ultimi anni non ha mancato di dre ragione alla Sicilia in tema di contenziosi.
L'annuncio di Baccei ha suscitato un insolito mormorio in sala stampa. Cosa che lo ha portato a precisare che "si tratta solo di una ipotesi, tra le altre, per assicurare alla Sicilia comunque delle entrate certe".
L'assessore ha, quindi, tentato una retromarcia. Dicendo anche qualcosa di inconfutabile e ciòè che "se le altre regioni a Statuto speciale ottengono di più e perché sono andate a Roma a trattare con lo Stato per applicare al meglio la loro Autonomia, cosa che la Sicilia non ha fatto".
Questo è vero. La Sicilia è piena di politici ascari che se ne sono infischiati di trattare con lo Stato per vedere attuati al meglio i diritti dei Siciliani.
Ma da qui a proporre l'abolizione dell'articolo 37….Ci chiediamo: ad un assessore veramente al servizio dei Siciliani, sarebbe mai venuta in mente una "ipotesi" del genere?
E cosa ne pensano il Presidente della Regione, Rosario Crocetta e il Presidente dell'Ars, Giovanni Ardizzone?