Del vecchio Senato della Repubblica è rimasto solo il nome. Infatti col l’approvazione della riforma voluta dalla maggioranza dei senatori, nella prossima legislatura i nuovi compiti assegnati saranno di entità marginali, tant’è che dal giudizio espresso dai politogi si evince chiaramente che il Nuovo Senato sarà l’erede del disciolto Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. Tutto ciò sempreché i cittadini italiani che saranno chiamati l’anno prossimo ad esprimersi su questa discutibile riforma costituzionale si pronunceranno per il sì.
La cosa negativa che viene subito alla luce ed evidenziata da alcuni big dell’opposizione è che un’esigua maggioranza che è minoranza nel Paese si è fatta carico di forzare le regole democratiche ed approvare in solitudine quest’importante riforma. Sull’argomento molti speravano in una ferma opposizione da parte dei parlamentari della cosiddetta minoranza del Partito Democratico che avevano preannunciato guerra e fuoco, ma che alla fine si sono accontentati di insignificanti e ininfluenti micro modifiche al progetto di riforma.
Certamente, la persona giusta per fare barricate era quella che ha fatto conseguire la quasi vittoria al PD nelle consultazioni elettorali del 2013. Pierluigi Bersani e il suo PD non hanno vinto, ma c’è da dire che della loro non vittoria ne ha beneficiato l’attuale capo del Governo Matteo Renzi che ha stravolto il programma che il Partito Democratico aveva presentato agli elettori e ha fatto approvare riforme che vanno nella direzione di quelle perseguite e mai portate in porto dal centrodestra berlusconiano. In pratica, il PD renziano sta ‘completando’ le riforme berlusconiane: e non è un caso che l’ex Cavaliere abbia mandato, in appoggio al governo Renzi, prima Angelino Alfano e poi Denis Verdini (con relative ‘truppe’ di parlamentari al seguito).
Ricordiamo l’approvazione della riforma del lavoro – il cosiddetto Jobs Act – avvenuta in contrasto con le confederazioni sindacali a cui sono seguite quella della riforma elettorale denominata Italicum (che è addirittura peggiore della precedente legge elettorale – il Porcellum – ‘bocciata’ dalla Corte Costituzionale) e, dulcis in fundo, quella della fine del bicameralismo con la riforma del Senato.
C’è da chiedersi: ma come ha fatto Matteo Renzi a ‘convincere’ i parlamentari del suo partito a votare queste ‘riforme’ quando la maggioranza degli stessi parlamentari del PD era espressione del vecchio leader Pierluigi Bersani? La risposta è semplice: siamo in Italia e in questo Paese si corre facilmente sul carro del vincitore. Molti senatori e deputati che dovevano gratitudine eterna ai vari Bersani o D’Alema hanno rinunciato al proprio credo per cercare di mantenere in futuro la propria poltroncina in Parlamento.
E che dire dell’opposizione alla riforma da parte dei berluscones? Ci sembra l’ennesima recita messa in scena da un grande attore che porta il nome di Silvio e il cognome di Berlusconi. A meno che l’ex Cavaliere abbia perso del tutto la memoria, ricorderà che, dopo l’incontro del Nazareno con Renzi – avvenuto il 14 aprile del 2014 – aveva praticamente ‘chiuso’ l’accordo con lo stesso presidente del Consiglio. In base al ‘Patto del Nazareno’, il nuovo Senato sarebbe stato composto da 100 senatori comprendenti 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 personalità nominate dal Presidente della Repubblica. Lo stesso accordo Berlusconi-Renzi – che alla fine è stato rispettato – prevede un Senato consultivo (un modo elegante per dire che è inutile, a parte ovviamente l’immunità che viene riservata ai politici ladri, che per non finire in galera verranno dirottati, per l’appunto al Senato: passaggio, questo, che è così berlusconiano che più berlusconiano non si può).
L’aspetto tragicomico di questa storia è che Berlusconi continua a dire a destra e a manca che lui e Forza Italia (o meglio, quello che resta di questa formazione politica in auto-rottamazione) sono all’opposizione; che Renzi non ha rispettato gli accordi per l’elezione del capo dello Stato, che lui lavora per rilanciare il centrodestra bla bla bla. La verità è che Berlusconi appoggia Renzi che, come abbiamo già ricordato con la forza dei fatti, sta portando a termine riforme berlusconiani con i voti di chi ancora, in Italia, quando entra nella cabina elettorale, mette la croce sul PD illudendosi di votare un partito di sinistra.
E’ ora cosa succederà? Ci sarà effettivamente la mobilitazione da parte delle opposizioni per fare ‘bocciare’ la riforma del Senato da parte dei cittadini elettori nel referendum previsto dalla Costituzione? Ci crediamo poco. In particolare, non crediamo affatto alla mobilitazione berlusconiana contro la riforma del Senato, perché quella approvata è la riforma voluta dall’ex Cavaliere in combutta con Renzi. Come ci capita spesso di scrivere, il signor Silvio Berlusconi, prima di guardare agli interessi dell’Italia e al popolo italiano, rivolge lo sguardo alle proprie aziende. E sono proprio gli interessi delle sua aziende che spingono questo personaggio ad appoggiare il governo di Matteo Renzi. Del resto, l’attuale presidente di Mediaset, Confalonieri, l’ha detto a chiare lettere: “Renzi, deve continuare a governare”. Comunque, con o senza i berluscones, le forze di opposizione, se si impegneranno seriamente nella campagna referendaria, avranno buone possibilità per demolire la riforma e chi ha forzato la mano per farla approvare.
Intanto il Matteo nazionale fa un’altra birichinata, sempre in dispregio agli impegni assunti con gli elettori per combattere il fenomeno dell’evasione fiscale. Il PD tramite l’allora portavoce Bersani, ma con accanto Matteo Renzi, s’impegnava a limitare l’uso del contante a trecento euro. Ora il capo del governo del nostro Paese vuole portare il denaro contante dagli attuali 1.000 euro a 3.000 euro. Dalla Pagina di facebook di Pierluigi Bersani, leggiamo:
“Ho risposto a una domanda dei giornalisti sull'uso del contante e il limite a 3mila euro. Ecco la risposta: elevare il limite per l'uso del contante a tremila euro favorisce i consumi in nero, il riciclaggio, l'evasione e la corruzione. Con una certa amarezza -aggiunge l'ex segretario del PD- vorrei chiedermi: ma che messaggio vogliamo dare all'Italia e da quale Italia vogliamo il consenso? Non si dica per favore che alzando la soglia del contante si favoriscono i consumi. Chi ha da spendere 3.000 euro per un acquisto, ha sicuramente una carta di credito. Noi incoraggeremmo i consumi in nero, il riciclaggio, l'evasione e la corruzione, com’è stato certificato da tutte delle agenzie, a cominciare dall'Agenzia delle entrate. Anch'io sono favorevole ad arrivare alla media europea nell'uso del contante, quando saremo alla media europea nell'uso del contante, nell'evasione, nel nero, nella corruzione. Non possiamo prendere la stessa medicina di chi non ha la malattia. Noi abbiamo una malattia molto seria e si richiederebbero medicine molto serie".
Chiediamo e ci chiediamo: anche Pierluigi Bersani mette in scena una recita per dimostrare di essere coerente con se stesso e con gli elettori? Ci chiediamo altresì se sia giusto limitare l’uso del contante o se invece ciò determina effetti negativi sull’economia nazionale. E se è così come mai il capo del governo l’ha scoperto solo ora?
Il fatto vero, comunque, è che per Matteo Renzi i cittadini contano poco e, in particolare, contano poco quelli che vanno a votare. Il risultato delle elezioni, secondo Renzì, non vale un fico secco e l’ha dimostrato appropriandosi delle istituzioni senza passare dal corpo elettorale, facendo approvare da un Parlamento delegittimato da una sentenza della Corte Costituzionale riforme che a tutto rispondono fuorché alle regole democratiche.