Mentre dentro Confindustria Sicilia è in corso una sorta di ‘regolamento’ dei conti tra i protagonisti di una stagione antimafia dalle tante ombre e dalle pochissime luci, arrivano a Palermo, alla festa dell’Unità, il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, e la presidente della commissione Antimafia del Parlamento nazionale, Rosy Bindi. I temi da affrontare non mancano, dalle ‘faide’ interne all'associazione degli industriali siciliani alla gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia, dopo lo scandalo – perché di uno scandalo si tratta – legato all'utilizzazione, non esattamente ‘trasparente’, della Sezione per le misure di prevenzione del Tribunale di Palermo.
Rosy Bindi, ieri sera, non sembrava in difficoltà. In effetti, come ha ricordato al nostro giornale il direttore di TeleJato, Pino Maniaci, la presidente della commissione Antimafia nazionale, nel passato non lontano, non ha fatto una bella figura a proposito della gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia. Mettiamola così: diciamo che non ha intuito quello che stava succedendo. Quando ancora gli ‘altarini’, in questo settore della Giustizia gestito all’insegna degli affari, non erano stati scoperchiati, la presidente Bindi si è esibita in una difesa appassionata di Silvana Saguto, l’ex presidente della Sezione per le misure di prevenzione oggi dirottata in altri settori. E oggi che dice Rosy Bindi? “La commissione Antimafia deve recitare il mea culpa? Non credo – ha detto la Bindi . Abbiamo preso le parole di Caruso molto sul serio. Non a caso abbiamo presentato il disegno di legge che andrà in aula già a novembre, intervenendo anche su alcuni aspetti che lo stesso Caruso aveva denunciato. E anche vero che le cose dette dall'ex prefetto riguardavano un sistema, e non singole persone”.
Il Caruso citato da Rosy Bondi è Pietro Caruso, il prefetto che, in anticipo sugli eventi, ha denunciato storture nella gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia. Quando Caruso e il direttore di TeleJato, Pino Maniaci, denunciavano la pessima gestione di questo delicato settore della vita pubblica – questo va detto per onestà di cronaca – né il governo nazionale, né la commissione Antimafia hanno fatto qualcosa. Anzi, nel caso della presidente Bindi, come già ricordato, c’è stata una difesa dei vertici della Sezione per le misure di prevenzione poi finiti nell’occhio del ciclone.
Di fatto, il Ministro Orlando e la presidente Bindi, ieri, alla festa dell’Unità, a Palermo, hanno riservato allo scandalo della gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia solo parole di circostanza. Il Ministro ha parlato degli ispettori ministeriali che indagano. Abbiamo appreso, addirittura, che su questo tema il governo nazionale avrebbe anticipato la magistratura. Ci sarebbe un decreto che interviene sui compensi degli amministratori giudiziari, che è pronto dallo scorso Luglio. E’ già in vigore? Non l’abbiamo capito. Per il resto, gli ispettori ministeriali lavorano, fianco a fianco, con i magistrati della Procura della Repubblica di Caltanissetta, titolari dell’inchiesta sulla Sezione per le misure di prevenzione del Tribunale di Palermo e bla bla bla.
Quanto alla faida interna a Confindustria Sicilia, altre parole di circostanza: discutete, ma senza scannarvi. Salvaguardando il ‘pupo’, ovvero i feticci dell’antimafia delle celebrazioni. Anche se la Bindi, a un certo punto, in un ‘conato’ di coraggio, ha affermato: “È giunto il momento di fugare ogni dubbio e chiarire se in qualche caso l'antimafia non è stata usata solo per combattere la mafia, ma per creare carriere e conquistare posti di potere”. Incredibile: non ce n’eravamo accorti…
E oltre l’oleografia mafia-antimafia? Ci saremmo aspettati un dibattito sui guasti prodotti sull’economia di Palermo e provincia e, in generale, sull’economia siciliana dalla gestione dei beni mafiosi, soprattutto di quelli sequestrati. Non è detto, infatti, che tutti i sequestri si concludano con le confische, cioè con il passaggio delle aziende e dei beni immobili allo Stato. Chi risulta innocente dovrebbe tornare a fare il mestiere di imprenditore con le proprie aziende e i propri beni. Ma in tantissimi casi non è così, perché gli amministratori giudiziari restituiscono ai legittimi proprietari aziende ‘ripulite’. Sono fatti denunciati con forza da Pino Maniaci che non trovano ascolto nel mondo politico, sia con riferimento al centrosinistra, sia con riferimento al centrodestra. La dimostrazione che in questo settore il mangia-mangia è ecumenico.
Ascoltando il dibattito alla festa dell’Unità e, soprattutto, osservando i ‘minimi’ movimenti in corso nel Palazzo di Giustizia di Palermo, si ha la sensazione netta, precisa, che questa storia possa finire come la “Santabarbara mai esplosa” della prima commissione nazionale Antimafia tra gli anni ’60 e gli anni ’70 del secolo scorso. Anche allora, tra strage di Ciaculli, guerre di mafia, mancati arresti di boss mafiosi e delitti ‘eccellenti’, si pensava ad esiti clamorosi. Invece non successe nulla (a parte, ovviamente, gli uomini dello Stato che sarebbero stati ammazzati, uno dietro l’altro, negli anni successivi).
La stessa atmosfera si respira oggi a Palermo. ‘Normalizzazione’ a tutti i livelli. Dibattiti al ‘cloroformio’ orchestrati da un partito – il PD – che sembra aver preso il posto della vecchia Dc. E passi felpati dalle parti del Palazzo di Giustizia. Niente arresti, si apprende: solo trasferimenti di cinque magistrati. E la revoca di tutti gli incarichi agli amministratori giudiziari legati alla lunga stagione della dottoressa Silvana Saguto? Aspettiamo Godot? Sabbia, sabbia, sabbia…
Quindi i silenzi. In questi casi molto più significativi e indicativi di qualunque parola. E in questo ‘concerto’ del silenzio spicca l’ordine dei Commercialisti di, ‘fucina’ di tanti amministratori giudiziari…