La parola d’ordine è ignorare la volontà dei cittadini, ballare sulle loro teste, giocare a risiko con il loro futuro. E’ diventato assai difficile difendere le istituzioni Siciliane (come spesso facciamo in questa e in altre rubriche di questo giornale) da attacchi spesso strumentali (ci riferiamo alle tentazioni centraliste che, in Italia, come nel resto d’Europa, sono solo espressioni di lobby interessate a fagocitare meglio gli asset dei territori) quando a rappresentarle, nella maggioranza dei casi, ci sono politicanti interessati solo a preservare poltrone e privilegi, costi quello che costi.
Piaccio o non piaccia, questa è l’immagine che ci restituisce l’ Assemblea regionale Siciliana, il Parlamento dell’Isola. E, i fatti di ieri (mercoledì 23 Settembre), lo confermano ampiamente. In un solo giorno, infatti, è stato battuto ogni record di nefandezze politiche. In un solo giorno, l’Ars ha respinto tre provvedimenti che parlavano di democrazia, di spending review (quella vera) e di demolizione della casta.

Sala d’Ercole, l’Aula dell’Ars
Tre no che, verosimilmente, hanno decretato il de profundis della rappresentanza politica in Sicilia, e della stessa istituzione parlamentare: 1) bocciata la proposta di una consultazione referendaria sul delicato tema delle trivellazioni petrolifere in mare; 2) bocciata la proposta del Movimento 5 Stelle di decurtare gli stipendi dei deputati per finanziare i trasporti dei disabili; 3) bocciata la proposta di mettere al voto la mozione di censura nei confronti di Patrizia Monterosso, potente burocrate del cerchio magico del Presidente della Regione, Rosario Crocetta, condannata dalla Corte dei Conti a risarcire la Regione Siciliana per oltre un milione di euro, per gravi responsabilità nell’esercizio delle sue funzioni.
Questa è l’Ars di oggi. Questi sono i politici siciliani che dovrebbero rappresentare i cittadini.
Ma, andiamo con ordine per capire di chi sono esattamente le responsabilità, concentrandoci, per ora, su quello che ci sembra il fatto più grave, quello che di certo farà inorridire, più di tutti, mezza Italia, dando fiato a chi pensa ai politici siciliani come ai peggiori esemplari della giungla: la questione trivelle.
In sintesi, con il decreto ‘Sblocca Italia’ dell’anno scorso, il Governo Renzi ha pensato di dare una mano alle compagnie petrolifere. Come? Togliendo alle Regioni il potere di decidere in materia di ricerche di idrocarburi e spalancando le porte alle trivellazioni nel Mediterraneo. Poche le risorse disponibili, ma quanto basta a garantire utili alle compagnie che in Sicilia versano royalties ridicole (tra le più basse d’ Europa) e che ancora oggi ringraziano il cielo per la grazia ricevuta.
L’insurrezione non si è fatta attendere. Ambientalisti e numerosi comitati di semplici cittadini hanno denunciato ad alta voce i rischi di devastazione dell’ecosistema del Mare Nostrum e ribadito la vocazione al turismo e alla pesca dei territori affacciati sul mare e presi di mira dai petrolieri. Non solo. Cinque regioni si sono coalizzate contro il Governo Renzi in difesa del proprio territorio: Basilicata, Marche, Molise, Puglia e Sardegna, attraverso i loro Consigli regionali, hanno detto sì al referendum, mentre si aspetta che anche altre regioni si pronuncino sul tema. In Sicilia, a raccogliere il guanto è stata Sicilia Nazione (movimento che sta tentando di riunire gli indipendentisti siciliani) che ha lanciato la campagna pro referendum e il Movimento 5 Stelle che ha portato in Aula la proposta. E si arriva al giorno funesto, a ieri: l'Assemblea regionale siciliana non raggiunge il quorum di 46 voti favorevoli (la maggioranza più uno dei 90 parlamentari).
E come mai? Chi ha temuto di dare la parola ai Siciliani su un tema tanto importante per l’Ambiente e per il futuro dell’Isola? Naturalmente i deputati del Pd, per i quali, evidentemente, conta più il diktat di Renzi che la volontà dei Siciliani. Non a caso, si sono meritati, in più occasioni, la nomea di ‘ascari’, mercenari, cioè, al soldo di chi li arruola, non del territorio che li ha eletti.
E chi sono costoro? Eccoli: Mario Alloro, Giuseppe Arancio, Anthony Barbagallo, Antonello Cracolici,, Baldassere Gucciardi, Giuseppe Laccoto, Salvatore Lo Giudice, Giuseppe Lupo, Bruno Marziano, Antonella Milazzo, Francesco Rinaldi, Paolo Ruggirello. Tutti del Pd, tutti al servizio di Renzi.
A votare no, manco a dirlo, anche i ‘crocettiani’ Giovanni Di Giacinto, Giuseppe Giannuso, e Antonio Malafarina. E, ovviamente, l’uomo che ha fatto dell’incoerenza il suo stile: il Presidente della Regione, Rosario Crocetta, lo stesso che in campagna elettorale prometteva che mai avrebbe consentito di fare “spirtusare”, (ovvero bucare, nel senso di trivellare) il mare Siciliano. Ma, ciò non sorprende più di tanto. Siamo dinnanzi ad una certezza matematica: Crocetta, in questi anni, ha fatto tutto il contrario di quanto promesso prima delle elezioni. La sua finta rivoluzione, d’altronde, ha incluso anche la condivisione del potere con un personaggio assai ambiguo, non a caso oggi indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, quale è il presidente degli industriali siciliani, Antonello Montante. Che volete di più?
Va da sé che nel voto di ieri un peso hanno avuto anche le assenze (i nomi li potete leggere in calce all'articolo dove riportamo i dettagli della votazione). Questi, insomma, i personaggi in mano a cui sono finiti i Siciliani, ai quali si vuole impedire di scegliere il loro futuro per salvare le carriere e le poltrone di pochi.
Questi i servi sciocchi, ma per davvero sciocchi. Perché il referendum si celebrerà comunque. Secondo la Costituzione italiana, infatti, bastano cinque regioni per poter proporre un referendum abrogativo. E, come detto, cinque regioni hanno già detto sì. In sostanza, hanno rivelato la loro natura anti democratica, inutilmente.
Ovvio che ognuno è libero di pensarla come vuole sulle trivelle. Ma volere ignorare la voce dei cittadini è un atto osceno, imperdonabile in democrazia.
La cosa più sorprendente è che, insieme con il Movimento 5Stelle, anche molti deputati del centrodestra avevano votato in favore. Una lezione di democrazia inaspettata, per certi versi, che rende ancora più miserabile la scelta del Pd, partito che dovrebbe essere erede della grande sinistra italiana, ma che evidentemente non lo è più. Non a caso, un esponente storico di questo partito ed ex deputato, Pino Apprendi, su Facebook scrive a chiare lettere:"Un partito che si dichiara di sinistra, bloccherebbe le trivellazioni in Sicilia".
E, invece, non lo ha fatto.
"Oggi è stata scritta una brutta pagina della storia del Parlamento siciliano. – affermano in una nota congiunta i parlamentari dell'Udc all'Ars, Mimmo Turano e Margherita La Rocca Ruvolo – Fortunatamente con la decisione assunta oggi dal Consiglio regionale della Sardegna sono state raggiunte le condizioni minime previste dall'articolo 75 della Costituzione per poter proporre un referendum per l'abrogazione di alcune parti dell'articolo 38 dello Sblocca Italia e dell'articolo 35 del Decreto sviluppo. Resta l'amarezza per un voto che ci allontana pericolosamente dallo sforzo comune delle regioni di riaffermare con chiarezza il principio della leale collaborazione con lo Stato e il ruolo che esse hanno di presidio democratico e di governo del territorio".
“Grazie a questo ignobile Pd, – aggiungono i 14 deputati Cinquestelle all’Ars – la Sicilia sarà l’unica Regione a non opporsi alle trivellazioni”. Interviene anche il presidente della commissione Ambiente all’Ars Giampiero Trizzino (M5S): “In giorni come questo, mi vergogno di essere siciliano. I cittadini siciliani prendano coscienza, una volta per tutte, di chi li rappresenta in questa Assemblea”. Sono stati i parlamentari del M5S a rendere noti i nomi dei deputati che hanno votato contro il referendum abrogativo perché “chi ha votato per prostrarsi al diktat del governo nazionale e agli interessi delle compagnie petrolifere dovrà risponderne ai cittadini”.
Durissimo anche il commento di Sicilia Nazione:
"Crocetta e il PD quasi al completo si sono schierati dalla parte di chi vuole impedire alla gente di decidere e consegnare alla speculazione la nostra terra e il nostro mare, peraltro senza alcun rientro economico per la Sicilia.- si legge in una nota del movimento. Che aggiunge:
"E’ una tripla vergogna. La prima perché l’ARS non si è unita alle regioni che hanno indetto il referendum. La seconda perché è stato un voto che ha determinato solo umiliazione per la Sicilia, dato che occorreva il voto positivo di 5 Consigli regionali e hanno già deliberato positivamente la Basilicata, le Marche, il Molise, la Puglia e la Sardegna e quindi il referendum si terrà lo stesso. La terza- chiosa Sicilia Nazione- perché le norme da sottoporre a referendum violano lo Statuto e le competenze della Sicilia e quindi l’Ars avrebbe dovuto chiederne l’abrogazione all’unanimità".
Insomma, il referendum, alla fine, si farà, ma la ferita inferta ieri dal Pd&associati al Parlamento Siciliano è profonda. Non si esita a parlare di morte della politica e già si preparano i funerali dell’ Ars.
L’unico modo per resuscitare la massima istituzione della Sicilia sarebbero le dimissioni di massa di questi pseudo-parlamentari. In un solo colpo libererebbero la Sicilia da loro e da un Governo dannoso, ritrovando una dignità che sembra ormai del tutto smarrita. Ma, non lo faranno. Più importanti della democrazia e del bene dei Siciliani, sono i loro stipendi e le loro carriere che con ogni probabilità verranno stroncate dagli elettori. Quindi, meglio non dargli la parola…. Renzi docet.
Va da sè che i Siciliani che sognano ancora un futuro per questa terra, prima ancora di liberarsi dalla morsa vorace dei partiti nazionali, dovranno mandare a casa gli ascari locali. E sono tanti.
Ecco i voti di ieri sulla proposta del referendum:

I voti espressi ieri all’Ars sul referendum relativo alle trivellazioni petrolifere