Quando si aspira ad una carica politica come quella di presidente degli Stati Uniti, tutto diventa di fondamentale importanza, anche la decisione su dove trascorrere le vacanze estive.
A quanto pare Hillary Clinton ha commesso un errore questa estate scegliendo di rilassarsi con la famiglia nell'esclusivissima Amagansett, la cittadina degli Hamptons, a Long Island, che costituisce una delle mete preferite del jet-set newyorchese.
Con il costo della casa con piscina e spiaggia privata, che ha superato abbondantemente i cinquantamila dollari alla settimana, è difficile poi cercare di presentarsi al proprio elettorato come una "persona normale" dalle semplici origini borghesi, a prescindere dal fatto che sia vero o meno.
Gli elettori in generale, e quelli americani in particolare, tendono ad ignorare i "fatti" e a farsi influenzare, nelle loro decisioni di voto, dagli aspetti più emotivi e viscerali dei candidati sui quali sono chiamati a pronunciarsi.
Questo aspetto fondamentale della psicologia elettorale costituisce da tempo un problema per Hillary Clinton e sta diventando l'aspetto principale di queste prime fasi delle elezioni presidenziali americane sia in campo democratico che in quello repubblicano.
Stando agli ultimi sondaggi, nelle preferenze democratiche, la Clinton continua a perdere terreno nei confronti del suo principale rivale del momento, il senatore del Vermont Bernie Sanders, noto fustigatore dei privilegi dei ricchi, paladino degli umili e unico esponente politico americano a non considerare il termine "socialista" come sinonimo di "appestato".
Con un personaggio come questo con il quale contendere, forse l'idea della vacanza agli Hamptons non è stata tra le più azzeccate.
Stando ai più recenti rilevamenti statistici, al momento Sanders può contare su un vantaggio di oltre venti punti percentuali su Hillary in New Hampshire e di dieci punti in Iowa, un risultato importantissimo perché, proprio in questi stati, si terranno le prime due tornate delle elezioni primarie e due vittorie di seguito, possono potenzialmente conferire all'uno o all'altro candidato un impulso iniziale tale da influenzare i risultati su scala nazionale.
Il momento difficile che l'ex first lady sta attraversando é stato attribuito, in parte, allo "scandalo" delle email di lavoro che, durante il suo mandato come Segretario di Stato nell'amministrazione Obama, Hillary avrebbe custodito su un server privato anziché su quello pubblico del Dipartimento di Stato. Questa infrazione le avrebbe consentito di sottrarre la sua corrispondenza allo scrutinio della stampa e di cancellare a suo piacimento una parte di questi messaggi, in barba alle regole sui protocolli di archiviazione dei documenti ufficiali.
In realtà, per quanto questo problema abbia indubbiamente peggiorato le cose nella scalata della Clinton alla Casa Bianca, i suoi guai con l'elettorato sono iniziati proprio con la discesa in campo del rivale democratico Bernie Sanders che, a sorpresa, è riuscito a scalfire il primato clintoniano coniugando la sua spontaneità e il suo profondo impegno politico, con un programma autenticamente progressista e, soprattutto, con la schiettezza con la quale comunica le sue idee con il popolo della sinistra democratica. Caratteristiche queste che risaltano fortemente quando messe a confronto con le caute "triangolazioni" dei Clinton.
Il vento di populismo che sta minacciando la supremazia di Hillary Clinton tra l'elettorato democratico è lo stesso che sta sostenendo Donald Trump in ambito repubblicano. Infatti le situazioni nei due schieramenti sono abbastanza speculari con Jeb Bush e Hillary Clinton, i due prevedibili capolista di partito, misurati e "istituzionali", superati dal "massimalismo ribelle" di Donald Trump e Bernie Sanders che sono stati capaci di emergere come candidati credibili nei sondaggi proprio parlando senza peli sulla lingua ed evitando la tradizionale e moderata cautela retorica che contraddistingue il dibattito politico.
Il fatto che sia Bernie Sanders che Donald Trump abbiano, almeno per ora, spiazzato i due principali contendenti grazie a questa percezione di autenticità che sono riusciti a comunicare ai propri sostenitori, non significa che la loro schiettezza equivalga ad una simile chiarezza dei contenuti espressi.
La decisione e la sicurezza con la quale Sanders prende posizione sui principali argomenti al centro del dibattito politico americano è il frutto di una lunga carriera trascorsa a Washington sempre animata da una passione evidente per il suo lavoro e da precisi parametri ideologici che ne fanno una delle figure più coerenti del Congresso americano.
Trump invece, non ha mai occupato una carica pubblica e la sua schiettezza retorica si traduce spesso in rozze e generiche accuse verso i vari gruppi che l'elettorato conservatore identifica come "il nemico di turno dell'America", siano essi gli immigrati messicani o i mullah iraniani.
La sua retorica ha, per lo più, una valenza puramente negativa fatta di critiche feroci ai suoi avversari abbinata ad una sua personale auto-glorificazione.
Il suo programma politico non ha nulla di sostantivo ma è caratterizzato da una totale vaghezza di termini e incoerenza di principi che cambiano a seconda del momento e che sembrano improvvisati man mano che la sua avventura elettorale procede.
Il paradosso che emerge in questa situazione è che la forza di Sanders e Trump è un prodotto della loro "debolezza". Malgrado la momentanea infatuazione dei popolo repubblicano, Donald Trump resta un candidato ineleggibile.
Grazie al suo spessore intellettuale, alla sua esperienza e alla forza delle sue convinzioni Bernie Sanders è un personaggio molto più serio e credibile di Trump ma il senatore del Vermont resta troppo "liberal" rispetto al baricentro politico dell'opinione pubblica americana e, per questo motivo, le sue speranze di successo finale restano esigue.
Ma, nell'ottica delle elezioni primarie, quando gli elettorati dei due principali partiti politici tendono a polarizzare il dibattito, la forza di Trump e Sanders sta proprio nel fatto di non aver nulla da perdere.