Nei prossimi giorni proseguiranno e s'intensificheranno i lavori per la riforma del Senato della Repubblica col rischio, se approvata secondo la volontà renziana, di far diventare questo ramo del Parlamento ‘consultivo’ e non più eletto dal Popolo, ma ‘nominato’. Per approfondire la storia del Senato rileggiamo qualche breve cenno storico a partire dall'epoca dell'Impero Romano.
Andando molto indietro negli anni e addirittura al nono anno prima della nascita di Gesù Cristo si legge nei testi di storia a proposito del Senato Romano (che potetere leggere qui per intero):
"Il Senato era un'istituzione politica nell'antico Impero Romano. Dopo la fine della Repubblica romana, l'equilibrio costituzionale del potere fu spostato dal Senato all'imperatore. Cominciando con il primo imperatore, Augusto, l'imperatore e il Senato avevano teoricamente gli stessi poteri. In pratica, tuttavia, l'autorità del Senato imperiale era trascurabile, poiché l'imperatore deteneva il vero potere dello Stato. Come tale, l'appartenenza al Senato divenne ricercata da persone che volevano ottenere prestigio e aumentare il loro status sociale, piuttosto che l'autorità in sé. Durante il governo dei primi imperatori, i poteri legislativi, giudiziari ed elettorali furono trasferiti dalle assemblee al Senato. Tuttavia, dal momento che l’imperatore aveva il controllo assoluto sul Senato, questo funse da veicolo attraverso il quale l'imperatore esercitava i suoi poteri autocratici."
Dopo l'unità d'Italia e l'appropriazione del potere da parte del Regno dei Savoia avvenuto nell'anno 1861 vanno in scena le seguenti considerazioni (che potete leggere qui per intero):
"Il Senato del Regno nacque nel 1861, in seguito all'unità d'Italia, come diretta evoluzione della camera alta del Regno di Sardegna, per immissione di componenti provenienti dai territori conquistati durante la II guerra d'indipendenza e dopo la Spedizione dei Mille. La nomina a Senatore del regno era ad vitam e garantiva privilegi leggermente superiori dell'elezione a deputato, però, in breve tempo, pur rimanendo formalmente regia, la nomina venne sostanzialmente avocata dai presidenti del Consiglio, che avevano così sempre maggiore possibilità di influenzare le scelte del Re e, tramite le cosiddette infornate di nuovi senatori, far diventare più stabile il consenso. In principio la creazione di questa istituzione rispondeva all'intenzione di dare luogo ad un bicameralismo paritario (riferito all'importanza delle due camere) e differenziato (le due camere dovevano avere diverse funzioni condividendo quella legislativa), ispirandosi allo statuto francese del 1830; tuttavia, nella prassi, il fatto che la Camera dei deputati fosse eletta da un numero sempre maggiore di persone, fece sì che i governi preferissero recarsi alla Camera piuttosto che in Senato, quando dovevano ottenere supporto politico".
Dopo la seconda guerra mondiale attraverso un referendum gli italiani scelsero la Repubblica ed il Parlamento con maggioranza qualificata approvò la nuova Costituzione che, come primo obiettivo fissava come regole fondamentali "la democrazia e il lavoro". Il Senato della Repubblica, quindi, diventava un organismo prevalentemente eletto dal Popolo (309 Senatori) ai quali si aggiungevano i Senatori a vita (gli ex Presidenti della Repubblica) e quelli nominati dai Presidenti della Repubblica fino a un massimo di cinque:
"Il Senato della Repubblica (spesso abbreviato semplicemente in Senato), nel sistema politico italiano, è una delle due assemblee legislative o camere che costituiscono il Parlamento italiano, unitamente alla Camera dei deputati. I due rami del Parlamento si rapportano secondo un sistema bicamerale perfetto, cioè svolgono in pari grado le stesse funzioni, anche se separatamente. La Costituzione Italiana prevede che il Senato della Repubblica sia eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero. Il numero dei senatori, eletti tra i cittadini italiani che abbiano compiuto i 40 anni d'età, è di 315, 309 dei quali eletti nelle 20 regioni italiane, e 6 eletti nella circoscrizione Estero. Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a 7, eccetto il Molise che ne ha due e la Valle d'Aosta uno (art.57). La carica di senatore è elettiva e termina con la fine della legislatura, tuttavia fanno parte del Senato anche alcuni senatori a vita e senatori di diritto e a vita, in numero variabile (attualmente sei: quattro nominati e due di diritto)”.
Ora che sta succedendo? Matteo Renzi si è messo in testa di attuare una riforma che nei fatti rischia di buttare nella spazzatura la Costituzione repubblicana e trasformare il Senato della Repubblica in un organismo simile al disciolto Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro. Infatti i nuovi senatori non avrebbero più le prerogative di approvare le leggi, ma quella di esprimere "pareri". E poi Mister Renzì, non ancora appagato della riforma elettorale della Camera dei Deputati e dell'approvazione dell'Italicum che presenta le stesse negatività antidemocratiche del Porcellum, vuole ulteriormente delegittimare il nuovo Senato con l'introduzione dell'elezione indiretta. Sarebbero infatti i Consigli Regionali a nominare i nuovi componenti.
Bisogna ricordare ai lettori che l'attuale Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, non ha avuto un mandato dagli elettori e che attualmente per governare utilizza i parlamentari voluti dall'ex leader del PD Pierluigi Bersani. Renzi per fare ciò non ringrazia Bersani e anzi inveisce spesso affermando: "Bersani ha perso le elezioni". Ma che spavalderia da parte di questo nuovo ‘profeta’ che continua a sputare nel piatto dove continua a mangiare!
Continuando con il suo ‘stile’ da spaccone, Mister Renzì ogni tanto arriva a minacciare i parlamentari che legittimamente e coerentemente dissentono e non hanno intenzione, per soddisfare i capricci del Premier, di calpestare la democrazia e la Carta costituzionale. Renzi per convincere i dissidenti usa termini quali: "O approvate la riforma che dico io, o altrimenti si va a nuove elezioni". In questo modo, oltre a intimidire i parlamentari, offende la più alta carica dello Stato.
Quasi, quasi Mister Renzi, con queste continue minacce ci costringe a leggere un'amara pagina della Storia Italiana. Ci riferiamo al discorso "del bivacco" pronunziato alla Camera da Benito Mussolini il 16 novembre del 1922:
“Mi sono rifiutato di stravincere, e potevo stravincere. Mi sono imposto dei limiti. Mi sono detto che la migliore saggezza è quella che non ti abbandona dopo la vittoria. Con trecentomila giovani armati di tutto punto, decisi a tutto e quasi misticamente pronti ad un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il Fascismo. Potevo fare di quest'Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli; potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo, ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto”.
È un paragone estremo, ma una cosa vera c'è: Matteo Renzi oggi governa l'Italia senza un imprimatur popolare e alla stessa stregua di quanto fece allora il Duce. Renzi, quindi, continua a ostinarsi e a snobbare i propri compagni del PD perché ritiene – e noi ci crediamo – di avere un asso nella manica.
La carta segreta, ma non tanto, c'è ed è fornita da una persona che, oltre l'amicizia, gli ha dato la comparanza dopo l'incontro di Arcore avvenuto il 7 dicembre del 2010:
Da la Repubblica del 7 dicembre 2010 rileggiamo l'inizio dell'amicizia, o meglio definita "compara zia" tra l'ex Sindaco di Firenze, oggi Premier, e l'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi:
“I due si annusano a distanza da tempo. C'è una curiosità reciproca e, almeno da parte del Cavaliere, anche una corrente di schietta simpatia per quel giovane così ‘diverso dai soliti parrucconi della sinistra’. “Un po' mi somiglia, è fuori dagli schemi", ha confidato a un amico. Insomma, alla fine forse era inevitabile che accadesse e infatti è accaduto: Matteo Renzi, il sindaco della rossa Firenze e leader dei ‘rottamatori’ del PD, ha varcato ieri il cancello di Arcore".
Il Patto del Nazareno non è stato sepolto, ma continuerà a vivere perché se non è utile agli italiani lo sarà sicuramente per le aziende del Gruppo Mediaset e, a tal proposito, menzioniamo quanto affermato qualche giorno fa da Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset: “Certamente Renzi è il futuro. Secondo me occorre lasciarlo lavorare. Ha già fatto tanto e potrà fare di più.”
Nei prossimi giorni agli Alfano, Verdini, etc. si aggiungeranno altri berlusconiani o ex azzurri che serviranno da stampella a Matteo Renzi per portare avanti le 'riforme' sbandieriate come "modernizzanti" che, nei fatti, sono destinate a far diventare il Parlamento del nostro Paese “un bivacco di manipoli” oggi di Renzi e domani di Mister X.
Un appello ai parlamentari liberi: usate tutti gli strumenti per evitare di snaturare il sistema democratico e farlo diventare un vero regime.