Settembre 2015, la celebrazione dell’avvio dell’anno della “Buona Scuola” assume sempre più i contorni di un rito funebre. Un’atmosfera tetra di incertezza, insoddisfazione, ansia e preoccupazione fa da sfondo ai collegi d’istituto. Presidi confusi e ossessionati dall’incalzare delle scadenze imposte dalla malsana fretta di una riforma che rischia di riportare la società indietro di almeno 100 anni a causa della rottura che essa provoca dell’ascensore sociale fino ad oggi rappresentato, appunto, dal sistema dell’istruzione (tema dettagliatamente trattato in uno dei miei articoli precedenti).
I docenti precari tremano: dalle ore 12.01 di oggi, 02/09/2015 sul sito del MIUR, alla sezione istanze online, potrebbero ricevere una spaventosa email che li obbliga a lasciare mariti, mogli, figli, genitori, casa per emigrare chissà dove. Lontano da tutto e da tutti, pena la perdita a vita del proprio lavoro, quello al quale hanno dedicato la propria intera esistenza professionale. Si tratta della famigerata ‘Fase B’ del piano assunzionale; la più paradossale di tutte, se si pensa che i docenti precari che stanno in fondo alle graduatorie saranno assunti solo nella ‘Fase C’, nella quale non è esclusa per loro la possibilità di rimanere a lavorare nella propria provincia. Usando la terminologia renziana – che, per inciso, non mi appartiene – dunque, i docenti “più meritevoli”, ovvero quelli che si trovano nei posti più alti della graduatoria, saranno puniti in quanto costretti ad emigrare. Questo il concetto di “meritocrazia” nell’Italia ai tempi di Renzi. Queste le conseguenze di una politica-show fatta di parole vuote e di mera arroganza.
A cosa servirà dunque questa famigerata “Buona Scuola”? A niente, se non ad impoverire ulteriormente il Sud del nostro Paese che assisterà ad un ulteriore, massiccio esodo di abitanti qualificati ed il conseguente spostamento di reddito verso il Nord. A tal proposito ho più volte sottolineato come la questione meridionale riproposta dai recenti dati della SVIMEZ sia inscindibile dalla discussione sull’aggravamento della situazione che viene a crearsi per effetto della suddetta riforma della Scuola. Mi chiedo e chiedo: a questo punto non dovrebbero essere i governatori delle Regioni del Sud a mobilitarsi in difesa dei precari della scuola? Silenzio assordante. Il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, e la sua serafica assessora all’Istruzione, Mariella Lo Bello, sono ancora occupati nella ‘rivoluzione’ del paese delle meraviglie…o di cuccagna…
Lodevole il caso dell’assessora all’Istruzione della Sardegna, Claudia Firino (SEL), che per tutta l’estate ha provato a sollevare il problema con missive dirette al governo nazionale, volte a cercare soluzioni al fine di ridurre al massimo l’emigrazione coatta degli insegnati sardi. Peccato che sia rimasta sola in questo suo disperato appello. E’ evidente che governatori delle Regioni del Meridione siano del tutto indifferenti agli interessi socio-economici dei territori che pure li hanno eletti. A proposito di eletti dai territori: il sottosegretario Davide Faraone, siciliano, invece di prendere a cuore la questione della progressiva desertificazione umana della Sicilia, sapete cosa risponde? “Ma che dite, stiamo realizzando un piano assunzionale senza precedenti. Non avete capito. E poi cosa ci posso fare io se i posti vacanti sono al Nord e non al Sud”? Eh no, caro Faraone. Tu potevi fare molto. Tu potevi contribuire alla stesura di una riforma seriamente finalizzata alla soluzione dei veri e gravi problemi dell’istruzione del nostro Paese ovvero: 1) riduzione della dispersione scolastica; 2) equiparazione tra Nord e Sud del numero di scuole che offrono il servizio del doposcuola. La situazione dei genitori lavoratori che non sanno dove lasciare i propri figli (che spesso crescono in mezzo alla strada) è disperata. Entrambe le cose contestualmente avrebbero avuto il vantaggio collaterale di aumentare i posti di lavoro nel Meridione e dunque di ridurre l’imminente esodo forzato.
Che di fatto al governo Renzi interessi poco il funzionamento di una “giusta, buona scuola” appare chiaro anche dal mantenimento del cosiddetto “contributo volontario”, tassa salatissima che i genitori sono costretti a pagare al momento dell’iscrizione per sopperire ai pesanti tassi inferti di anno in anno alla scuola pubblica. Ora, poiché a causa della crisi, nell’ultimo anno molti genitori hanno pagato meno rispetto agli anni precedenti, durante i collegi d’istituto, in occasione dei quali si decreta anche come erogare i servizi agli alunni, si assiste a proposte del tipo: “Facciamo frequentare i corsi di recupero solo agli alunni le cui famiglie hanno dato più soldi alla scuola”. Già, proprio così: si precipita ineluttabilmente nel buio di un futuro privatizzato, classista, fatto di differenze sociali dove solo il più ricco deve farcela.
Ecco perché questa “Buona Scuola” non ci piace: perché non risolve i veri problemi e ne crea altri. Non ci resta che rimanere tutti uniti intorno ai sindacati, qualsiasi essi siano; l’importante è non agevolare i nostri antagonisti renziani di destra che non vedono l’ora di farli fuori definitivamente contro di noi. Se qualcosa dei sindacati non ci convince, denunciamola cercando di migliorarli perché screditarli fino a farli estinguere sarebbe un vero suicidio e il trionfo di un governo nazionale oscurantista. E’sufficiente ripassare un po’ di storia per convincersene.