Si è sempre distinto per le sue invettive contro lo Statuto siciliano e contro l’Autonomia regionale, ma nessuno ha mai capito bene perché. C’è chi attribuisce tale radicale ostilità alla sua cultura destrorsa, nemica del regionalismo e dei principi democratici che lo hanno generato. C’è chi dice che è solo una ricerca di clamore, un modo come un altro per fare rumore. E c'è chi pensa anche che, in fondo, ognuno di noi ha le proprie fissazioni. Giuste o sbagliate che siano.
Parliamo di Pietrangelo Buttafuoco, giornalista e scrittore siciliano di gran carriera nel continente. Al quale, fuor di dubbio, non mancano intelligenza, oratoria ed una ars scribendi dal registro squisitamente letterario. Ma quando parla di Autonomia siciliana, sembra perdere ogni lume, come in preda ad una sorta di furia distruttiva che non lascia scampo.
Finora, infatti, per quello che sappiamo (e lo abbiamo seguito in molte delle sue manifestazioni), non ha mai spiegato, secondo i crismi della logica, perché l'Autonomia gli è così indigesta. Va da sé che né lui, – ne siamo certi- né qualsiasi altra persona dotata di raziocinio, può accontentarsi delle solite banalità, dei soliti luoghi comuni che considerano la corruzione e il malaffare declinazioni dello Statuto speciale siciliano.
Per due ragioni fin troppo evidenti: la prima è che la grande corruzione e il malaffare non sono mai mancati nelle altre regioni a statuto ordinario (da Tangentopoli in Lombardia, a Mafia Capitale nel Lazio, e agli scandali sul Mose a Venezia, e ancora dalla camorra in Campania alla ndrangheta in Calabria, l'elenco sarebbe lunghissimo);
la seconda ragione, altrettanto chiara, è che non è difficile venire a conoscenza del fatto che le parti più importanti dello Statuto siciliano non sono mai state applicate (come quelle che prevedono la territorializzazione delle imposte, ma su questo non abbiamo sentito nulla da Buttafuoco). Quindi, quando si parla di Statuto, si parla, soprattutto, di teoria.
Se poi ci si sforza di ricordare che uomini del calibro di Pio Latorre e Piersanti Mattarella hanno provato a difendere l’Autonomia e lo Statuto siciliano dalle fauci dello Stato, forse, qualche riflessione in più sul tema sarebbe doverosa e sicuramente più opportuna rispetto alle sommarie sentenze capitali he si registrano in giro.
Vero è anche che lo stesso giornalista ha ammesso di “fare politica” con i suoi articoli e con i suoi libri. Lo ha fatto, ad esempio, in un dialogo con Peppino Sottile pubblicato da Livesicilia.it. La domanda sorge spontanea: significa che dai pezzi di Buttafuoco non bisogna aspettarsi imparzialità, ma sono solo espressione di una ideologia ben precisa? Quando parla di Statuto, è molto probabile che le cose stiano così. Ragione per cui sarebbe forse più corretto non spacciare le proprie convinzioni per fatti. Soprattutto quando si parla di temi come la storia ei diritti (traditi) dei siciliani.
Abbiamo però la sensazione che l'illustre collega stia maturando qualche riflessione più profonda sul tema, se è vero che, sul Fatto quotidiano, pur dando fiato alla sua antipatia per l’Autonomia (“la prima acqua dove nuota il malaffare” ha scritto ‘offendendo’ tutte le altre regioni dove il malaffare ha regnato senza Autonomia), apre alla possibilità di una Sicilia indipendente: "O diventare uguali agli altri, o – perché no? – diventare indipendenti" dice rivolgendosi al Movimento 5 stelle quale probabilissimo vincitore delle prossime elezioni in Sicilia.
Una affermazione nuova da parte sua che per la prima volta accredita l'ipotesi dell'indipendenza siciliana.
Va da sé che se lo Stato italiano non ha rispettato il patto per cui la Sicilia rinunciava al sogno dell’indipendenza (lo Statuto rappresentava questo patto che avrebbe valenza costituzionale ma che è stato ignorato) non ci sarebbe altra soluzione. Ma, finora, l'argomento è stato tabù.
Un’apertura verso un futuro aletrnativo per la Sicilia, nei giorni scorsi è arrivata anche da Vittorio Feltri, altro giornalista di destra che non ha mai mancato di sparare a zero sulla Sicilia e sulla sua Autonomia. Fino a quando, probabilmente, non si è documentato meglio, tanto da dire su La7 che in effetti la Sicilia avrebbe il diritto di riscuotere le sue imposte e che l’indipendenza (visto che i diritti sanciti dallo Statuto le sono stati negati) potrebbe essere una soluzione.
Per inciso, gli attacchi allo Statuto non sono arrivati solo da destra. Anche i giornalisti sinistrorsi non hanno mancato di giocare al tiro al bersaglio. Il fatto è, però, che dietro ogni attacco all’Autonomia quasi sempre c'è qualcosa che poco ha a che fare con la verità: disinformazione, ideologia o interessi di bottega. Rarissimamente si riscontrano, in queste invettive, obiettività e conoscenza del tema.
Consideriamo però positive le aperture registrate in questi gorni. Intanto confermano che la questione dell'indipendenza siciliana non è più tabù. E fanno anche sperare in un dibattito intellettualmente più onesto sulle potenzialità della Sicilia (che proprio lo Statuto e l'Autonomia volevano proteggere ed esprimere), sul suo futuro e sui suoi rapporti con uno Stato che disattende da più di 60 anni i principi costituzionali che dovrebbero regolarli.