Scrive Luigi Pirandello nell’Enrico IV: “Trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica di tutte le vostre costruzioni”. Il protagonista di questo dramma – un nobile dei primi del ‘900 – chiamato a impersonare Enrico IV, sbatte la testa cadendo da cavallo a causa di un tranello tesogli dal suo avversario in amore. E da allora, per 12 lunghi anni, crederà di essere Enrico IV. Non sappiamo cosa sia successo a Rosario Crocetta, ma anche lui ha qualcosa in comune con il protagonista del dramma di Pirandello.
Paragone fuori luogo? Non esattamente. Da due anni e otto mesi Crocetta crede di essere il padrone assoluto della Sicilia e dei siciliani. In questo ruolo sta “scrollando dalle fondamenta” tutto quanto i siciliani hanno costruito intorno a loro. Non c’è settore della vita pubblica siciliana che non sia stato toccato dall’ala gelida dei governi Crocetta, uno più dannoso dell’altro. I Comuni sono al collasso, le Province fallite, l’agricoltura allo sbando, l’industria scomparsa, il commercio langue, le esportazioni sono crollate, il Prodotto Interno Lordo (PIL) è in picchiata. La Formazione professionale, semplicemente, non c’è più, in attesa di regalare i fondi europei di questo settore ai ‘prenditori’ (pardon, agli ‘imprenditori’ amici & compari di Crocetta e del senatore Giuseppe Lumia). Le politiche attive del lavoro sono scomparse (i primi tirocini formativi dovrebbero partire in questi giorni dopo due anni e 8 mesi di vuoto). L’acqua è ancora nelle salde mani dei privati. I rifiuti giacciono nelle strade di tante città dell’Isola, mentre le discariche trionfano, inquinano l’ambiente e fanno arricchire i privati (anche loro, neanche a dirlo, amici & compari di Crocetta & Lumia). Decine di migliaia di persone, grazie ai governi Crocetta, hanno perso il lavoro. La sanità siciliana è al delirio, massacrata da tagli incredibili (soldi in parte trafugati dal governo nazionale con la connivenza del governo regionale, come vi abbiamo raccontato qui). Tutto va a rotoli, nella Sicilia dei governi Crocetta.
Nessuno, in Sicilia, sopporta questo presidente della Regione, ad eccezione della maggioranza dei deputati del Parlamento siciliano che, per questioni di grande ‘nobiltà politica’, lo mantengono alla guida di un’Isola che affonda giorno dopo giorno. Derubata da un governo nazionale al quale i partiti che lo sostengono, a cominciare dal PD, ‘reggono il sacco’. Lo tengono a Palazzo d’Orleans – la sede di Palermo della presidenza della Regione – non perché lo amino, ma perché se lo mandano a casa, beh, debbono andare a casa anche loro, perdendo la diaria parlamentare. Così Crocetta rimane, contro ogni logica. E, soprattutto, contro la volontà dei siciliani non lo sopportano più.
In verità, circa una settimana fa, il governatore sembrava fuori gioco. Il suo ‘siluramento’ veniva dato per certo. Poi è successo qualcosa che, paradossalmente, l’ha rilanciato. E successo che il settimanale L’Espresso ha pubblicato un’intercettazione nella quale il presidente parla con il suo medico personale, Matteo Tutino, diventato ‘casualmente’ primario di uno degli ospedali pubblici più importanti di Palermo. Nell’intercettazione Tutino dice a Crocetta che Lucia Borsellino, fino a qualche settimana fa assessore regionale alla Salute, avrebbe dovuto fare la fine del padre, cioè del giudice Paolo Borsellino. Parole incredibili, se pronunciate. Perché, fino ad oggi, l’intercettazione non si è materializzata. E, quel che è peggio, è stata smentita dai magistrati.
Crocetta, circa una settimana fa, è rimasto nella ‘graticola’ mediatica per circa 12 ore. Tutti, per mezza giornata, hanno dato per buona l’intercettazione. E tutti – compreso chi scrive – ha pensato che Crocetta sarebbe andato a casa. Poi è arrivata la smentita dei magistrati. E da allora il futuro di Crocetta è cambiato in meglio. In questa storia sembra che una ‘mano invisibile’ stia lavorando per tutelare l’attuale governatore. Prima dell’intercettazione ‘malandrina’ che non si trova (e che secondo i magistrati è una “bufala”), infatti, Crocetta e il suo governo sembravano al capolinea. Una decina di giorni prima dell’intercettazione, in un proprio ‘flusso di coscienza’ postato su facebook, Crocetta ne ha dette di tutti i colori a Davide Faraone, parlamentare nazionale del PD, sottosegretario di Stato e, soprattutto, braccio destro di Renzi in Sicilia. Un attacco pesantissimo, quello di Crocetta a Faraone. Scritto, per l’appunto, da un personaggio che, come il già citato protagonista dell’Enrico IV di Pirandello, pensa di essere non soltanto il padrone della Sicilia, ma anche l’uomo capace di mettere in riga il protagonista di “enricostaisereno”. Perché l’attacco, violentissimo, sferrato da Crocetta a Faraone è stato anche, piaccia o no, un attacco a Renzi.

Matteo Renzi
Qui torniamo al protagonista dell’Enrico IV di pirandelliana memoria. Un personaggio che ha due volti: per dodici anni dopo la caduta da cavallo il protagonista del dramma pirandelliano crede veramente di essere Enrico IV; dopo torna ad essere normale, ma finge di essere ancora pazzo. Anche in questo caso, c’è una similitudine tra Crocetta e il protagonista del dramma di Pirandello? In altre parole: il governatore dell’Isola ha attaccato Faraone e Renzi perché pensa ancora di essere il padrone della Sicilia e dei siciliani? O l’ha fatto fingendo di essere andato di testa?
Il dato certo è che l’ha fatto. E che, a rigor di logica, per un uomo politico come Renzi che si ispira al Duca di Valentino, l’azione di Crocetta non poteva passare ‘invendicata’. Poi è arrivata l’intercettazione ‘malandrina’ che, per dodici ore, è sembrata quasi un catalizzatore della volontà renziana di mandare a casa Crocetta. Invece… Invece, ‘assolto’ da un’intercettazione che fino ad oggi, come già ricordato, non si è materializzata, Crocetta, detto anche Saro da Gela, è uscito paradossalmente rafforzato. E sostenuto dai deputati del Parlamento siciliano, felici di non dover andare a casa con due anni di anticipo. Insomma, sembrava in ‘sella senza cavallo’: e invece l’intercettazione malandrina gli ha riportato il cavallo e Saro da Gela è di nuovo in sella. Cose da pazzi (o da Enrico IV: fa lo stesso, no?).
Crocetta, in queste ore, è tornato a spatuliare (tradotto: ad autocelebrarsi tirando fendenti a destra e a manca). Faraone, che nelle ore ‘calde’ (le dodici ore in cui l’intercettazione sembrava esserci) aveva chiesto la sua testa, ha dovuto fare macchina indietro. Idem Renzi, che non ha potuto utilizzare il suo “rosariostaisereno”. Non solo. Mentre Saro da Gela spatulia, Renzi e Faraone, con la coda in mezzo alle gambe, hanno pure fatto sapere alla stampa che ci sono pronti 500 milioni di euro per la Regione siciliana. Ovviamente, il Munculpop renziano dice che si tratta di un regalo speciale. Evitando di specificare che questi 500 milioni – che in realtà, come vedremo, sono solo 200 milioni di euro – sono appena un trentesimo dei soldi che lo stesso governo Renzi ha scippato alla Regione siciliana.
Insomma, come fu e come non fu, Renzi e Faraone – davanti a Saro da Gela che parla di congiure massoniche ai suoi danni, raccontando, perfino, che stava per togliersi la vita via internet (il melodramma ai tempi della rete…) – sono stati costretti a ‘cacciare’ 200 milioni di euro per consentire alla Regione siciliana di arrivare fino a dicembre. Questi 200 milioni – che dovrebbero diventare 300 con l’aggiunta di altri 100 milioni che sono già della Sicilia, ma che Renzi e il suo Minculpop faranno passare per ‘donazione romana’ – dovrebbero risolvere i problemi di ‘cassa’ sino a fine anno.
Sarà così? Secondo noi, no. A nostro modesto avviso, con questi 300 milioni di euro alcune categorie sociali rimarranno comunque all’asciutto. Ma se ne accorgeranno a ottobre-novembre, se andrà bene anche a dicembre. Chi è che non verrà pagato? A nostro modesto avviso non c’è la copertura finanziaria sino a fine anno per gli ex Pip di Palermo; non c’è la copertura finanziaria sino a fine anno per gli operai della Forestale (che intanto verranno fatti lavorare nel servizio antincendio con l’impegno che verranno pagati a fine autunno); e non c’è la copertura finanziaria per i 24 mila precari degli enti locali.
Saro da Gela, insomma, ‘navigherà a vista’ per altri quattro-cinque mesi. E poi? La Regione siciliana, nel prossimo Bilancio (quello del 2016), dovrà partire con un ‘buco’ di un miliardo e 800 milioni circa da coprire. A questo punto il pallino tornerà nelle mani di Renzi. Con i due possibili scenari. Il primo scenario è quello che Crocetta e il PD siciliano si augurano: il capo del governo concederà alla Sicilia ciò che ha già concesso alla Regione Piemonte: e cioè la possibilità di dilazionare la copertura del ‘buco’ di questo miliardo e 800 milioni di euro in dieci anni (alla Regione Piemonte è stata concessa la possibilità di dilazionare il proprio ‘buco’ finanziario in nove anni). In questo caso, il governo Crocetta potrà redigere il Bilancio 2016 e il Parlamento siciliano potrà approvarlo. E si andrà avanti per un altro anno e, forse, sino alla fine della legislatura, prevista nella primavera del 2017.
Ma c’è un secondo scenario: il default. Ovvero niente via libera, da parte di Roma, per dilazionare la copertura del ‘buco’ da un miliardo e 800 milioni di euro in dieci anni e fallimento della Regione siciliana. In questo caso Crocetta e i deputati del Parlamento dell’Isola andranno a casa. Questo secondo scenario prevede due possibili sbocchi: nuove elezioni regionali 90 giorni dopo il fallimento della Regione o il commissariamento.
Che farà Renzi? La decisione dovrà prenderla in sede di approvazione della legge di stabilità nazionale, verosimilmente tra ottobre e dicembre. Il primo scenario – il proseguimento del governo Crocetta, magari sino alla fine della legislatura, avrebbe un costo per il governo Renzi: il mantenimento del Parlamento siciliano per un altro anno o, addirittura, per due anni. La cosa non è impossibile, anche se dobbiamo ricordare che l’Italia di Renzi – al di là della volontà, vera o presunta, del Presidente del Consiglio, di ridurre le tasse – deve effettuare, entro dicembre, una manovra da 18-20 miliardi di euro. A meno che la signora Merkel non faccia all’Italia lo ‘sconto’ di questa somma, gl’italiani dovranno essere salassati di altri 18-20 miliardi di euro. In questo scenario non sembra credibile che il governo Renzi lasci vivere un altro anno di legislatura il Parlamento siciliano.
Anche perché, ormai, in Sicilia, come si usa dire dalle nostre parti, un c’è chiù nienti na ‘a casa vacanti: che tradotto significa: Renzi non ha più cosa depredare dal Bilancio della Regione siciliana visto che, grazie al Crocetta e al PD siciliano, il capo del governo si è già preso tutto quello che si poteva prendere: 5 miliardi di euro circa di un contenzioso già vinto dalla Regione davanti la Corte Costituzionale (il ‘patto scellerato’ firmato nell’estate dello scorso anno da Crocetta), 600 milioni all’anno di ‘pizzo’ sulla sanità, trattenute IVA, trattenute IRPEF e via continuando con gli scippi.
Con molta probabilità, Renzi, tra ottobre e dicembre, potrebbe decidere di mandare a casa Crocetta e il Parlamento siciliano. Anche perché Renzi non può lasciare ‘invendicato’ l’affronto subito da Faraone, preso a pesci in faccia da Saro da Gela. L’onore di Faraone va ‘lavato’ con la testa di Crocetta. Insomma, molto difficilmente, a nostro modesto avviso, Renzi e faraone non si toglieranno il ‘testale’, come si usa dire in Sicilia quando si presenta il ‘conto’ a chi si è “allargato assai”: e Crocetta si è veramente “allargato assai”, dicendone di tutti i colori a Faraone.
Di più: a dicembre, in Sicilia, sono previsti altri due disastri finanziari che riguardano i circa 390 Comuni dell’Isola e le nove Province. Roma ha imposto alla Sicilia l’applicazione del Decreto legislativo 118 del 2011. Semplificando, ciò significa che tutti i Comuni saranno costretti a fare chiarezza su residui passivi (somme impegnate ma non utilizzate) e residui attivi (entrate in tanti casi fittizie, ma iscritte nei bilanci dei Comuni). A questo si aggiunge il “controllo analogo” sulle società comunali: in pratica, i bilanci di tutte le società dei Comuni dovranno essere inseriti nei rispettivi bilanci comunali. Le due cose – manovra sui residui (soprattutto sui residui attivi) e “controllo analogo” determineranno l’impossibilità, per molti Comuni dell’Isola, di redigere e approvare i propri bilanci (gli amministratori dei Comuni di Palermo, Catania e Messina, con il controllo analogo, dovrebbero ballare la Samba…). A nostro modesto avviso, nulla avviene casualmente. Guarda caso, l’applicazione del Decreto 118, nel Maggio di quest’anno, con la legge di stabilità regionale, era stata rinviata al prossimo anno. Ma nel Luglio scorso il governo nazionale ha cambiato opinione. E il Parlamento siciliano ha obbedito cambiando la legge. Sempre a nostro modesto avviso, a Dicembre non escludiamo l’ecatombe in tanti Comuni siciliani…Cioè fallimenti su fallimenti per impossibilità di approvare i bilanci 2015.
Un altro paradosso riguarda le Province. Che governo Crocetta e Parlamento siciliano hanno terremotato con una legge che, forse, è ancora più demenziale di chi l’ha voluta e approvata. Il risultato è che le nove Province dell’Isola sono state commissariate in attesa del completamento di una riforma che – ammesso che venga approvata dal Parlamento siciliano – risulterà inutile. Qui arriviamo, per l’appunto, al già accennato paradosso. Il Governo Renzi, sempre a caccia di soldi per far ‘galleggiare’ l’Italia nella grande Unione Europea dell’Euro, ha stabilito che anche le Province siciliane dovranno contribuire al ‘risanamento’ dell’Italia (cioè a fare arricchire la Germania della signora Merkel a spese degl’italiani).
Il problema è che il governo Crocetta ha lasciato le nove Province regionali senza soldi. Ma il governo Renzi, che ha ridotto i trasferimenti alle Province dell’Isola, si è accorto che il contributo che chiede alle stesse Province dell’Isola commissariate è maggiore dei trasferimenti previsti per le stesse Province. Così il governo Renzi ha inventato una formula linguistico-contabile che nessuno fino ad oggi conosceva: il “contributo negativo”: siccome in alcuni casi, il contributo che le Province siciliane dovrebbero versare per il ‘risanamento’ dell’Italia è maggiore dei trasferimenti dello Stato alle stesse Province (trasferimenti, per inciso, ridotti al lumicino), ecco che il contributo dello Stato alle Province siciliane diventa ‘negativo’: sono le Province dell’Isola che debbono dare soldi allo Stato! Ma che soldi debbono dare se sono al verde e non hanno nemmeno i soldi par pagare i propri dipendenti? Per pagare il governo Renzi non è da escludere che alcune Province dell’Isola – Palermo in testa, ma non solo – debbano mettere in vendita i propri beni immobili!
Non solo. Non potendo approvare i bilanci triennali per mancanza di soldi, le nove Province siciliane vorrebbero approvare un bilancio annuale: ma questo andrebbe contro la legge. Se ciò avverrà, l’impugnativa dovrebbe essere quasi automatica. Ma dicono che l’attuale assessore alle Autonomie locali, Giovanni Pistorio, è convinto che, alla fine, la Corte Costituzionale gli darà ragione.
Tirando le somme, a dicembre si potrebbe determinare una condizione mai verificatasi nella storia dell’Autonomia siciliana: Regione in default, tanti Comuni in default e Province in default. Per questo, a nostro avviso, il commissariamento della Regione potrebbe risolvere un sacco di problemi. Commissariamento che non è impossibile. Anche perché andare al voto, per il PD e, in generale, per il centrosinistra siciliano sarebbe un mezzo suicidio: dopo tutto quello che hanno combinato Crocetta e i suoi governi, i siciliani non dovrebbero votarli con piacere… Anzi. Ma rinviare l’appuntamento con gli elettori con un commissariamento rimanderebbe solo un epilogo amaro. L’unico punto positivo è che, con il commissariamento, Renzi risparmierebbe un po’ di soldi: e siccome l’Italia è in ‘bolletta’, al di là delle favole che racconta il nostro Presidente del Consiglio, risparmiare sulla Sicilia, bloccando per un anno, o forse due anni, la democrazia, potrebbe essere una soluzione.
Certo, bloccare la democrazia in Sicilia mentre la stessa Sicilia esprime il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il presidente del Senato, Piero Grasso, con la presidente della Camera, Laura Boldrini eletta nell’Isola, sarebbe paradossale: paradossale e pirandelliano come l’Enrico IV-Crocetta. Ma in un’Italia con un debito pubblico che, nonostante i grandi sacrifici imposti agl’italiani negli ultimi tre anni (Imu e tasse di tutti i tipi), aumenta al ritmo di quasi 100 miliardi di euro all’anno. Il debito pubblico italiano era pari a mille e 900 miliardi di euro con il governo Monti: oggi supera i 2 mila e 200 miliardi di euro: quasi otto volte il debito pubblico greco, con la ‘grande informazione’ italiana che, invece di contestare il calcolo truffaldino del debito pubblico e il gioco altrettanto truffaldino dello spread, continua a ripetere che “in Italia servono altri sacrifici” e che la “ripresa è iniziata”. L’Europa dell’Euro sta rovinando l’Italia, con molta probabilità per farla ‘spezzatino’ e venderla pezzo per pezzo a prezzi da liquidazione. In questo contesto iniziare da una Sicilia prima derubata e commissariata non sarebbe un finale da escludere. Anzi.